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Natale e l’antica festa pagana del Sol Invictus

 

le origini storiche del Natale, pur essendo ancora avvolte dalle nebbie del passato, certamente hanno origini precristiane. La data del 25 è, in realtà, puramente simbolica: non si conosce la data esatta della nascita di Gesù, i vangeli non ne fanno menzione. Con tutta probabilità la data venne fissata (nel 440 d.C.) al 25 dicembre per sostituire la festa del Natalis Solis Invicti con la celebrazione della nascita di Cristo, indicato nel Libro di Malachia come nuovo “sole di Giustizia” (cfr. Malachia III,20). Secondo tale ipotesi, il Natale costituirebbe dunque il più eclatante caso di cristianizzazione della preesistente festa pagana.

La data coincide infatti con le antiche celebrazioni per il solstizio d’inverno e alle feste dei saturnali romani (dal 17 al 23 dicembre). Inoltre, già nel calendario romano il termine Natalis veniva impiegato per molte festività, come il Natalis Romae (21 aprile), che commemorava la nascita dell’Urbe e il Dies Natalis Solis Invicti, la festa dedicata alla nascita del Sole (Mitra), introdotta a Roma da Eliogabalo (imperatore dal 218 al 222) e ufficializzato per la prima volta da Aureliano nel 274 d.C. con la data del 25 dicembre.

La festa pagana del solstizio d’inverno era una ricorrenza importante per molti popoli, tra cui certamente gli antichi romani, che in quel giorno celebravano la festa del dio Sole. Durante queste feste che andavano dal 17 al 21 di dicembre (“I Saturnali”) e la festa vera e propria del Sol Invictus del 25, si usavano i simboli dell’eterna giovinezza di Dioniso: mirto, lauro, edera… Il greco Dioniso veniva considerato come il divino bambino nato in maniera miracolosa da una vergine celeste. Dioniso era stato latinizzato col nome di Mithra di cui in oriente si celebrava la festa la sera del 24 dicembre. Era il dio iraniano dei misteri, il dio solare dell’amicizia e dell’ordine cosmico, nato dalla pietra e portatore della nuova luce “Genitor luminis”.

Verosimile dunque, viste le numerose coincidenze riscontrabili, che la chiesa cristiana abbia scelto la data del 25 dicembre come giorno di nascita del Cristo semplicemente per cristianizzare una festa pagana molto sentita dalle masse popolari. L’imperatore Costantino (280-337) avrebbe così riunito il culto del sole (di cui egli era il figlio protetto) e il culto del dio Mithra con il cristianesimo, ed è proprio sotto il suo regno che appare la festa del Natale. Da Roma il Natale si diffonde in Africa, in Spagna e nel Nord Italia, ma è solo sotto l’imperatore Giustiniano (527- 565 d.C.) che il Natale viene riconosciuto come festa legale per l’Occidente.

A tale tradizione quindi la celebrazione del Natale ha voluto collegarsi per indicare l’avvento della Luce del Mondo, che giunge a squarciare le Tenebre. È il Bambino, che venendo al mondo, inaugura una nuova vita, e porta la Luce a tutti gli uomini. Questa è la storia del Natale che, condizionata negli anni successivi da numerose leggende, ha fatto quasi perdere di vista il “vero” significato del Natale, come “giorno della nascita”. Natale vuol dire “nativo, di nascita”. E’ il giorno della Rinascita, ma chi rinasce a fine dicembre? Il Sole. Siamo di fronte infatti ad una festa antichissima, una festa che non ha tempo, esiste da sempre. Le antiche popolazioni il 25 dicembre festeggiavano la rinascita del Padre Solare, il Grande Dio che dopo lo stallo del solstizio (Sol stat, appunto) vince le tenebre, le giornate tornano ad allungarsi, il Male è sconfitto (Sol Invictus = colui è che non è sconfitto), ed è a questo significato che va a sovrapporsi quello cristiano.

Sol Invictus, cioè Sole invitto era il nome religioso usato per diverse divinità nel tardo Impero romano: El-Gabal, Mitra e Sol. Ma già il sole era stato adorato a Roma come Apollo e come Elios.
SOLSTIZIO D’INVERNO
Il solstizio d’inverno nel vecchio calendario Giuliano cadeva il 25 dicembre e celebrava le nozze della notte più corta con il giorno più lungo. La rinascita del mondo. Il termine solstizio viene dal latino solstitium, che significa letteralmente “sole fermo”, perchè nell’emisfero nord della terra, nei giorni dal 22 al 24 dicembre, il sole sembra fermarsi in cielo, fenomeno tanto più evidente quanto più ci si avvicina all’equatore.

In quel periodo il sole raggiunge il punto di massima distanza dal piano equatoriale, la notte raggiunge la massima estensione e la luce del giorno la minima. Si verificano cioè la notte più lunga e il giorno più corto dell’anno.
Subito dopo il solstizio, la luce del giorno torna gradatamente ad aumentare e il buio della notte a ridursi fino al solstizio d’estate, in giugno, col giorno più lungo dell’anno e la notte più corta. Il giorno del solstizio cade generalmente il 21, ma per l’inversione apparente del moto solare diventa visibile il terzo/quarto giorno successivo. Il sole, quindi, nel solstizio d’inverno giunge nella sua fase più flebile di luce e calore, per tornare vitale e “invincibile” sulle stesse tenebre. Insomma il 25 dicembre il sole rinasce, ha il nuovo “Natale” dell’anno.
Il solstizio d’inverno iniziò ad essere celebrato già dai nostri antenati, ad esempio presso Stonehenge in Gran Bretagna, e in Irlanda, in Francia, in Iran, e nella Val Camonica, in Italia, già in epoca preistorica e protostorica.
Ma il 25 dicembre è associato al giorno di nascita o di festa di parecchie divinità antecedenti al Cristo che hanno ispirato in diversi lati la nuova religione.
I mosaici e gli affreschi raffiguranti immagini di Iside seduta che tiene in braccio Horus con la corona solare sul capo, sembra abbiano ispirato molte immagini della Madonna col Bambino con la stessa caratteristica.

Così il culto di Mitra fu il culto più concorrenziale al cristianesimo e col quale il cristianesimo si fuse un poco, anche perchè pure Mitra in alcuni miti era stato partorito da una vergine, aveva dodici discepoli e veniva soprannominato “il Salvatore”.
Così a Babilonia, nel 3000 a.C. circa, veniva festeggiato il dio Sole babilonese Shamash, e successivamente la Dea Ishtar con suo figlio Tammuz, considerato l’incarnazione del Sole. Anche Ishtar veniva rappresentata con un’aureola di 12 stelle sul capo, come la Madonna, e col bambino tra le braccia, bambino che poi cresceva e moriva per risorgere dopo tre giorni.
Nei giorni del solstizio d’inverno, si svolgeva in onore di Dioniso una festa rituale chiamata Lenaea, “la festa delle donne selvagge”, dove veniva celebrato il Dio che “rinasceva” bambino dopo essere stato fatto a pezzi. Ma era anche il giorno natale sia di Ercole che di Adone.
Il Dio Mitra, identificato come Sol Invictus dai militari romani tra cui si diffuse molto, si incarnò nascendo da una donna vergine nel solstizio d’inverno, fu adorato dai pastori, ebbe dodici discepoli, fu ucciso da una lancia che trapassò il suo costato, e risorse dopo tre giorni.
Oggi il Natale e il Capodanno rappresentano due differenti ricorrenze di cui la prima viene festeggiata il 25 Dicembre, l’altra il 1° Gennaio. Per i Romani le due date coincidevano, perché il Natale era il “NATALIS SOLIS INVICTI” che segnava il ciclo dell’anno nuovo.

Il culto del Sole Invitto, cioè non vinto, si diffuse a Roma per la prima volta con l’imperatore Eliogabalo (sebbene vi siano emissioni monetali antecedenti del Sole, almeno dell’epoca di Caracalla), che tentò prematuramente di imporre il culto di Elagabalus Sol Invictus, il Dio-Bolide solare della sua città natia, Emesa, in Siria. Eliogabalo fece costruire un tempio dedicato alla nuova divinità sul Palatino. Con la morte violenta dell’imperatore nel 222 questo culto cessò di essere coltivato a Roma, anche se molti imperatori continuarono ad essere ritratti sulle monete con l’iconografia della corona radiata solare per quasi un secolo.
SOL
Il Sol Invictus, inoltre, compare come divinità subordinata associata al culto di Mitra, e a volte è confuso col culto di Elios o di Apollo. Il termine Invictus compare anche riferito a Mitra stesso e al Dio Marte nelle iscrizioni private dei dedicanti e dei devoti.

Nel 272 Aureliano sconfisse la principale nemica dell’impero, la Regina Zenobia del Regno di Palmira, grazie all’aiuto provvidenziale della città stato di Emesa, arrivato giusto quando le milizie romane stavano sbandando. L’imperatore raccontò di aver avuto la visione del dio Sole di Emesa, che interveniva per rincuorare le truppe in difficoltà nel corso della battaglia. D’altronde a Costantino apparve la croce in cielo che lo spronava a combattere e prometteva la vittoria.
Si pensa che Aureliano fece in fondo un’abile mossa politica, perchè tanto il culto del Sole era presente in tutte le regioni dell’impero. Ognuno può scegliersi la fede che vuole, oppure pensare che la propaganda all’epoca si facesse così.
Comunque nel 274 Aureliano trasferì a Roma i sacerdoti del dio Sol Invictus e statalizzò il culto solare di Emesa, indossando egli stesso nelle cerimonie una corona a raggi, ed edificando un tempio sulle pendici del Quirinale con un nuovo corpo di sacerdoti: i Pontifices Solis Invicti. A Roma esisteva la religione di stato, ma in modo molto particolare.
Infatti i culti ufficializzati erano pagati dallo stato, ma le altre religioni erano ugualmente rispettate e potevano convivere ufficialmente con queste. La religione cristiana non fu perseguitata come religione, ma perchè i suoi seguaci volevano abolire le religioni di stato romane. Volevano insomma abbattere qualsiasi altra religione, in modo davvero poco democratico.
La festa del Sole diventò il culto più importante in Roma verso la fine del III sec. per l’influenza delle tradizioni orientali.

Aureliano consacrò il tempio del Sol Invictus il 25 dicembre 274, in una festa chiamata Dies Natalis Solis Invicti, “Giorno di nascita del Sole Invitto”, facendo del dio-sole la principale divinità del suo impero ed indossando egli stesso una corona a raggi. La festa del Dies Natalis Solis Invicti divenne via via sempre più importante in quanto si innestava, concludendola, sulla festa romana più antica, i Saturnali.
Il Dies Natalis Solis Invicti veniva incluso nelle festività dei Saturnalia che si prolungavano dal 17 al 25 Dicembre e finivano con le Larentalia o festa dei Lari, le divinità tutelari incaricate di proteggere raccolti, strade, città e famiglia. I Saturnalia, una celebrazione religiosa dedicata al dio Saturno, dapprima divinità agraria latina, protettrice della semina e delle sementi, e poi assimilato al dio greco Cronos, sposo di Rhéa, la “Terra”.

Anche l’imperatore Costantino era un seguace del Dio Sole, in qualità di Pontifex Maximus dei romani. Egli, infatti, raffigurò il Sol Invictus sulla sua monetazione ufficiale, con l’iscrizione SOLI INVICTO COMITI, “Al compagno Sole Invitto”, definendo quindi il Dio come un compagno dell’imperatore.
Con un decreto del 7 marzo 321 Costantino stabilì che il primo giorno della settimana (il giorno del Sole, Dies Solis) doveva essere dedicato al riposo:
« Nel venerabile giorno del Sole, si riposino i magistrati e gli abitanti delle città, e si lascino chiusi tutti i negozi. Nelle campagne, però, la gente sia libera legalmente di continuare il proprio lavoro, perché spesso capita che non si possa rimandare la mietitura del grano o la semina delle vigne; sia così, per timore che negando il momento giusto per tali lavori, vada perduto il momento opportuno, stabilito dal cielo.»
La celebrazione del Sole Invitto proprio il 25 dicembre è testimoniata nel Cronografo del 354 insieme alla testimonianza del Natale cristiano. La prima testimonianza della celebrazione del Natale cristiano successiva al Cronografo del 354 risale al 380 grazie ai sermoni di san Gregorio di Nissa.
La festa del Natale di Cristo, infatti, non è riportato nei più antichi calendari delle festività cristiane e anche in seguito veniva celebrato in date estremamente differenti tra loro. Durante il regno di Licinio la celebrazione si svolse il 19 dicembre, data forse più prossima al solstizio astronomico nel calendario allora in vigore.
Nel 330 Costantino, sebbene, contrariamente a ciò che si racconta, mai convertito al cristianesimo, ufficializzò per la prima volta la festa della natività di Gesù, che con un decreto fu fatta coincidere con la festa pagana della nascita di Sol Invictus. Il “Natale Invitto” divenne così il “Natale” Cristiano.
Nel 337 papa Giulio I ufficializzò la data del Natale per conto della Chiesa cattolica, come riferito da Giovanni Crisostomo nel 390:
«In questo giorno, 25 dicembre, anche la natività di Cristo fu definitivamente fissata in Roma. »

A Roma Mitra fu soprattutto il Dio dei soldati, seppure abbracciata da imperatori, agricoltori, burocrati, mercanti e schiavi, con regole di comportamento molto precise, che richiedevano la temperanza, l’autocontrollo e la compassione anche nella vittoria. Tanto che Tertulliano rimprovera ai suoi fratelli cristiani il loro comportamento inadeguato dicendo: “Sei non vi vergognate da voi, miei commilitoni di Cristo, non sarà Cristo a condannarvi, ma i soldati di Mitra”.

Il Mitraismo, come il Cristianesimo, offriva la salvezza ai suoi seguaci, perchè Mitra era nato nel mondo per salvare l’umanità dal male. Aureliano, originario della Dacia Ripensis e figlio di una sacerdotessa del Sole, fece del Dies Natalis Solis Invictus il centro della liturgia imperiale, complice il diffondersi negli ambienti militari del mithraismo, dove Mithra era considerato il Figlio del dio supremo Sol: Figlio del Sole e Sole lui stesso, nato da una roccia presso un albero sacro e con la torcia in mano, simbolo della Luce e del Fuoco che spandeva sul cosmo.
Il mito narra che alcuni pastori presenti all’evento soprannaturale gli avevano offerto primizie dei greggi e dei raccolti. Non poche le analogie con la nascita del Cristo in una “grotta” illuminata da una stella mentre i pastori lo adoravano. Mitra è nato da una vergine in una grotta il 25 dicembre, è adorato la Domenica, il giorno del sole. Era un dio-salvatore, come Gesù morto e risorto per diventare un Dio messaggero, intermediario tra l’uomo e il Dio della luce, il leader della giustizia contro le forze oscure del male.
SOLE – ELIOS
“Prima di cominciare l’anno” scriveva l’Imperatore Giuliano nel discorso su Elio Re “noi diamo in onore di Elio giochi magnifici, solennità consacrate a Elio Invincibile. ..Ah! si degnino gli dèi sovrani di permettermi di celebrare sovente questi misteri, e che il sovrano stesso dell’universo, Elio il primo, mi accordi questo favore!
Sorto da tutta l’eternità intorno all’essenza feconda del Bene, mediatore fra gli dèi intelligenti, essi stessi mediatori, Egli ne assicura pienamente la continuità, la bellezza senza limiti, l’inesauribile fecondità, l’intelligenza perfetta, e li dota abbondantemente di tutti i beni atemporali”.

A Roma esistevano diversi natali a cominciare dal Natale di Roma, una solennità pubblica che coincideva con l’antica festa dei Parilia e a proseguire col natale degli imperatori e pure quello di alcune divinità, come il Natalis Minervae. Il natale più famoso era però quello del Sole Invitto, il Dies Natalis Solis Invicti, introdotto da Eliogabalo.
Sembra evidente che i cristiani abbiano “ribattezzato” la festa pagana del Sole Invitto come “Festa della nascita di Cristo”, spostandone la data dal 21 al 25 dicembre, per soppiantare l’altra, sempre molto diffusa tra la popolazione.
MITRA
Ma all’epoca, sia la nascita da una madre vergine con procreazione miracolosa, sia la resurrezione il terzo giorno successivo alla morte erano i segni distintivi della divinità. Nelle civiltà del Mediterraneo orientale del I sec. d.C. questi prodigi appartenevano numi pagani agrari e solari. Il mito di base è dramma del giovane dio che muore nel pieno della sua vita per rigenerare la natura con il suo sangue, ma rinasce con il grano nuovo della primavera per trasformarsi nel “Signore dei vivi e dei morti” e nel “Salvatore dell’Umanità”. In Egitto questo dio è Osiride, in Persia è Mitra, in Asia Minore è Attis, in Grecia è Dioniso.
Ma all’origine è il figlio-vegetazione della Grande Madre Natura che muore al solstizio d’inverno, per resuscitare all’equinozio di primavera, quando i campi reinverdiscono. Successivamente il Dio muore e rinasce ogni anno al solstizio d’inverno.
Nel 376 venne soppresso il culto di Mitra a Roma per ordine del prefetto. Con l’editto dell’imperatore Teodosio del 392, che diede inizio alle persecuzioni contro i riti pagani, si conclusero in tutto l’Impero le ultime celebrazioni in onore della dea Iside madre di Horus; e con i decreti dell’Imperatore Giustiniano del 536 fu chiuso l’ultimo tempio in onore di Iside in Egitto, dando via libera al Natale cristiano in tutto l’Impero Romano.
Prima di tale canonizzazione, durante il cristianesimo delle origini, la nascita di Cristo aveva date diverse:
per S. Cipriano cadeva il 28 marzo,
per S. Ippolito il 23 aprile,
secondo Clemente Alessandrino il 20 maggio, o il 10 gennaio, o il 6 gennaio; quest’ultima data successivamente si affermò in Oriente, e da lì venne utilizzata a Roma fino al cambiamento deciso da Costantino e poi confermato da Papa Giulio I.
Altre Chiese cristiane, come quella ortodossa, copta, armena, continuano invece a celebrarlo il 6 gennaio, dove l’Epifania rappresenta l’Annunciazione della nascita di Cristo.
La religione del Sol Invictus restò in auge fino al celebre editto di Tessalonica di Teodosio I del 27 febbraio 380, in cui l’imperatore stabiliva che l’unica religione di stato era il Cristianesimo di Nicea, bandendo di fatto ogni altro culto.

Il 3 novembre 383 il Dies Solis, che era chiamato anche Dies Dominicus, giorno del Signore, in accordo con l’uso cristiano attestato da quasi tre secoli (cfr. Apocalisse 1, 16), fu dichiarato giorno di riposo obbligatorio per i tribunali, per gli affari e la riscossione dei debiti, comandando che fosse considerato sacrilego chi non ottemperava all’editto del Codice Teodosiano:
«ad Principium praefectum praetorio. Solis die, quem dominicum rite dixere maiores, omnium omnino litium et negotiorum quiescat intentio; debitum publicum privatumque nullus efflagitet; ne aput ipsos quidem arbitros vel e iudiciis flagitatos vel sponte delectos ulla sit agnitio iurgiorum. Et non modo notabilis, verum etiam sacrilegus iudicetur, qui a sanctae religionis instinctu rituve deflexerit. Proposita III non. nov. Aquileiae Honorio n. p. et Evodio conss. »
L’ultima iscrizione riferita al Sol Invictus risale al 387 d.C. e ci sono ancora tanti devoti nel V sec. d.C. che Agostino ritenne necessario predicare alacremente contro di loro.
L’apologeta cristiano Epifanio di Salamina narra che in alcune città d’Arabia e d’Egitto i pagani celebravano una festa dedicata al trionfo della luce sulle tenebre, cioè la nascita del dio Aîon, generato dalla vergine Kore. La testimonianza di Epifanio è confermata anche da Cosma di Gerusalemme, che ancora nel sec. VIII d.C. cita la medesima celebrazione nella notte tra il 24 e il 25 dicembre.
La confusione fra i culti pagani e quello cristiano durò diversi secoli, anche perché l’editto di Teodosio, che proibiva i culti diversi dal cristianesimo, pena l’alienazione dei beni e pure la morte, non determinò la conversione dei pagani. Ancora ottanta anni dopo, nel 460, il papa Leone I sconsolato scriveva:
«È così tanto stimata questa religione del Sole che alcuni cristiani, prima di entrare nella Basilica di San Pietro in Vaticano, dopo aver salito la scalinata, si volgono verso il Sole e piegando la testa si inchinano in onore dell’astro fulgente. Siamo angosciati e ci addoloriamo molto per questo fatto che viene ripetuto per mentalità pagana. I cristiani devono astenersi da ogni apparenza di ossequio a questo culto degli dei. » (Papa Leone I, 7° sermone tenuto nel Natale del 460 – XXVII-4).
Nuova Enciclopedia Cattolica:
“Alla nascita di Cristo fu assegnata la data del solstizio invernale perché in quel giorno, in cui il sole inizia il suo ritorno nei cieli boreali, i pagani che adoravano Mitra celebravano il dies natalis Solis Invicti”.
Enciclopedia Americana, edizione 1944:
“Il Natale … secondo molte fonti autorevoli, non veniva celebrato nei primi secoli della Chiesa cristiana, in quanto l’usanza cristiana in generale era quella di celebrare la morte delle persone più importanti, non il giorno della loro nascita … Una festa fu stabilita in memoria di questo evento [la nascita di Cristo] nel quarto secolo …Poiché il giorno esatto della nascita di Cristo non era noto, la Chiesa occidentale nel quinto secolo ordinò che la festa venisse celebrata per sempre nello stesso giorno dell’antica festa romana in onore della nascita del dio Sole”.
New Schaff-Herzog Enciclopedia of Religious Knowledge:
“Le feste pagane dei saturnali e della brumalia erano troppo radicate nel costume popolare per essere abolite dall’influenza del Cristianesimo … La festa pagana, con le sue baldorie e gozzoviglie, era talmente popolare che i Cristiani furono ben contenti di avere trovato una scusa per perpetuarne la celebrazione con pochi cambiamenti, sia nello spirito che nelle usanze … i Cristiani della Mesopotamia accusarono i loro fratelli occidentali d’idolatria, e di adorare il Sole, per avere adottata questa festa pagana”.

Come la corona di Mitra divenne l’aureola di Gesù

La luce del sole e la festa di Natale. Di primo acchito sembrerebbero due estremi: lo splendore luminoso del giorno e il chiarore argenteo della luna d’inverno, il trionfo della natura illuminata dai raggi del sole e il silenzio freddo dell’Avvento, quello denso di timore sacro che accompagna la nascita divina. Eppure alle radici del Natale c’è proprio una festa dedicata al sole, al Sol invictus, l’astro invitto e quindi anche invincibile, quello che sempre sconfiggerà la tenebra, la luce della notte per gli iniziati ai misteri sacri. Da festa pagana del Sole a commemorazione della nascita di Gesù.

Il sole affascina l’umanità dall’alba dei tempi, e il motivo è ovvio. Senza il sole, così come senza l’acqua, non ci sarebbe vita sul pianeta. Al suo splendore rosso-dorato è contrapposto il fievole chiarore lunare. Sol e Luna, due elementi di primaria importanza negli scritti alchemici. Giorno e notte. Caldo e freddo. Maschile e femminile, per quanto in altri idiomi il ruolo maschile spetti alla Luna e quello femminile al Sole. Nella lingua tedesca: der Mond (maschile: la luna) e die Sonne (femminile: il sole).

E se la luna, come scriveva il mago Agrippa da Nettesheim nella sua Occulta Philosophia, era lo scrigno di tutti i segreti degli antichi, il sole rappresentava invece il centro dell’universo, la sapienza raggiante, la luce della Conoscenza, lo spirito di tutte le cose. Il mitico Ermete Trismegisto lo identificò con una divinità maschile invisibile ma sempre presente, il Nascosto. Il faraone eretico Akhenaton ne fece il dio per eccellenza, l’incontrastato Aton signore del cielo.

Eppure la divinità accadica maschile Shamash, raffigurata con il disco solare a otto raggi davanti a sé e la fune di misurazione in pugno, originariamente era…una donna. Cambiò sesso in seguito all’incontro con il dio del sole sumero Utu, allorché si fuse con l’immagine di questi e divenne tutt’uno con essa. Così si trasformò in un potente signore barbuto dal copricapo cornuto. Il santuario principale di Shamash era la ziqqurat di Sippar, città del sole per antonomasia, in cui venivano conservate le tre tavole della Conoscenza.

Nel cielo egizio, quale pendant di Shamash, splendeva il dio Ra. Il suo ingresso ufficiale nel pantheon degli dèi risale alla III dinastia, fu allora che le sue immagini giunsero a decorare i templi di re Djoser. Forse il fulgore dei suoi raggi aveva oscurato l’importanza di un culto stellare originario che continuò a esistere, ma asservito al dominio di Ra. Signore guerriero, Ra presenta intriganti paralleli con le divinità protoindoeuropee del cielo sempre pronte alla battaglia. Al suo fianco c’è Horus, il falco, che colpisce i nemici con l’arpione. E come i signori indoeuropei portavano il loro carro di battaglia con sé sin nella tomba, così i faraoni egizi si fecero seppellire accanto alla loto barca, la lignea nave di Ra che attraversava il regno del Duat – l’Oltretomba – durante le ore notturne.

Anche la Roma antica di Romolo e Remo aveva il suo dio del sole. La tradizione vuole il culto della divinità Sol Indiges già presente su suolo latino ai tempi della fondazione, istituito dal leggendario re dei Sabini Tito Tazio. Il Sol Indiges veniva adorato insieme al suo pendant Luna in un tempio proprio, che era situato nel Circo Massimo. La giornata in onore del Sol Indiges e della Luna era il 28 agosto, giorno di fine estate. Ma la popolarità di questa divinità antichissima aumentò nel periodo finale della Repubblica e il Sole finì per divenire la divinità protettrice degli imperatori romani.

Vespasiano fece innalzare in suo onore una statua gigantesca, con Traiano e Adriano l’astro fece la sua apparizione sulle monete d’oro degli imperatori, i solidi. A partire dal regno di Commodus, la denominazione invictus divenne un appellativo degli imperatori romani. Traccia archeologica del passaggio del Sole nelle pratiche cultuali, è l’iscrizione di un altare del 158 d. C. che recita “Soli Invicto Dei”. Ma già nel I secolo d. C. il simbolo del Sole accompagnava il nome del dio Mitra, divinità di origine iraniana le cui radici affondano approssimativamente nel 1400 a. C..

Tale processo sincretistico appare abbastanza logico, poiché il Mitra iranico veniva da sempre associato al cielo, alla luce e al calore e, di conseguenza, anche alla crescita e alla fertilità. Anche Mitra, come Sol, era dispensatore di vita e al contempo un dio guerriero. Dalla Persia (antico Iran) il culto di Mitra si diffuse in tutta l’Asia Minore e la Mesopotamia, poi anche nell’impero romano. Nelle raffigurazioni dell’Urbe, Mitra si presentava come giovane eroe immortalato nell’atto di sgozzare un toro. Sul suo capo posava il tipico berretto frigio, attributo che svelava il transfer di tradizione avvenuto attraverso l’Asia Minore.

Il misterioso culto di Mitra

Il culto di Mitra era una religione misterica di iniziazione. Poco sappiamo, dunque, sulle pratiche riservate ai soli iniziati e tenute segrete. In ogni caso i seguaci del mitraismo si riunivano nel cosiddetto mitreum, un luogo sotterraneo, una caverna, una cripta. Indicativo del mitreum erano il vestibolo e la caverna vera e propria, stanza rettangolare con altare, munita di panche alle pareti e detta spelunca. Le panche rivestivano un’importanza particolare nel santuario, perché i riti in onore di Mitra prevedevano dei pasti sacri che venivano consumati in gruppo dai fedeli. Una vicina sorgente d’acqua caratterizzava il mitreum. Diversi simboli che fanno parte dell’iconografia dell’eroe Mitra, richiamano alla memoria i segni zodiacali. Secondo alcuni studiosi l’uccisione del toro rappresentava un fase del ciclo solare, l’equinozio di primavera; secondo altri stava a indicare l’era astrologica del toro.

Il culto di Mitra aveva cominciato a diffondersi a Roma nel I secolo d. C., soprattutto come culto guerresco praticato dai legionari. I più antichi santuari del dio risalgono al II secolo. Però già nel III secolo d. C., e proprio in seguito alla fusione di Mitra con il simbolo del Sol Invictus, il mitraismo stesso iniziò a impallidire, sopraffatto dal più potente culto solare. Soprattutto durante il regno di Aureliano, dopo che la madre dell’imperatore, ardente seguace del Sol invictus, fece costruire un tempio al Sole e fondò una casta sacerdotale allo scopo di attribuire maggiore ufficialità al culto dell’astro dispensatore di vita.

Tuttavia l’importanza del mitraismo nel mondo romano fu talmente grande, che alcuni studiosi lo considerano il primo concorrente del cristianesimo e altri suo precursore. Sta di fatto che il culto di Mitra era aperto esclusivamente a un pubblico maschile, mentre il cristianesimo accolse anche le donne. Ma i paralleli fra il personaggio Mitra e la figura di Gesù sono tanti. Anche Mitra, come Gesù, era stato mandato sulla terra dal padre per combattere contro il Male; anche Mitra era attorniato da dodici seguaci; anche Mitra celebrò con essi l’ultima cena prima di morire; anche Mitra resuscitò dal regno dei morti; anche Mitra, in qualità di Sol invictus, ha il capo circondato da un’aureola (di raggi solari); anche il culto di Mitra parlava di inferno e cielo, di giudizio universale; anche il giorno dedicato a Mitra era la domenica; anche il gran sacerdote del culto di Mitra veniva chiamato papa e portava il copricapo frigio di colore rosso, un mantello rosso, un anello e un bastone pastorale; anche gli iniziati al mitraismo praticavano un rito di consumazione di pane, vino e acqua.

Poiché il culto di Mitra è molto più antico del cristianesimo, ovviamente sono stati i cristiani a inserire nella propria religioni elementi propri al mitraismo, e non viceversa. Comunque fu dal sincretismo del culto di Mitra e del culto del Sol invictus che si sviluppò la festività del 25 dicembre, originariamente come ricorrenza della nascita di Mitra. Era il Dies solis invicti. Nel periodo più buio dell’anno, alla fine del giorno più breve dell’anno, si festeggiava la festa della luce. Un gesto dal sapore atavico e propiziatorio, che ricorda senz’altro il calendario celtico: la festa di Yule (21 dicembre), notte in cui la dea della fertilità partorisce nel ventre della terra colui che, nel corso del ciclo annuale, sarebbe diventato il dio della luce e suo nuovo compagno.

In hoc signo? La vittoria del cristianesimo

Senza la scelta fatidica dell’imperatore Costantino (ca. 280-337 d. C.), il quale privilegiò il culto cristiano – altresì garantendo per mezzo dell’ Editto di Milano del 313 la libertà di religione in tutto l’impero -, forse il cristianesimo non avrebbe mai raggiunto la popolarità e diffusione che riscontrò in tutto il mondo. Altro fattore decisivo allo sviluppo del cristianesimo è stata l’organizzazione ben funzionante della Chiesa Cattolica, che già alla fine del I secolo d. C. aveva assunto la sua struttura portante ed era in grado di effettuare un’efficiente missione di apostolato. Quando poi l’imperatore Teodosio (ca. 347-395 d. C.) innalzò di fatto il cristianesimo a religione di Stato, la vittoria dell’astro Gesù era ormai suggellata. Con somma sfortuna per i seguaci dei tanti altri culti esistenti nell’impero, che si videro da un momento all’altro accusati di paganesimo ed eresia, e quindi sottoposti a crudeli persecuzioni. Dunque Costantino spianò la via a Teodosio, il luminoso percorso che portò alla vittoria del cristianesimo. Lo storico Hartwig Brandt osserva:

“Il passo dal Sol invictus a Gesù Cristo era breve, e il suo superamento da parte di Costantino fu di certo il risultato di una decisione pragmatica.” (B. Seewald, “Kaiser Konstantin, der brutale Machtpolitiker” da: Die Welt online del 02.12.2014)

Nessuna visione divina sul campo di battaglia, quindi. Nessun “In hoc signo vinces”. Come qualsiasi capo di Stato, Costantino era in primis un freddo calcolatore. E può essere che, proprio per un’ironia del destino, quella nuova religione privilegiata dall’imperatore per appoggiare i propri giochi di potere, un giorno abbia contribuito al disfacimento dell’impero stesso. Brandt aggiunge:

“I cristiani non furono di certo i becchini dell’impero. Ma una cosa è chiara: l’impero romano affondava le sue radici in un rapporto di fiducia fra culti e religione. Questa lealtà fu gravemente lesa e distrutta in gran parte proprio dall’intolleranza militante del cristianesimo.” (ibidem)

Ora, dalla penombra della cripta cristiana che tanto ricorda il misterioso mitreum, saliamo i gradini ed entriamo nella chiesa inondata di luce del giorno. Poi abbandoniamo anche l’edificio sacro, le superstizioni del passato. Lasciamo le guerre di religione alle nostre spalle e con esse il colorato universo degli dèi, la lungimiranza politica della pax romana, l’intransigenza dei primi padri della Chiesa e i tanti martiri, pagani o cristiani che fossero.

Nel buio di un inverno come tanti altri e che sempre si ripeterà, cerchiamo la luce dentro noi stessi. Il divino ci circonda nell’aria che respiriamo, nella bellezza della natura e di tutte le meraviglie intorno a noi. Adesso possiamo festeggiare il Natale senza pregiudizi, come si festeggia la notte che precede il ritorno della luce.