Facebooktwitterredditpinterestlinkedinmailby feather

Interazioni mRNA e DNA umano ? Ecco di cosa realmente si tratta e piccola lezione di genetica

 

Due vaccini (Pfizer e Moderna) tra i tre che sono in lizza per essere per primi applicati su larga scala funzionano con mRNA, cioè con RNA messaggero. Si tratta di una tecnica nuova (mai prima sperimentata fino alla fase 3 dei test) che ha un potenziale enorme. Lungi dal temerla, dovremmo confidare in essa.
Poiché tuttavia questa molecola è una porzione di codice genetico derivata nelle cellule dal DNA e, al pari di questo, è identificata chimicamente come un “acido nucleico “, tu pensi forse che un vaccino possa arrivare al punto da alterare il nostro patrimonio ereditario, quello trasmesso dai nostri genitori, provocando chissà quali danni.
Questo processo di “inquinamento” del nostro codice genetico è possibile a causa di alcuni virus. Come accennerò più sotto, esistono effettivamente dei virus che sono capaci di inserire le loro istruzioni tra quelle costituzionali che ereditiamo all’atto del nostro concepimento. Questo non succede però con i vaccini, tantomeno con quelli messi a punto per sconfiggere l’attuale pandemia che passerà alla storia, al pari della Spagnola, pur essendo di gran lunga meno pericolosa.
Quando si parla di acidi nucleici molti pensano subito alla manipolazione genetica, al rischio di mutazioni indotte artificialmente o ad altre devianze biologiche. Non c’è dubbio che, specie dopo la scoperta di Cirspr/Cas9 le possibilità offerte dall’ingegneria genetica siano straordinarie. Ma qui si parla di tutt’altra faccenda. Credo proprio che occorra capire cosa sia questa molecola, cioè l’mRNA, e come funzioni nelle nostre cellule. Poi vedremo cosa questo abbia a che vedere con i vaccini di cui sopra.
DNA e RNA sono molecole chimicamente simili, ma non sono uguali. In una cellula la distinzione è cruciale. Per capire dobbiamo partire dal DNA. Questa macromolecola di dimensioni davvero ragguardevoli (nel microcosmo cellulare) specifica quali proteine debbano costituire il nostro organismo. Il DNA, che sta nel nucleo della cellula, non può tuttavia provvedere direttamente alla loro sintesi: ha bisogno di un intero meccanismo d’intermediazione . In effetti, le proteine vengono assemblate per porzioni, amminoacido dopo amminoacido, nel citoplasma della cellula, non nel nucleo.
Questo significa che l’informazione recata dal DNA deve essere in qualche modo veicolata all’esterno del nucleo, fino al citoplasma , e poi presentata in modo opportuno ad altre molecole specializzate, affiché il processo di sintesi sia in grado di leggerla e di procedere al corrispondente assemblaggio, come in una catena di produzione. In effetti, le nostre cellule altro non sono dopotutto che inarrestabili fabbriche di proteine.
Vediamo dunque un po’ più da vicino cosa succede in questo processo di sintesi senza il quale ognuno di noi non sarebbe quello che è, anzi non sarebbe proprio. In effetti, il nostro peso secco (tolta l’acqua) è per il 70% rappresentato proprio da proteine, distinte tra strutturali e funzionali. Diciamo subito che dobbiamo qui distinguere due fasi principali, la trascrizione e la traduzione. La prima rappresenta la premessa per la seconda; e quest’ultima è la sintesi proteica vera e propria.
Nella trascrizione il codice del DNA viene trasferito su un’altra molecola affine. Dapprima il DNA, che è una lunghissima doppia elica, viene aperto nei punti che specificano le istruzioni in questione. Si forma una specie di “bolla”, di dimensioni grosso modo corrispondenti a un gene. Un enzima (un tipo di proteina funzionale) speciale provvede a costruire su quello stampo denudato un filamento complementare di acido nucleico. La cosa funziona in modo similare al gioco del Lego. Fondamentale è il ruolo del suddetto enzima che si chiama “RNA-polimerasi “. La parola significa “enzima che produce sequenze di RNA”.


Come si nota dalla grafica qui sopra, l’RNA-polimerasi imbastisce un altro acido nucleico (nastro verde). In sostanza, dal DNA si passa all’RNA, senza perdita d’informazione. Cambiano le lettere usate per il codice, non però il contenuto. Chimicamente parlando, le lettere sono successivi nucleotidi . Una sequenza di nucleotidi viene insomma “trascritta” in un’altra sequenza di nucleotidi corrispondenti. Ma c’è una novità: l’RNA, la nuova sequela, ha una natura chimica un po’ diversa e va quindi incontro a una sorte diversa.
Prima di tutto, l’RNA così costruito, nucleotide dopo nucleotide, si stacca dalla bolla. Il DNA torna a richiudersi nella sua conformazione caratteristica a doppia elica. Il breve (rispetto al DNA) filamento di RNA è a quel punto indipendente; viene ripulito delle sequenze non codificanti e rimaneggiato. Questa fase è piuttosto intensa nelle cellule con nucleo, mentre in quelle batteriche lo è meno. Noi non entreremo ora in questi particolari.
Quello che occorre sapere è che dopo questi processi si ottiene un filamento di mRNA “maturo”, il nostro RNA-messaggero. Questo acido nucleico derivato dal DNA si chiama così, proprio perché porta il messaggio genetico fuori dal nucleo, verso il citoplasma. Il voluminoso DNA è destinato a restare nel nucleo, dove è protetto e dove viene duplicato a ogni divisione cellulare. L’mRNA può invece affrontare un viaggio avventuroso.
La figura sottostante illustra sinteticamente come l’mRNA, dopo aver attraversato la membrana nucleare, finisca nel citoplasma della cellula e si leghi a delle macchine che formano proteine, i ribosomi (si tratta di complessi molecolari misti, formati da un acido nucleico, ancora di tipo RNA, e una proteina). In figura sono rappresentati dai corpi tondeggianti rosa. Qui avviene la traduzione. In buona sostanza, per ogni tre lettere (tripletta di nucleotidi o “codone
“) dell’mRNA il ribosoma aggancia uno specifico amminoacido presente nel citoplasma (e derivato dagli alimenti). Interviene in questo processo di assemblaggio anche il tRNA (RNA di trasporto), ma non è il caso di dettagliare.
In buona sostanza, una sequenza polinucleotidica viene “tradotta” dal ribosoma in una polipeptidica. Quando quest’ultima è terminata, abbiamo la comparsa di una proteina completa che poi si ripiega per l’azione delle forze tra le sue porzioni molecolari e va con la sua configurazione caratteristica a svolgere il compito strutturale o funzionale assegnatole nell’organismo. La proteina, ricordiamolo, è specificata dal gene originario sul DNA. La proteina è la catena di perline viola in figura.


I processi di trascrizione e traduzione sono descritti qui in modo estremamante semplificato. Ma ci può bastare. A questo punto, prima di passare ai vaccini a mRNA, conviene spostare brevemente il discorso sul nostro microscopico nemico attuale: Sars-CoV-2 , cioè il particolare Coronavirus che ci rompe le scatole in questo momento. Esso è strutturalmente del tutto simile ad altri Coronavirus, ma le sue specificità biochimiche provocano patologie altrettanto specifiche negli umani (e in qualche animale).
Covid-19 non è affatto uno scherzo, come sappiamo. Specifico è anche modo di replicarsi del virus e, quindi, di danneggiare l’ospite. Tra l’altro, anche gli asintomatici possono accusare danni . Le problematiche di Covid-19 non sono ancora ben comprese. Ad esempio, contrariamente a quanto finora ipotizzato, il distress respiratorio (che può condurre a morte) non sembra dipendere dall’iperinfiammazione, cioè dalla più volte citata tempesta di citochine. Non esiste tutta questa correlazione supposta in una prima fase. Gli aspetti ignoti rendino sempre più impellente la profilassi vaccinale. Procediamo però con il ciclo virale.
Ci sono virus a DNA e a RNA, a filamento singolo o doppio (raro nel caso di RNA). Sars-CoV-2 è un virus a RNA singolo (a sviluppo polare positivo ). Le istruzioni contenute in questa molecola ereditaria, racchiusa nel capside della “bestiolina”, servono per costruire nuovi virus identici (salvo mutazioni accidentali), praticamente in batteria. Questa è una caratteristica di tutti i virus che, non essendo cellule che proliferano per duplicazione (come i batteri), si replicano montando i loro pezzi in sequenza ordinata. I modi in cui i virus lo fanno sono vari, ma hanno una caratteristica in comune: dipendono sempre e sistematicamente dal metabolismo della cellula invasa, dal suo materiale e dal suo controllo dell’informazione. Si potrebbe dire che i virus siano dei parassiti, ma non è del tutto corretto, poiché i virus a rigore non sono nemmeno sistemi viventi.
Lo schema qui sotto mostra come il nostro nemico si replichi, una volta penetrato nella cellula. Questo è quanto risulta dagli studi recenti effettuati. Apro una parentesi: mi si permetta di dire che oggi la scienza ha un potenziale d’introspezione formidabile (per velocità e completezza di acquisizione dei dati) il quale, oltre ad affascinare, ci aiuta ad attrezzare le nostre difese, proprio come con i vaccini. Restano naturalmente alcuni aspetti oscuri della replicazione del piccolo bastardo, ma quello che oggi è noto è già tantissimo. Vero è che questo virus assomiglia ad altri tipi analoghi già studiati, ma si tratta comunque di un sistema infettivo nuovo, totalmente sconosciuto fino a un anno fa. Complimenti alla ricerca. Chiusa parentesi.


I processi replicativi di Sars-CoV-2 sono piuttosto articolati, sviluppandosi sia lungo vie seriali che in parallelo. Qui ne vedremo solo una rappresentazione estremamente semplificata, non del tutto fedele ai singoli passaggi più dettagliati illustrati qui sopra.

Dopo l’aggangio del braccio del virus al recetture (ACE2) della cellula, il virus entra in quest’ultima e il suo genoma a RNA (la striscia raggomitolata in rosso scuro nella figura qui sopra) viene liberato nel citoplasma dove trova un ambiente ideale per svolgere alcuni primi passi. Due porzioni del genoma a RNA (ORF1a e ORF1b) vengono tradotti in due gruppi di poliproteine dai ribosomi della cellula. Le poliproteine sono macromolecole che, una volta tagliate, diventano proteine funzionali, ossia enzimi. In altre parole, il virus si fa da solo i suoi primi “apparecchietti”, ma pescando gli amminoacidi dal materiale cellulare. In effetti, una delle proteine così prodotte è la proteasi che taglia le altre poliproteine.

I vari enzimi che così derivano formano una macchina virale composita che agisce in modo preciso nel tempo e nello spazio. Tra di essi si riscontra una RNA-polimerasi, un enzima di cui abbiamo già detto. In questo caso, si tratta di una molecola che si costruisce il virus da solo, cioè non della RNA-polimerasi che usa la cellula per la sua sintesi proteica (fase di trascrizione). La RNA-polimerasi virale prende lo stampo a polarità positiva dell’RNA virale e ne produce uno corrispondente a polarità negativa (ma non dobbiamo focalizzarci su questo). Questa stringa negativa di codice genetico RNA viene poi ancora replicata in diverse copie, di nuovo positive, ma per singoli spezzoni (strisce Cap-An in figura). Viene anche realizzata una copia integrale dell’RNA originario del virus.

Il processo finisce nell’ambiente protetto del reticolo endoplasmatico della cellula (ER in figura). Qui dentro i diversi spezzoni separati di RNA vengono letti e tradotti in corrispondenti proteine. Si tratta delle proteine che compongono rispettivamente le spiche, la membrana, il capside e tutte le altre strutture componenti del virus. In pratica, vengono separatamente replicati tutti i pezzi di Sars-CoV-2: proteine componenti e RNA centrale. A questo punto il processo si sposta nel vicino apparato di Golgi della cellula. In esso avviene l’assemblaggio ordinato dei pezzi. Ecco che compaiono nuovi virus che abbandonano la cellula, pronti a invaderne altre. Brutta storia.
A questo punto possiamo passare al vaccino.
Dobbiamo osservare un fatto importante. Tra i vari spezzoni di RNA che il processo produce e poi porta nel reticolo endoplasmatico ce n’è uno che, come visto, codifica per la proteina della spica (spike) del virus. La spica è fondamentale per l’aggancio del virus al recettore della cellula. Questo mRNA viene letto dai ribosomi della cellula che lo traducono nella sintesi della proteina strutturale che forma appunto il braccio del piccolo bastardo. Ci sono poi altri mRNA, corrispondenti alle altre proteine del virus. Ma a noi interessa questo specifico mRNA. Perché? Beh, perché è quello utilizzato nel vaccino della Pfizer e di Moderna.
I ribosomi della cellula traducono in proteine ogni mRNA che trovano. Non stanno lì a vedere – si fa per dire – se quell’mRNA proviene dal nucleo della cellula, cioè dal DNA, o dall’esterno. Si mettono in funzione e basta. La conseguenza è che finiscono per sintetizzare porzioni del virus che poi si collegano a formare nuove unità deleterie. Sta proprio in questo il fascino oscuro dei virus: ingannano la cellula, un po’ come cavalli di Troia. E il vaccino? In un certo senso, anche questo inganna la cellula, ma in senso benigno.
Bisogna considerare che se la cellula esegue passivamente ordini anche deleteri, il sistema immunitario è invece una sentinella
che non si fa prendere per i fondelli. Possiamo dire ch’esso ha memoria del nostro DNA oppure si rende conto quando qualcosa di estraneo rompe le uova nel paniere. Pertanto, esso si accorge quando una proteina presente nell’organismo non deriva dall’organismo medesimo. Si dice che riconosce l’antigene. Ovviamente, si attrezza e cerca di fare fuori l’alieno. Lo può fare in diversi modi. Purtroppo, non sempre ci riesce. Nel caso di Covid-19 accade talvolta che reagisca troppo tardi o si attivi in modo inadeguato.
Qui si profila il trucco del vaccino: iniettiare nell’organismo solo l’mRNA che codifica per la proteina della spica. Si può fare, poiché della spica di Sars-CoV-2 (figura sotto) si sa praticamente tutto : struttura 3D, composizione chimica, codice genetico. Si sa anche come imbastire il corrispettivo mRNA. Che succede dopo l’iniezione di quell’mRNA nella cellula? Beh, è semplice: la cellula inizia a produrre la proteina della spica. Quest’ultima esce poi dalla cellula e finisce nello spazio infracellulare e nel circolo sanguigno. Il sistema immunitario riconosce che si tratta di materiale estraneo e inizia a produrre gli anticorpi neutralizzanti.

Non c’è il rischio che col vaccino si producano dei virus? No, perché è presente solo la proteina della spica, non anche gli altri pezzi del virus. La sola proteina dello spike alla cellula non fa sostanzialmente un baffo. Le proteine così sintetizzate vengono prima o poi smantellate dalle difese attive nel sangue o già dalla degradazione enzimatica presente nella cellula. Inoltre, va considerato che l’mRNA è di per sé una molecola piuttosto instabile, quindi non può permanere a lungo nell’organismo. L’RNA in generale è molto meno saldo del DNA. Se non si smonta da solo per via dell’agitazione termica presente nel citoplasma, viene degradato dagli enzimi della cellula, come capita all’mRNA costituzionale.
Le copie di mRNA introdotte restano comunque integre per un tempo sufficiente ad “allenare” il sistema immunitario a riconoscere l’antigene. Questo succede essenzialmente fuori dalla cellula. In questo contesto è importante il dosaggio del vaccino.
A queste considerazioni va aggiunto che l’mRNA introdotto dall’esterno col vaccino non può in alcun modo entrare nel nucleo della cellula, interferendo col codice ereditario dell’individuo. Come abbiamo visto, il processo di trascrizione del DNA prevede unidirezionalmente l’uscita dell’mRNA dal nucleo. Il viaggio inverso non avviene. Questo vale per qualunque mRNA, indipendentemente che derivi dal DNA o che sia inserito attraverso una profilassi vaccinale.

Persino se l’mRNA riuscisse a passare il limite del nucleo non potrebbe in alcun modo interferire col DNA. RNA e DNA sono molecoli affini, ma non sono la stessa molecola. RNA e DNA non possono interagire tra loro in assenza di appositi enzimi (come la RNA-polimerasi che abbiamo visto più sopra ma che opera a senso unico). Affinché un RNA possa modificare la nostra espressione genica dovrebbe essere trasformato a ritroso in DNA; e nella cellula non esiste un processo del genere.

Qualcosa del genere la fanno però alcuni virus, i retrovirus , questo sì. Ecco l’aspetto cui si accennava all’inizio della risposta. Si stima che l’1% del genoma umano derivi da sequenze retrovirali. Non è ancora del tutto escluso che Sars-CoV-2, attraverso le sue proteine, non compia anch’esso questi passaggi. La figura qui sotto rappresenta schematicamante il ciclo di un retrovirus che inserisce il proprio codice nel DNA dell’ospite che finisce così per esprimerlo.

Per completezza, vale la pena considerare anche che l’mRNA del vaccino è inglobato in microscopiche bolle di grasso formate da fosfolipidi , in modo che possa essere veicolato attraverso la membrana della cellula, pure composta di fosfolipidi. L’inglobamento assomiglia al fenomeno delle bolle di sapone che formano una coalescenza. Si tratta di vettori del tutto innocui. Senza di essi il frammento di mRNA non potrebbe entrare nella cellula ed essere tradotto nelle proteine dello spike.
Tutto questo costituisce un grande vantaggio, perché, non causa alcun problema alla cellula, ma quando giunge il patogeno reale il sistema immunitario ha già imparato a riconoscere una sua parte e la mette tempestivamente fuori uso, disattivando così anche il virus. Si tratta di un sistema intelligente di realizzazione piuttosto recente. Insomma, una furbata. Inoltre, la realizzazione dell’mRNA è molto più semplice e meno costosa che produrre virus inattivati o porzioni di virus. Si lascia il compito alla cellula.

Per la cronaca, il vaccino Oxford-AstraZeneca funziona anch’esso con riferimento alla spica di Sars-CoV-2, ma secondo uno schema differente . Qui i vettori delle istruzioni genetiche dello spike non sono particelle di grasso, ma un intero virus, per la precisione un adenovirus. Si usa un adenovirus che causa il raffreddore negli scimpanzé e che non risulta particolarmente pericoloso per gli umani, anche perché è indebolito. Nel suo codice, costituito da una doppia elica di DNA, viene incollata la sequenza precipua che codifica per il braccio di Sars-CoV-2. Naturalmente, anche in questo caso non sussistono timori per un’interferenza col DNA costituzionale della cellula ospite.

In conclusione, alcuni virus possono cambiare il nostro DNA, sfruttandolo per replicarsi, ma nessuno dei vaccini realizzati implica un pericolo di questo genere.

Facebooktwitterredditpinterestlinkedinmailby feather