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Che succede nella Repubblica Argentina?

di Sergio Di Cori Modigliani

argentinaglobe

Mai, come in questi giorni, la discrepanza tra ciò che sta avvenendo nel continente americano e ciò che la stampa riferisce in Europa, è stata così marcata. Sia per ciò che accade in Usa, sia per ciò che sta accadendo -soprattutto- nella zona sudamericana.

Per non parlare delle superficiali considerazioni dei bloggers improvvisati nostrani o, ancora peggio, di chi sta riferendo della situazione argentina applicando dei concetti standard che appartengono alla dottrina Draghi e alla scelte effettuate dalla Banca Centrale Europea e dal Fondo Monetario Internazionale.

Leggere la stampa italiana e poi andare a leggere la stampa argentina è davvero comico, per non dire orwellianamente tragico.
Mentre in Italia si parla di quel Paese come di una nazione in ginocchio, travolta da una crisi economica senza precedenti, con una moneta crollata e alla vigilia di un default annunciato, in Argentina si parla in termini davvero molto ma molto diversi.

Ecco che cosa sta accadendo, in sintesi.
La prima notizia (politica) consiste nel ritorno sulla scena di Cristina Kirchner, assente da almeno quattro mesi per motivi di salute, finalmente ristabilita, e da tre giorni di nuovo al comando della situazione, di nuovo in ufficio.
La seconda notizia (economica) consiste nella modalità europea nell’aver presentato la scelta governativa di svalutare la propria moneta come equivalente a “crollo dell’economia argentina”, non è così. Il peso argentino è stato svalutato contro dollaro in maniera massiccia proprio per evitare il default, a causa del fatto che i grossi fondi di investimento internazionale stanno abbandonando l’intero continente sudamericano, la Russia, la Turchia, l’India e la Cina per riversarsi in maniera massiccia in Usa, la nazione che in questo momento gode della migliore salute, che guida la ripresa economica, e che a giorni alzerà i tassi consentendo guadagni molto più favorevoli. Dinanzi a questa mancanza improvvisa di liquidità (si chiama speculazione finanziaria) il Fondo Monetario Internazionale si è presentato come angelo guaritore proponendosi per un massiccio prestito internazionale “per aiutare l’Argentina a superare il momentaneo guado”. L’Argentina ha detto: “no grazie facciamo da noi”.
Si sono fatti i conti e hanno deciso di rischiare, facendo ciò che l’Italia faceva un tempo per superare le crisi economiche (vedi 1993, 1987, 1980, 1973): si svaluta la propria moneta per essere più competitivi con le proprie merci a livello internazionale e si coprono le necessità del Tesoro grazie alle proprie riserve (se uno le ha).
L’Argentina (qui passiamo alla informazione di dati oggettivi) ne ha, più di quanto non si pensasse, tant’è vero che non è affatto crollata, oggi al pomeriggio, come si sosteneva.
Il Tesoro ha comunicato di avere in cassa 29 miliardi di dollari, superiori del 46% alle attese.
Questo pomeriggio si attendeva il crollo definitivo sia del peso che dell’economia locale, mentre invece il cambio peso/dollaro ha retto egregiamente, grazie a dei fattori strutturali nuovi in seguito alla riforme attuate negli ultimi sei anni (opposte a quelle volute dalla Banca Mondiale e dal Fondo Monetario Internazionale): nei tre campi fondamentali per una nazione, ovvero energia, alimentazione, beni di consumo. L’ Argentina è produttrice indipendente e autonoma perchè ha nazionalizzato il petrolio (che produce, essendo piena di pozzi) ha abbattuto le importazioni agricole sviluppando una filiera controllata nazionale, e quindi anche nel caso di emergenza internazionale sono in grado di prodursi da soli carne, latticini e verdure senza affacciarsi sui mercati internazionali, dato che in Argentina il 100% della carne acquistata è prodotta in loco, così come la frutta (85%) e la verdura (78%). Sono in grado di produrre il 94% del grano sufficiente a garantire il fabbisogno nazionale di pane. Si è riappropriata della linea aerea, dato che Aereolineas Argentinas è di nuovo la compagnia di bandiera nazionale e in seguito alla fuga di capitali stranieri -grazie alla svalutazione della propria moneta- ha aumentato l’export in tutto il continente e in Cina. Si tratta di una ben specifica scelta politico-economico-esistenziale che consente loro di affrontare, in questo momento, l’inizio di una gigantesca tempesta finanziaria planetaria determinata dagli Usa e dai colossi finanziari. In questi giorni, si sta manifestando, prima di tutto, nelle nazioni cosiddette “emergenti”.
A breve piomberà anche in Europa, è una questione di settimane.

Questa mattina, intervenendo a L’Avana al convegno internazionale degli Stati Latinoamericani e Caraibici (Celac) la Kirchner ha dichiarato “Me ne frego del pil e dei grafici, perchè il nostro grande comune nemico è chiaro a tutti: noi siamo in guerra contro la fame, la povertà e le diseguaglianze sociali. Questa è la nostra unica vera guerra. Il nostro compito principale non è aumentare la massa finanziaria come ci vuole imporre il Fondo Monetario, bensì quello di creare valore aggiunto attraverso l’innovazione e lanciando un grande piano di industrializzazione dell’agricoltura per offrire lavoro e occupazione. Soprattutto nella ricerca scientifica, nell’istruzione e nell’innovazione tecnologica. E’ lì che bisogna investire non sui mercati finanziari. Se non lo facciamo, costruiamo una dipendenza servile, che non sarà più geografica o militare come era un tempo, ma sarà anche peggiore, perchè sarà profonda e strutturale: saremo servi della tecnologia delle nazioni che hanno investito in quel settore”.

Avete qui un resoconto totale e particolareggiato:http://www.pagina12.com.ar/diario/elpais/1-238735-2014-01-29.html.

In un importante blog argentino, “El blog de Abel” (http://abelfer.wordpress.com/author/abelfer/) si leggeva ieri l’opinione relativa a ciò che si dice dell’Argentina in Europa, con specifico riferimento a Enrico Letta e Mariano Rajoy, due personalità politiche che in Argentina sono considerati due tecnocrati ottusi e miopi, entrambi al servizio dell’estrema destra che sostiene l’oligarchia finanziaria internazionale. Dice nel blog: En cuanto a la “preocupación de Italia y España por la situación cambiaria en Argentina”, y las declaraciones del primer ministro de Italia, Enrico Letta, junto a Mariano Rajoy “Si hubiera explotado (la crisis) hace un año (Italia y España) estaríamos en otra situación, de preocupación. Hoy somos una Unión Europea más sólida y tenemos un euro más fuerte, además de una mayor capacidad de afrontar esta situación”… bueno, hay que ponerlas en el mismo estante que las de Cristina hablando del “efecto jazz” y cómo nosotros podíamos mostrar al mundo nuestra fortaleza frente a la Crisis. Son para los medios locales, los que están para repetirlas para los partidarios. A comienzos de 2001, se calculaba que los fondos expuestos en Argentina alcanzaban a un increíble 25 % del total de los colocados en mercados emergentes (una buena cantidad fueron repatriados antes del default a fin de ese año, dicho sea de paso). Hoy, estimo que no llegan al 1 %.

Tradotto, in sintesi, spiega che le argomentazioni di Letta e Rajoy “è roba che serve per i media locali e per dar la guazza ai loro partiti”. Aggiunge, inoltre, che la sottrazione di capitali esteri non rappresenta una tragedia perchè mentre nel 2001 il 25% degli investimenti erano in mano agli stranieri (che hanno portato via i loro capitali in 48 ore facendo crollare la nazione) oggi, ammontano a circa l’1%.

In Argentina, in realtà, si parla di altre cose, in questi giorni, ovvero del varo del nuovo piano governativo di aiuto a giovani studenti (http://www.progresar.anses.gob.ar/). Il piano “progresar” (vuol dire: progredire) garantisce il salario di cittadinanza minimo a tutti i giovani dai 16 ai 29 anni che vogliono studiare e avere accesso alla formazione professionale, con un buono di 600 pesos (corrispondente, come potere contrattuale di mercato, ai nostri 600 euro) oltre all’accesso gratuito per libri, computer, alta tecnologia di produzione nazionale; in aggiunta il blocco degli affitti e degli sfratti, che ha irritato gli immobiliaristi ai quali il governo ha risposto: “se volete rilanciare il mercato, costruite nuove case e affittate quelle, così date lavoro anche nel campo edilizio”.

L’inflazione è molto alta, è vero. Ma è stata applicata la scala mobile e quindi sia i salari che il reddito di cittadinanza vengono continuamente aggiornati.

Concludendo la sua partecipazione all’importante riunione a L’Avana, la Kirchner, nel ricordare la figura di Che Guevara -nato e cresciuto a Buenos Aires- ha ricordato puntigliosamente che “l’uomo è libero soltanto quando ha istruzione, una casa di proprietà e cibo assicurato; tutto il resto è retorica usata dalla finanza internazionale per garantire il mantenimento dei loro privilegi colonialisti. A noi non interessa più di tanto ciò che accade in borsa, ci interessa garantire che sia possibile a un numero sempre più vasto di persone di riempire la borsa della spesa. Perchè quella è la borsa che conta”.

Sono consapevoli del momento difficile, sanno che per loro è dura così com’è dura per tutti, ma hanno dalla loro il fatto che il presente che stanno vivendo è centomila volte meglio del loro recente passato e hanno un enorme entusiasmo nel volersi tuffare nel futuro. Non hanno nessuna intenzione di cedere a ricatti internazionali e hanno addirittura approntato un piano strategico nazionale di sussidiarietà e sopravvivenza prevedendo che -se le cose si dovessero mettere male- dovranno andare incontro a un periodo di isolamento, praticando il protezionismo per garantirsi l’autosufficienza. A riprova dell’abilità pragmatica della Kirchner, la presidenta ha provveduto ad alzare gli stipendi e i salari a tutto l’esercito. Conosce i suoi polli.
Così, sarà sempre più difficile per il Fondo Monetario Internazionale, per la Cia, per la BCE, farsi venire in mente di organizzare un golpe militare, come hanno sempre fatto con il Sudamerica ogni qualvolta che ha “osato” tentare di rialzare la testa, pretendendo di sottrarsi alle logiche imperiali e imperialiste della finanza internazionale.

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