Come fa il migrante a pagare il suo viaggio ?

Come fa il migrante a pagare il suo viaggio ?

Da un post di http://ilariabifarini.com/microcredito-e-migrazioni-di-massa-la-finanziarizzazione-della-disperazione/

Microcredito e migrazioni di massa:

la finanziarizzazione della disperazione

È una domanda che tutti, almeno una volta, ci siamo posti: chi finanzia i costosi viaggi della morte che spingono migliaia di disperati su imbarcazioni di fortuna, tra mille peripezie e l’incognita dell’approdo?

Molti giornalisti si sono impegnati nella ricostruzione dei calvari degli emigranti per arrivare al porto di partenza, delle condizioni schiavistiche cui sono sottoposti dalla criminalità locale. Ma rimane irrisolto il tassello iniziale di queste tragiche diaspore, ossia la disponibilità di somme di denaro ragguardevoli, esorbitanti se rapportate al tenore di vita locale, per intraprendere il viaggio. Le inchieste in merito sono limitate e le nostre domande cadono nel vuoto.

Nel cercare di comprendere questo enigmatico fenomeno ci viene in aiuto uno studio condotto dalla sociologa Maryann Bylander in Cambogia tra il 2008 il 2010. Analizzando la frequenza e le modalità di emigrazione della popolazione  si scopre una correlazione diretta tra espansione del microcredito e aumento dei flussi migratori verso l’estero. Stesso nesso si riscontra in un altro Stato del Terzo Mondo, il Bangladesh, paese di origine di circa un decimo dei migranti che ogni anno arrivano in Italia (oltre 10 mila nel solo 2017). E’ qui che, grazie all’appoggio di illustri sostenitori come i Clinton e Bill Gates e con il sostegno della stessa Banca mondiale, venne creata nei primi anni ’80 la Grameen Bank, istituto finanziario che concedeva denaro alle persone più indigenti, impossibilitate ad avere accesso al credito, con il fine “filantropico” di offrirgli un futuro migliore. I prestiti concessi si tramutarono in un incentivo all’emigrazione per la popolazione locale, priva degli strumenti e delle possibilità di investire le somme ricevute in modo proficuo e di poterle restituire con i dovuti interessi. In men che non si dica si è venuto a creare il business dei cosiddetti “migration loans”, un affare d’oro per organizzazioni non governative come BRAC (Bangladesh Rural Advancement Commitee), leader nel settore.

Il sito istituzionale dell’organizzazione  bengalese – attualmente la più grande al mondo e prima nella classifica delle cento migliori ONG secondo il Global Journal – nella specifica sezione “Migration loans” dichiara : “In Bangladesh, le scarse opportunità di lavoro per una popolazione in età lavorativa in crescita comportano che molti giovani, uomini e donne si trasferiscano all’estero per lavorare. Sebbene sia spesso un investimento che vale la pena fare, i costi iniziali per andare all’estero sono considerevoli (…) BRAC offre alle persone in cerca di lavoro all’estero prestiti per emigrare, progettati per soddisfare le esigenze di finanziamento dei lavoratori migranti in modo gestibile e conveniente. Il programma di microfinanza controlla anche la validità dei contratti e dei documenti di viaggio per garantire che i clienti non siano vittime di frodi da parte di agenti non autorizzati. (…) A giugno 2016, BRAC ha contribuito a finanziare 194.000 lavoratori migranti che cercano lavoro all’estero.

Ma non solo, oltre a fornire i finanziamenti e l’assistenza per emigrare, l’organizzazione non governativa più grande al mondo si occupa anche di come ottenere il rimborso e il pagamento del prestito. Nella stessa sezione del sito, infatti, sotto la dicitura “Prestiti di rimessa” si legge: “BRAC fornisce ulteriore supporto alle famiglie dei migranti sotto forma di prestiti di rimesse. Questi prestiti sono progettati per offrire maggiore flessibilità alle famiglie che fanno affidamento sulle rimesse mensili inviate da un familiare che guadagna all’estero.” Tali prestiti, spiega l’ONG, consentono alle famiglie di accedere a somme di denaro forfettarie per fare investimenti o spese mentre aspettano di ricevere le rimesse inviate dall’estero. Si tratta “di scommesse sicure per la famiglia e per BRAC perché i clienti hanno un flusso di guadagno assicurato con cui pagare costantemente le rate ogni mese.” Tra giugno 2014 e giugno 2016 BRAC ha offerto questo servizio a oltre 40.000 famiglie.

Un business sul business quello di BRAC, che opera non solo in Asia ma anche in America Latina e in molti paesi dell’Africa. Vengono concessi finanziamenti non per lo sviluppo dell’economia locale, bensì per incentivare l’emigrazione, secondo un infondato modello di sviluppo economico che vede nelle rimesse da parte dei migranti una fonte di crescita per il paese d’origine. In realtà è provato che tali rimesse, laddove riescano a ripagare il debito contratto dalla famiglia per il viaggio all’estero, vengono destinate per lo più al fabbisogno e ai consumi primari e non agli investimenti e alla attività produttive locali. Non sono rari i casi drammatici di vite immolate per ripagare il prestito, dall’aumento dei suicidi riscontrato in alcune zone dell’India alla vendita di organi da parte di cittadini bengalesi.

Un affare d’oro quello delle rimesse – a latere del quale prolifera il settore delle agenzie di recupero del credito – che ha visto un incremento in termini globali di oltre il 50% in soli 10 anni, per una cifra complessiva di 445 miliardi di rimesse nel solo 2016, il 13% delle quali è stato inviato in Africa (dati Ifad). E proprio verso questo continente inviare denaro sotto forma di rimesse è particolarmente oneroso, con commissioni che vanno dal 10 fino al 15%.

Un sistema perverso e ben oleato di finanziamenti, tassi di interesse e commissioni che fa della disperazione il proprio fulcro.

È la finanziarizzazione della povertà e delle vite umane, una delle tappe più sciagurate di un modello economico globale antisociale e regressivo.

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Immigrazione. Chi c’è dietro ?

Immigrazione. Chi c’è dietro ?

Di Giuli Valli, da: «Il vero volto dell’immigrazione: la grande congiura contro l’Europa», 1993

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Un primo consistente indizio per sapere dove andassero cercati i meno occulti promotori di questo grandioso fenomeno ci fu offerto da un articolo apparso sul quotidiano «Alto Adige» del 10 agosto 1989, dal titolo: «Ondata di immigrati africani». Vi si riferiva l’intervista col presidente degli ambulanti trentini aderenti alla «Confesercenti», il quale, tra l’altro, dichiarava: «si calcola che nei prossimi anni, 30-40 milioni di africani verranno in Europa, e i governi centrali, su direttive dell’ONU, (il corsivo è nostro), hanno affidato a Italia, Spagna e Grecia il peso maggiore.
Sembra che l’Italia, nella spartizione internazionale, debba farsi carico dell’immigrazione senegalese, e si stima in 5 milioni la dimensione numerica: quasi una persona ogni dieci italiani»
Dunque l’ONU veniva indicata come la centrale da cui è partito l’ordine che è alle origini di questa vicenda e le si attribuiva un preciso programma che non potrà non incidere in maniera sconvolgente sul prossimo avvenire del popolo italiano, i cui destini, al di là dell’amena tavoletta della sovranità popolare, evidentemente sono in mano di lontani e sconosciuti padroni.
Successive ricerche confermano che la pista era quella giusta: l’Italia, con la legge 10 aprile 1981 n.158, ha ratificato la convenzione n.143 del 1975 della Organizzazione Internazionale del Lavoro (uno degli organi dell’ONU), recante il titolo: «sulle migrazioni in condizioni abusive e sulla promozione della parità di opportunità e di trattamento dei lavoratori migranti». Da qui si vede che già almeno dall’ormai remoto 1975 si venivano addensando sul capo degli ignari italiani fosche nubi foriere di tempesta. In obbedienza a quei patti, il Governo nazionale proponeva e il Parlamento approvava la legge 30.XII.1986 n.943 che sin da allora garantiva (art.1) «a tutti i lavoratori extracomunitari parità di trattamento e piena eguaglianza di diritti rispetto ai lavoratori italiani», nonché il godimento “dei servizi sociali e sanitari” e il diritto “al mantenimento dell’identità culturale, alla scuola e alla disponibilità dell’abitazione”. E all’art.2 prevedeva, proprio come riferito dal citato articolo dell’”Alto Adige”, “accordi bilaterali e multilaterali previsti dalla convenzione dell’OIL n.143 del 24 giugno 1975…per disciplinare i flussi migratori»
Si aprivano, insomma, fin da allora – in nome di una convenzione dell’OIL, e cioè di un istituto specializzato dell’ONU, le porte dell’immigrazione, nonostante che ancora, malgrado le statistiche del CENSIS, il fenomeno non fosse neppur lontanamente così evidente, come è diventato oggi. E, in realtà, l’Italia non era affatto allora, così come non lo è a tutt’oggi, un paese che possa ragionevolmente attirare un consistente flusso immigratorio: di modesta estensione, montagnosa, povera d’acqua e di materie prime, densamente popolata, con grave penuria di alloggi già per i suoi abitanti, grazie anche a mille pastoie burocratiche che ostacolano le nuove costruzioni e persino il restauro di quelle già esistenti, con ancora molti suoi figli emigrati all’estero e una lieve disoccupazione e sotto-occupazione interna, con servizi pubblici e sanitari largamente e spesso drammaticamente inefficienti, e insufficienti anche per la sola sua popolazione, davvero non si vede come potrà fronteggiare i mille problemi posti dalla valanga extracomunitaria.
Invero, come si è visto e si ribadisce, per uno straniero senza arte né parte, le principali offerte di lavoro provengono dalla malavita organizzata, sempre bisognosa di manovalanza a buon mercato, e dall’ambiente dello sfruttamento della prostituzione, a meno di non volersi accontentare di un lavoro nero senza garanzie, della mendicità o di un misero commercio ambulante che, dalla mendicità vera e propria ben poco si distingue. Ma è facile capire come anche queste vie siano anch’esse facile anticamera al delitto!
Cosa, dunque, era necessario fare per mettere in moto verso l’Italia l’immensa ondata di spiantati che la sta sommergendo? Occorreva una duplice disinformazione: una internazionale, volta ad ingannare gente ignorante o, comunque, non al corrente della nostra realtà sociale, presentando, con capillare propaganda, l’immensa menzogna di un’Italia simile a un nuovo Eldorado, un vero e proprio paese di Bengodi; e una all’interno dell’Italia stessa, tendente a fare apparire come un frutto ineluttabile della storia quello che, invece, è l’effetto della cinica e meditata orchestrazione.
A tal fine, con ammirevole improntitudine, si osa parlare di imprescindibili esigenze di mano d’opera nel nostro mercato e di carenza delle nostre forze lavorative, ma su ciò rimandiamo al lettore a quanto si è già detto al capitolo VIII della prima parte di questo studio.
(…)
In tutto questo piano, la parte dell’ONU è primaria ed evidente.
Infatti, la legge Martelli esordisce (art.1 comma 1) presentandosi come emanata in attuazione della convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951, che fu appunto promossa dall’ONU, e prosegue riconoscendo a un ufficio della stessa ONU – l’ACNUR, Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati – importanti poteri di ingerenza sulla immigrazione extraeuropea in Italia.
Che poi si tratti di un piano su scala soprannazionale, preciso e programmato, lo si ricava anche dal fatto che da più parti si specificano i numeri e i tempi dell’invasione, così come abbiamo visto fare sulle colonne dell’«Alto Adige» del 10 agosto 1989. Ad esempio anche su un articolo de «Il Giornale» del 9 novembre 1989, intitolato: «L’Italia deve affrontare la mina vagante degli immigrati di colore», si legge che, entro 20 anni, gli immigrati dovrebbero essere 5 o 6 milioni. Ci si domanda come sarebbe possibile formulare previsioni del genere se si trattasse di un fenomeno spontaneo, imprevisto e imprevedibile, e non di un piano controllato, studiato a tavolino.
Similmente il Cardinale Carlo Maria Martini, dando prova di sorprendenti carismi profetici, intervenendo nel corso di una mattinata di «studio e riflessione» sul tema: «Per una società dell’accoglienza verso un’Europa multirazziale», tenuta in preparazione della IX giornata della solidarietà, proclama nella sua diocesi, preconizza, a quanto riferisce Daniela Bozzoli sulle colonne di «Avvenire», che il fenomeno toccherà la sua punta massima nei prossimi vent’anni.
(…)

Dal libro: «Il vero volto dell’immigrazione: la grande congiura contro l’Europa», Editrice Civiltà, 1993

 

 

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