La grande truffa dello SPREAD

La grande truffa dello SPREAD

Da un paio di giorni a questa parte, lo spread, il famigerato spread, è tornato a galoppare, nonostante i roboanti annunci di successi (fittizi) fatti dal primo ministro italiano Renzi.

La causa scatenante, apparentemente, è stata la pubblicazione dei dati Eurostat che vedono ancora il pil italiano in negativo, a dispetto delle previsioni degli analisti e del governo.

Ma cos’è in realtà lo spread e quali conseguenze porta?

A) Lo spread, nome esotico, può tranquillamente essere tradotto con il termine italiano “differenziale”. In campo finanziario esso rappresenta la differenza tra i rendimenti di due titoli di pari caratteristiche. Convenzionalmente viene utilizzato per confrontare i rendimenti dei titoli di stato decennali (BTP italiani, Bund tedeschi, Bonos spagnoli, ecc), ma potrebbe essere usato per qualsiasi titolo di debito (ad esempio obbligazioni FIAT e FORD con scadenza entrambe nel 2017).

Normalmente, in economia, più alto è il rendimento di un titolo, maggiore è il rischio collegato ad esso di non veder rimborsato il proprio investimento. Molti ricorderanno che alcune emissioni di bond greci avevano raggiunto tassi nell’ordine del 25%. Un titolo a zero rischi, teoricamente, dovrebbe offrire rendimento pari a zero. Nella realtà non accade perché comunque gli investitori desiderano percepire un interesse per vedere i propri soldi bloccati per un certi periodo di tempo.

Lo spread dovrebbe quindi misurare quanto un titolo è più rischioso rispetto ad un altro.

Come si genera lo spread? Semplicemente dalla legge di domanda ed offerta: più persone vogliono un titolo, meno rendimento darà; meno persone vogliono quel titolo, maggiore sarà il rendimento che dovrà offrire per essere venduto.

Sostanzialmente, quindi, uno spread alto significa che gli investitori non vogliono quel titolo e, trasposto sui titoli di stato, che non hanno fiducia in quello stato e nella sua capacità di ripagare i propri debiti.

Ma è proprio così? No, perché nella realtà lo spread è frutto delle speculazioni delle grandi banche d’investimento, dei fondi comuni e dei fondi sovrani che puntano a speculare sui differenziali tramite strumenti finanziari derivati. Spesso questi “mostri” dei mercati, vendono titoli senza averne la proprietà per creare panico nei piccoli investitori e portarli a vendere ed acquistarli ad un prezzo più basso di quello cui hanno venduto ciò che non avevano. Sono le famose vendite allo scoperto che tanto fanno guadagnare i grandi speculatori e tanto fanno perdere i piccoli.

Vediamo un esempio concreto: la Banca “DB” vende 8 miliardi di euro di titoli di stato italiani a 100, affermando che non si fida dell’Italia. DB gli 8 miliardi non li ha, ma ha alcune ore di tempo (spesso bastano minuti) per saldare l’operazione. Se il panico si diffonde, ci saranno molti ordini di vendita da una miriade di piccoli risparmiatori o altre banche che abboccano all’amo e le quotazioni scenderanno, ipotizziamo, a 95. A quel punto DB acquisterà gli 8 miliardi a 95 e li consegnerà a chi glieli aveva presi a 100. Il risultato del giochino è un guadagno del 5% su una cosa che DB non aveva in cassa. Che poi questo giochino abbia rovinato qualche migliaio o milioni di persone, e messo in ginocchio un’intera nazione, poco importa: i bilanci della banca DB saranno contenti.

Operazioni del genere possono essere ripetutamente compiute sia con lo scopo di guadagnare sia con lo scopo di condizionare i governi nazionali

B) Quali conseguenze ci sono per i piccoli risparmiatori dall’altalena dello spread? NESSUNA. Il BTP, come tutti i titoli a tasso fisso, viene emesso con un rendimento certo (ipotizziamo il 5%) che verrà dato all’investitore sotto forma di cedola annua. Alla scadenza del titolo, il risparmiatore riceverà il capitale investito inizialmente. Vediamo un esempio di btp decennale: oggi 16 maggio, va all’asta un btp decennale con rendimento 5%; significa che io verso ad esempio 100 e ogni anno riceverò un “compenso” di 5 ed alla scadenza del 10° anno avrò indietro i miei 100. Di quello che capita durante questi 10 anni, ovvero le famose oscillazioni dello spread e dei rendimenti, non mi devo preoccupare: io continuerò comunque a percepire 5 ogni anno e ad avere 100 a scadenza.

Il bello dei titoli a tasso fisso è proprio questo: se li tengo fino a scadenza non devo preoccuparmi di quello che capita sui mercati.

L’unico rischio che posso correre è di doverli vendere anticipatamente per qualche emergenza: SOLO in questo caso, effettivamente, potrei vedere variare il valore di rimborso. Per i piccoli risparmiatori si tratta di un caso marginale (mediamente solo un 7-8% dei risparmiatori mettono in vendita un BTP in anticipo, a meno che non siano “imbeccati” da solerti direttori di banca più interessati al bilancio della banca che all’interesse del cliente)

Da queste righe emerge quindi chiaramente come lo spread, non solo sia gestito dai grandi squali della finanza, ma che esso sia utilizzato spesso e volentieri per “tosare” il parco buoi dei piccoli risparmiatori e, vista la mole di miliardi di euro che essi riescono a muovere, addirittura per condizionare l’operato dei governi nazionali, come accaduto in Grecia, in Italia, in Spagna, in Portogallo ed in Irlanda.

Il modo migliore per “tagliare le mani” a questi sciacalli che non hanno il minimo scrupolo a gettare nella miseria più nera intere popolazioni, è quello di ignorare bellamente lo spread e continuare ad acquistare btp e bot o a tenerli nel cassetto per chi già li ha, come nulla fosse.

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E’ INCOSTITUZIONALE LA FIDUCIA SULLA LEGGE ELETTORALE

E’ INCOSTITUZIONALE

LA FIDUCIA SULLA LEGGE ELETTORALE E’ INCOSTITUZIONALE

articolo originale

Così come già avvenuto in questa stessa legislatura in occasione dell’approvazione dell’Italicum, ancora una volta il Governo ha deciso di porre alla Camera dei deputati la questione di fiducia sulla legge elettorale.

Ma il nostro ordinamento ammette davvero la possibilità per il Governo di porre la questione di fiducia su una legge elettorale? Ed in particolare, visto che è poi quello che qui interessa, può l’Esecutivo porre la fiducia su un testo di legge elettorale a Montecitorio?

La risposta è no, o quantomeno sembra decisamente essere no se si cerca di interpretare le fonti con un minimo di onestà intellettuale: innanzitutto il combinato disposto degli articoli 49 e 116 del Regolamento della Camera, in particolare alla luce del dettato dell’ultimo comma dell’articolo 72 della Costituzione e dei precedenti incongruamente richiamati dalla Presidente Boldrini.

Il quarto comma dell’articolo 116 del Regolamento della Camera sancisce il divieto per il Governo di porre la questione di fiducia «su tutti gli argomenti per i quali il Regolamento prescrive votazioni […] per scrutinio segreto». Guarda caso l’articolo 49 del medesimo Regolamento dice chiaramente che sono effettuate a scrutinio segreto, su richiesta, anche le votazioni «sulle leggi elettorali».

E siccome tutto sarebbe, ed è, chiarissimo si è dovuta inventare una scappatoia.

Essa consiste in una interpretazione maldestramente formalistica del significato della locuzione «gli argomenti per i quali il Regolamento prescrive votazioni […] per scrutinio segreto». Secondo questa lettura, la proibizione della fiducia varrebbe solo negli ambiti in cui lo scrutinio segreto opera senza bisogna di essere richiesto – cioè di fatto solo nelle votazioni su persone. Si tratta però di una interpretazione da respingere: non solo dal punto di vista sostanziale (perché priverebbe di fatto di operatività concreta il divieto posto dall’articolo 116), ma anche dal punto di vista formale perché, come è stato sottolineato anche dal Professor Villone in occasione dell’approvazione del c.d. Italicum (http://ilmanifesto.it/lossimoro-della-fiducia-segreta/), in realtà l’articolo 49 del Regolamento della Camera, in caso di effettuazione della relativa richiesta, prescrive (eccome!) lo svolgimento dello scrutinio segreto.

Non bisogna poi dimenticare quanto fissato dall’articolo 72 della Costituzione, laddove si impone l’utilizzo della procedura legislativa normale anche per le leggi elettorali. La legislazione elettorale gode dunque di una copertura procedurale di rango costituzionale che non può certo dirsi sostanzialmente rispettata in presenza della coartazione del dibattito parlamentare imposto dalla maggioranza.

Quanto detto vale alla ennesima potenza con riguardo a una delle tre specifiche questioni di fiducia poste dal Governo sul c.d. Italicum e sul c.d. Rosatellum-bis, ossia quella sull’articolo dei rispettivi testi di legge che contiene la delega al Governo stesso per la definizione dei collegi elettorali, perché le deleghe legislative fanno a loro volta parte degli ambiti procedurali protetti dall’ultimo comma dell’articolo 72 della Costituzione: in questo caso è come si assistesse a una sostanziale doppia violazione in una dei vincoli procedurali stabiliti dalla Costituzione, trattandosi di questioni di fiducia che impediscono il normale svolgimento dell’iter legislativo su una delega legislativa in materia elettorale!

Per chiudere il cerchio è poi interessante sottolineare che i precedenti parlamentari (del 24 gennaio 1990, del 24 giugno 2004 e del 24 novembre 2004) che sono stati richiamati dalla Presidente Boldrini per giustificare la sua decisione di ritenere ammissibile la posizione della questione di fiducia da parte del Governo sul c.d. Italicum e che entrano dunque in gioco anche in questa occasione, non hanno mai in realtà direttamente riguardato votazioni in materia elettorale. Da una attenta lettura degli atti parlamentari emerge in particolare che nemmeno il primo precedente richiamato della Presidente Iotti, sul quale si fondano di fatto anche gli altri due, è da riferirsi (ad essere corretti) alla materia elettorale. Infatti, se è vero che in quell’occasione la richiesta di voto segreto era stata sollevata in relazione ad un emendamento che riguardava in qualche modo le elezioni amministrative, va però precisato che l’articolo sul cui testo la questione di fiducia era stata posta non concerneva affatto la materia elettorale. Si deve quindi rimarcare che tutti gli ambiti ai quali i citati precedenti si riferiscono, non trovano alcuna particolare prescrizione costituzionale circa il procedimento legislativo da seguire per gli stessi, come invece in materia elettorale, non essendo perciò rilevanti ai fini della risoluzione del caso che qui interessa.

Per dimostrare una volta di più la portata della stortura costituita dalla posizione della questione di fiducia sul Rosatellum-bis, e dunque la sua totale e assoluta strumentalità ad un unico preciso scopo, è infine bene richiamare due aspetti che in qualche modo rendono del tutto peculiare quest’ultima.

In primo luogo è emblematica la circostanza che su questo provvedimento, ora ritenuto nella sua precisa fisionomia così determinante da parte del Governo da portare lo stesso ad investire su quello specifico testo la prosecuzione del rapporto fiduciario con la Camera dei deputati, quest’ultimo non abbia espresso praticamente nessun parere sugli emendamenti allo stesso presentati durante l’esame referente in Commissione, rimettendosi costantemente alle sue determinazioni.

Secondariamente va chiarito che questa scelta non è stata dettata dalla necessità di superare un qualsivoglia scellerato comportamento ostruzionistico da parte delle opposizioni non favorevoli al testo in discussione, come peraltro testimoniato dall’esiguo numero di emendamenti presentati per l’esame in Aula del provvedimento e dalla speditezza seguita da questo stesso iter legislativo da quando la maggioranza ha deciso di riprendere l’esame della legge elettorale.

Perché si è allora giunti all’assunzione di questa decisione? Naturalmente per imbavagliare l’opposizione interna all’accordo sul testo elettorale fin qui elaborato ed evitare nuovi “intralci” costituiti dall’approvazione (da darsi per certa anche sulla base di quanto accaduto pochi mesi fa proprio durante l’esame della legge elettorale) di emendamenti a scrutinio segreto.

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