Il PD Curatore Fallimentare dell’Italia

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Il PD Curatore Fallimentare dell’Italia

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“Ieri mattina, alla Camera dei Deputati, i rappresentanti politici dei partiti che sono stati eletti dai cittadini lo scorso 25 febbraio, hanno avuto la possibilità di dare avvio a un cambio di passo, inoltrandosi su una strada europea diversa da quella consueta, ovvero: non più servi compiacenti, non più esecutori passivi, ma negoziatori alla pari con il resto delle 26 nazioni che compongono l’Unione Europea.
Era, soprattutto, un banco di prova per avere una prova “oggettiva” del doppiopesismo del PD, dell’ipocrisia di ruolo interpretata dai loro esponenti, e avere una inoppugnabile documentazione – basata su atti parlamentari legali – che consentisse di uscire fuori dalla griglia delle interpretazioni soggettive, delle manipolazioni, delle mistificazioni, e avere finalmente un quadro chiaro del progetto strategico di politica economica del PD. E così capire dove vogliono portare il paese.
Alle ore undici del 15 gennaio 2014, è arrivata la prova decisiva. Era l’ultima possibilità per l’Italia.
Gli eletti del M5S, infatti, presentavano una mozione al governo sulla quale hanno preteso un voto dell’aula. La richiesta dei parlamentari pentastellati non aveva niente di pretestuoso, nè – in verità – nulla di rivoluzionario, nè tantomeno poteva rappresentare un ostacolo per la stabilità dell’attuale governo in carica, e men che meno rappresentare un pericolo per la nazione.
Anzi. Ciò che i deputati M5S hanno chiesto al governo è stato di “rimodulare la propria posizione nazionale come Stato sovrano e avviare una immediata consultazione per rinegoziare le condizioni imposte dal Fiscal Compact e dal Mes”: tutto qui.
E’ bene che sia molto chiaro a ogni cittadino ciò che si è verificato, perchè il futuro dei 60 milioni di italiani dipendeva da questo voto.
Non si trattava di prendere alcuna decisione unilaterale, non si trattava di protestare alcun Trattato in vigore, non si trattava di venir meno a nessun tipo di accordo inter-governativo e inter-statale firmato da questo governo e da quelli precedenti.
Si trattava soltanto di approvare la “pretesa da parte della cittadinanza italiana di andare a rinegoziare i meccanismi del Fiscal Compact”, tradotto in parole semplici e povere: far passare alla Camera un provvedimento che consentisse ai nostri governanti di poter telefonare alle specifiche commissioni europee e al Presidente della Banca Centrale Europea e dir loro: “salve signori, dobbiamo vederci subito perchè il Parlamento e la Legge della Repubblica Italiana ce lo impongono: dobbiamo aprire una trattativa per fuoriuscire dal limite imposto del 3%, dobbiamo rivedere il nostro ruolo e negoziarne i tempi di applicazione perchè non siamo più in grado di sostenere economicamente i punti sottoscritti, pena il varo -al massimo entro due mesi- di suppletive manovre finanziarie di ulteriore grave tassazione e pesanti tagli ai servizi sociali nazionali che la cittadinanza italiana non è in grado a nessun livello di poter più sopportare, pena il crollo definitivo della nazione”.
Si trattava, detto in parole ancora più semplici, di offrire su un piatto d’argento ai nostri governanti l’opportunità di rendere reale la loro ambizione: sostenere la stabilità del paese. Si trattava di consentire “l’apertura di un negoziato”. Soltanto di questo. La votazione alla mozione M5S ha dato i seguenti risultati: il 72% dei deputati l’ha rigettata votando contro (Forza Italia, Nuovo Centro Destra, PD, Lista Civica Monti, Udc, tutti compatti). Il che vuol dire che la cosiddetta sinistra italiana -ovvero il PD- non vuole “ufficialmente” andare a negoziare a Bruxelles, a Francoforte, a Strasburgo. Lo ripeto a scanso di equivoci perchè non esistano ambiguità di sorta: neppure una trattativa. Questa posizione passiva di totale svendita della nazione ha chiarito – al di là di ogni ragionevole dubbio – la politica economica del PD: “non c’è niente su cui trattare, noi eseguiamo gli ordini della Troika in maniera piatta e passiva e basta”. Da oggi, 15 Gennaio 2014, il PD è diventato ufficialmente il curatore fallimentare dell’Italia. La possibilità e l’opportunità di poter dimostrare che non è così l’hanno avuta. Questa, per come appare, è la loro piattaforma elettorale per l’Europa: evitare ogni negoziato, evitare ogni discussione in merito ai trattati, evitare che il Ministero del dell’Economia e delle Finanze della Repubblica Italiana possa dire alla cittadinanza: “ecco qui i 100 miliardi di euro di cui siamo debitori nei confronti della piccola e media impresa, ce li abbiamo in cassa perchè abbiamo rimandato la data di scadenza del pagamento degli interessi, grazie alla trattativa vincente con l’Europa”.
Il PD, ieri, in Parlamento, scientemente, ha suicidato la nazione.
E’ un atto parlamentare. E’ un dato oggettivo. E’ una votazione valida. E’ una indicazione politica. E’ la parola d’ordine da eseguire. Non c’è niente da interpretare, non esistono punti di vista diversi. Si può soltanto commentare e sostenere: “mi piace/non mi piace”. Dobbiamo cominciare ad abituarci a parlare su dati oggettivi, inoppugnabili. E’ l’unica – e ultima – possibilità di poter riagguantare il Senso: far decidere ai fatti e ai documenti. Tutto il resto è fuffa che serve ad alimentare inutili chiacchiere fuorvianti della cupola mediatica, per portare acqua al mulino di chi ha scelto di mettersi al servizio di coloro che considerano l’Italia una nazione di livello talmente basso ma talmente basso, da non poter avere neppure l’ardire (e l’ardore) di aspirare a sedersi a un tavolo di trattative internazionali.
Non dico vincere, ma almeno discuterne. E poi ci stupiamo se il governo dell’India o del Kazakistan ci prendono a schiaffi in faccia?” Sergio Di Cori Modigliani

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M5S Stipendi e rimborsi. Ma di che si parla ?

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M5S Stipendi e rimborsi. Ma di che si parla ?

Si con tinua a millantare e  falsificare la realtà.  Quale testata giornalistica, cartacea, on -line o televisiva dà i dati reali ? Perchè continuano a far passare l’idea che  esista un  problema all’interno di M5S in merito ai rimborsi elettorali  e alla rastituzione di parte degli stipendi  ? Elettori PD e PDL, Lega o altro, anche M5S: informatevi bene prima di blaterare sciocchezze che non sono frutto della vostra testa, ma di quanto immessovi nel vcervello dal martellante megafono della stampa di regime.

 

rimborsi_elettorali_politiche_2013

Qualunque cittadino potrà verificare chiaando la Camera dei Deputati  al numero verde 800 0129555 oppure  06/67601.

7 maggio la Regione Lombardia ha “attuato una riduzione di 1.931 euro lordi dallo stipendio dei consiglieri

8 maggio la Regione Lombardia ha deliberato un aumento di 2.159 euro netti –come rimborso elettorale permanente per le “spese correnti di gestione”- a quegli stessi consiglieri regionali ai quali era stata detratta, il giorno prima, la cifra di 1.931 euro lordi.

In data 8 maggio 2013, la IV Commissione Bilancio della Camera dei Deputati ha bocciato un emendamento presentato dal gruppo parlamentare del M5s che istituiva un fondo rotativo fnalizzato alla concessione di un finanziamento alle micro-imprese e alle piccole imprese che vantino crediti con la pubblica amministrazione. La dotazione del fondo stesso doveva essere finanziato con l’abrogazione delle erogazioni a titolo di cofinanziamento ed il rimborso per le spese elettorali sostenute da partiti e movimenti politici eletti.

12 maggio 2013 Paola Taverna M5S Lazio. “Prima di essere eletta guadagnavo 1.100 euro al mese. Il mio stipendio ammonta a 19.460 euro, di cui io ho scelto di percepirne complessivamente 4.400 euro, restituendone 15.000 allo Stato. Non potendo contribuire alla costituzione di un fondo perché la commissione bilancio ha bocciato il nostro emendamento, ho deciso di accettare la restituzione allo Stato, nella speranza che li usino per i cittadini”.

Di Battista M5S Lazio “La cifra di mia competenza ammonta a 20.900 euro perché mi è stata attribuita anche la quota supplementaria relativa alla mia qualifica di vice-presidente della commissione esteri. Di questa cifra, ho restituito la cifra di 15.500 euro che sono ritornate allo stesso ufficio della ragioneria di Stato da cui erano partiti”.

 

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