La comunicazione assertiva

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La maggior parte dei conflitti relazionali trova la sua origine in una falla comune: la comunicazione. Spesso comunichiamo come siamo stati abituati a fare, come ci hanno insegnato a fare. Un po’ per mancanza di qualcuno che ci abbia indirizzato anche soltanto verso l’ipotesi che si può cambiare il modo di comunicare, un po’ per scetticismo nel cambiamento del proprio ed altrui carattere.

La filosofia del ‘sono fatto così’: la grande piaga dell’uomo.
‘Sono fatto così, ma posso provare a fare mie strategie alternative’: la grande salvezza dell’uomo.

La maggior parte delle volte, quando ci viene chiesto di cambiare qualcosa di noi stessi, sembra un beneficio di cui godranno solamente i richiedenti della nostra metamorfosi e, per pigrizia, ci viene più facile rispondere loro ‘sono fatto così, fattene una ragione’.
Quello che a volte non consideriamo è che noi siamo i primi beneficiari del nostro cambiamento.
Ultimamente si sta facendo largo l’espressione Training all’Assertività che, per assonanza, può rimandare ad un training autogeno, ma in realtà si parla di tutt’altro.
Con il termine assertività si intende una caratteristica del comportamento comunicativo che consiste nella capacità di esprimere in modo chiaro ed efficace le proprie emozioni e opinioni, senza provare imbarazzo o sensi di colpa, cercando di risolvere positivamente le situazioni senza tuttavia offendere né aggredire l’interlocutore.

Farsi valere senza prevaricare l’altro, in termini più sintetici.

Le situazioni quotidiane in cui potrebbe essere spendibile sono numerose, prima fra tutte la situazione lavorativa. Spesso viviamo l’ambiente di lavoro come opprimente, stressante, frustrante. A volte possiamo sentirci parecchio svalutati, nel momento in cui siamo costretti a ingoiare rospi: ci hanno insegnato che il capo ha sempre ragione perché il capo ci dà da vivere. Non è del tutto sbagliato, ma dobbiamo imparare la differenza tra assertività e passività.
La via della passività è quella che un po’ ci hanno insegnato i nostri nonni: sempre a testa bassa, chini sul lavoro. Il che può effettivamente aiutarci a mantenere il nostro impiego, meno il nostro equilibrio psico-fisico.

L’assertività permette di gestire in modo nettamente migliore le relazioni interpersonali, facilitando la comunicazione del proprio punto di vista e la costruzione di un punto d’accordo tra due o più persone, andando conseguentemente ad allentare l’ansia, accrescere l’autostima e salvaguardare il sacrosanto diritto di dichiararsi in disaccordo.
Perciò non dobbiamo rispondere male al nostro capo, ma dobbiamo ‘solo’ imparare a sottolineare il nostro punto di vista e, se necessario rispondere anche con delle critiche, purchè costruttive: cioè dirette ad un comportamento e/o ad una situazione specifica, piuttosto che alla persona intesa a livello globale.

Sì, ma come si fa?

L’ideale sarebbe valutare la situazione singola di ognuno di noi, per poter capire dove si sbaglia e come potremmo migliorarci, rispetto a chi e cosa ci circonda. Ad ogni modo vi sono cinque abilità da affinare comuni a tutti, nel caso siamo disposti abbracciare lo stile assertivo:
Abilità di riconoscere le emozioni. Sembra facile, ma se ci fermiamo un attimo non sempre l’emozione che proviamo in un determinato momento ci è chiara. Durante un litigio sappiamo che stiamo male, ma raramente ragioniamo se lo stato d’animo possa essere meglio riconducibile alla rabbia, alla tristezza, alla delusione, all’amarezza o quant’altro. Ogni situazione ha una sfumatura a sé, nonostante l’esito comportamentale sia comunque l’elevazione del tono di voce, l’agitazione o il pianto.

Capacità di comunicare emozioni e sentimenti. Anche questo sembra facile. E anche questo non lo è [sempre]. Una volta raggiunto il punto 1, nell’assertività è auspicabile che l’emozione che siamo riusciti a riconoscere venga comunicata al nostro interlocutore. Richiede sforzo parlare di ciò che stiamo provando, soprattutto nelle situazioni di cui stiamo parlando, ovvero situazioni conflittuali. Ci verrebbe molto più facile chiudere la discussione a male parole. Ma non sarà mai chiaro il perché del nostro disappunto, se non siamo noi i primi a spiegarcelo e a spiegarlo. E l’altra persona non avrà mai chiaro cosa ci abbia realmente fatto alterare e cosa debba modificare nel suo comportamento per evitare la stessa lite la volta successiva. Alcune frasi che possono agevolare questo scambio potrebbero essere “Io mi sento..” ; “Avrei preferito che..”: “Io penso che..”

Consapevolezza dei diritti della persona. Ci sono alcuni diritti personali che spesso non ci insegnano a riconoscere e a difendere:
– Noi soli abbiamo il diritto di giudicare il nostro comportamento, i nostri pensieri e le nostre emozioni, e di assumercene la responsabilità accettandone le conseguenze
– Noi abbiamo il diritto di non giustificare il nostro comportamento adducendo ragioni o scuse
– Noi abbiamo il diritto di decidere se occuparvi dei problemi degli altri
– Noi abbiamo il diritto di mutare parere e opinione, di cambiare il nostro modo di pensare
– Noi abbiamo il diritto di sbagliare, assumendoci la responsabilità delle eventuali conseguenze
– Noi abbiamo il diritto di non farci coinvolgere dalla benevolenza che gli altri ci mostrano quando vi chiedono qualcosa
– Noi abbiamo il diritto di essere illogici nelle nostre scelte
– Noi abbiamo il diritto di dire “non so”, quando ci viene chiesta una competenza che non abbiamo
– Noi abbiamo il diritto di dire “non capisco” a chi non ci dice chiaramente che cosa si aspetta da noi
– Noi abbiamo il diritto di dire “non mi interessa”, quando gli altri vi vogliono coinvolgere nelle loro iniziative

Disponibilità ad apprezzare se stessi e gli altri. Rileviamo i nostri punti di forza e quelli altrui, facciamo leva su questi nel momento in cui dobbiamo negoziare. Cambiamo la visione del conflitto: dall’estrapolare ciò che non va, tiriamo fuori ciò che va e lavoriamo con questo.

Capacità di auto realizzarsi con la consapevolezza di poter decidere sui fini della propria vita. Capiamo cosa vogliamo ottenere, non facciamoci andar bene quanto già ottenuto se per noi non è abbastanza.

Ci sono molti altri aspetti dell’assertività e altri punti su cui sarebbe interessante ragionare e andare a fondo, ma non voglio che l’articolo assuma la forma di una lezione universitaria.
Al contrario, volevo contribuire alla divulgazione di questo concetto, a parer mio illuminante.
Come ho già accennato nelle prime frasi, a volte ci sembra di dover cambiare per gli altri che ci dicono essere troppo aggressivi o troppo ‘passivi’.

Invece la possibilità di poter esprimere le proprie opinioni riconoscendo loro importanza e dignità è in grado di accrescere la propria sicurezza personale in due vie: una via diretta, dove ci sentiremo più forti nell’aver detto qualcosa di noi, qualcosa che non ci andava bene affermando con decisione la nostra idea; e una seconda via, dove anche gli altri ci riterranno più forti, per aver avuto il coraggio di dire ciò che molti preferiscono tacere.

 

“La comunicazione assertiva”, tratto in data 18-12-2012 da

Obiettivo Psicologia. Formazione, lavoro e aggiornamento per psicologi
http://www.opsonline.it/index.php?m=show&id=30014

 

 

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Ossitocina, chimica di amore e socialità

Ossitocina, chimica di amore e socialità

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“L’ossitocina è un ormone prodotto in una delle parti più antiche del cervello che viene rilasciato dall’ipofisi. Questo ormone, spesso chiamato “ormone dell’amore”, ci fa stare bene!
L’ossitocina è un ormone peptidico di 9 aminoacidi prodotto dal nuclei ipotalamici e secreto dalla neuroipofisi.
L’azione principale dell’ossitocina è quella di stimolare le contrazioni della muscolatura liscia dell’utero. Nell’ultimo periodo della gravidanza la responsività dell’utero all’ossitocina aumenta notevolmente e l’ormone esercita un ruolo importante nell’inizio e nel mantenimento del travaglio e del parto.
Durante la gravidanza il progesterone iperpolarizza le cellule del miometrio, sopprimendone l’attività contrattile spontanea. Ciò determina una relativa ineccitabilità e una quiescenza elettrica e meccanica.
Durante il parto l’utero ha un aumento di recettori dell’ossitocina indotto dagli estrogeni e sviluppa la sua massima sensibilità all’ossitocina.
Al momento del parto il fondo uterino espleta la funzione di pacemaker e induce delle contrazioni regolari e coordinate che giungono alla cervice.
L’ormone esogeno viene utilizzato per indurre o aumentare il travaglio in caso di scarsa funzionalità della muscolatura uterina, previa amnioressi: in caso di membrane integre si preferisce il dinoprostone.
Dosi elevate di ossitocina esogena interferiscono col flusso ematico attraverso la placenta e possono determinare ipossia del feto e morte.
Le prostaglandine invece sono vasoattive con azione costrittrice, causano cioè necrosi ischemica, e sono uterotoniche, aumentando, quindi, il tono della muscolatura uterina. In Italia non sono commercializzate se non per l’interruzione di gravidanza.
Altro fondamentale ruolo è quella di stimolo delle cellule dei dotti lattiferi delle mammelle. In tal modo l’ossitocina provoca una contrazione delle cellule muscolari e l’escrezione del latte. Ciò avviene in risposta allo stimolo della poppata.
L’ossitocina viene prodotta in molteplici situazioni sociali: nel favorire il parto e l’allattamento, durante le dolci interazioni tra persone che si amano, nel preludio dell’atto sessuale e nell’orgasmo sia maschile che femminile.I recettori dell’ossitocina si trovano anche nel cervello, nel sistema limbico.
Esperimenti su animali hanno dimostrato l’importanza di tale ormone nell’accoppiamento e nel comportamento nei confronti della prole. Risultano inoltre interessanti recenti studi scientifici che avrebbero dimostrato una correlazione tra maggiore e più efficiente funzionalità dell’encefalo; essa è responsabile per esempio della capacità di empatia e di comprensione dello stato d’animo altrui e di un migliore rapporto con sé e con gli altri con fenomeni di stima ed autostima incrementati (detta anche ormone della fiducia, poiché provoca l’atteggiamento ad essere maggiormente disponibili e cordiali), oltre che un agente biologico dell’innamoramento LA RICERCA, Scienze, Repubblica.it. Per la donna essa regola la funzione uterina e del ciclo mestruale.
Sembra che durante un orgasmo la presenza dell’ormone nel sangue sia presente in una quantità cinque volte superiore rispetto ai livelli normali. L’ormone, una volta liberato sprigiona i suoi effetti benefici: regola la temperatura corporea, controlla la pressione sanguigna, alza le difese immunitarie.
Ma, una delle cose più importanti è che l’ossitocina viene sprigionato, e fa da “collante”, nei legami affettivi che si instaurano tra le persone.
E’ importante stimolare la produzione di ossitocina fin dalla nascita, i genitori hanno un ruolo fondamentale.

Quando un genitore prende in braccio suo figlio dolcemente, o quando lo stringe a sé per consolarlo o quando lo aiuta a superare una difficoltà o quando giocano insieme divertendosi o anche quando il genitore ascolta attivamente le preoccupazioni di suo figlio, la produzione di ossitocina è molto alta.
In ambito psicologico, le terapie relazionali e le terapie corporee, riducono l’angoscia stimolando la produzione di ossitocina.
Infatti queste modalità terapeutiche vanno a compensare la mancanza di relazioni sociali positive che magari la persona in quel momento non sente di avere o non ha.
Un altro modi di liberare ossitocina è attraverso le immagini, addirittura in alcune ricerche si è dimostrato che bambini abbandonati spesso hanno delle allucinazioni positive o dei ricordi sensoriali che ne stimolano la produzione.

Gli effetti positivi dell’ossitocina sono stati scoperti anche grazie a delle ricerche che hanno evidenziato le conseguenze della mancanza dell’ormone in alcuni animali:
iniezioni di ossitocina nel cervello di animali aggressivi, riducono tali comportamenti (Panksepp, 1998). L’ossitocina, infatti, è un neutralizzatore dell’acelcolina che se presente a livelli alti può risultare tossica producendo atteggiamenti aggressivi;
alcuni sperimentatori hanno scatenato un comportamento materno in topi da laboratorio non gravidi, mentre hanno inibito il comportamento materno iniettando nelle stesse zone del cervello delle sostanze che bloccano l’ormone: le mamme topo tendevano a trascurare i piccoli fino a dimenticarsi di recuperarli se si allontanavano.
I topi maschi, privati dell’ormone, tendono invece ad avere disturbi sociali e mostrano amnesia sociale.
Queste scoperte fanno luce anche su alcuni disturbi come l’autismo e la sindrome di Asperger, patologie caratterizzate da una notevole difficoltà in ambito sociale.
In alcune ricerche è stato dimostrato che ragazzi con autismo ad alto funzionamento a cui è stata somministrata ossitocina, non solo aumentavano i significati emotivi del linguaggio ma mostravano anche una riduzione di comportamenti ripetitivi.
Ed ecco che la produzione di ossitocina diventa fondamentale!
La somministrazione di ossitocina avviene per via venosa e intranasale, ma la sicurezza dei trattamenti deve essere ancora accertata prima di passare allo studio su pazienti in età infantile.

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