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La crisi continua, come volevasi dimostrare

di Riccardo Realfonzo | 3 settembre 2013

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C’era chi, forse punito dal torrido sole agostano, già vedeva la ripresa per l’economia italiana. E tra questi certamente va annoverato il ministro Saccomanni. Ora arriva la doccia fredda. L’Ocse ci riporta con i piedi per terra, formulando una previsione di contrazione del Prodotto interno lordo italiano a fine anno di ben 1,8 punti percentuali rispetto al già drammatico 2012. Nell’ultimo rapporto, l’Ocse descrive una economia europea in fase congiunturale favorevole, in lieve ripresa, ma ancora esposta a gravi rischi per i consistenti squilibri interni e la debolezza del settore bancario. Ma in Italia, e il giudizio si può estendere all’insieme delle aree periferiche d’Europa, la congiuntura favorevole significa solo un minore ritmo di contrazione dell’economia. E infatti, anche nel terzo e nel quarto trimestre del 2013 l’andamento del Pil italiano registrerà il segno negativo. Altro che ripresa…

Ancora una volta, insomma, le previsioni governative, viziate dall’illusione che le politiche di austerità possano risultare espansive, sono erronee. Rispolveriamo la memoria. All’indomani della approvazione della “manovra salva-Italia” descritta come uno “sforzo per la salvezza e il rilancio del Paese”, nel dicembre 2011, il governo Monti prevedeva una caduta del Pil di un punto percentuale nel 2012 e una ripresa di mezzo punto per quest’anno, grazie all’impatto sulla crescita delle straordinarie riforme messe in atto. Ma lo stesso governo Monti fu costretto a tornare rapidamente sulle sue previsioni solo dopo pochi mesi, nel settembre del 2012 prendendo atto che la caduta della produzione nel 2012 avrebbe largamente superato il 2% e prevedendo per il 2013 una economia sostanzialmente invariata (-0,2%). La previsione contenuta invece nel Documento di Economia e Finanza approvato nell’aprile scorso rivede nuovamente i conti del 2013, formulando una previsione di riduzione del Pil dell’1,3%, ma promettendo per il 2014 una robusta ripresa, con un incremento del Pil di pari valore. Ed è su questi assunti – si badi bene – che il governo ha sin qui proceduto nell’esame delle manovre compatibili con gli equilibri di finanza pubblica, come ad esempio per ciò che riguarda l’IMU. Un esame che oggi si rivela, alla luce dei dati Ocse, del tutto ottimistico, da rifare, visto che il Pil dovrebbe cadere in misura ben maggiore a quanto previsto dal governo (quasi due punti) e che per il 2014 è del tutto illusorio ipotizzare una ripresa superiore al punto di Pil.

Dobbiamo stupirci per questi dati così negativi? Assolutamente no. Tutta quella parte dell’accademia italiana che rifiuta i dogmi e non subisce il fascino della dottrina neoliberista dell’“austerità espansiva” sin dal 2010 – quando circolò una “Lettera” sottoscritta da oltre 300 studiosi – ha chiarito che le politiche di austerità, con le quali si pretende di mettere in ordine la finanza pubblica dei paesi periferici d’Europa, sono come la classica cura che ammazza il cavallo. E poi i calcoli degli economisti keynesiani hanno colto perfettamente nel segno. Un anno fa – sulla base di modelli che assumevano valori opportuni degli effetti restrittivi delle politiche di austerità sulla domanda e dunque sul Pil (e cioè valori piuttosto elevati dei moltiplicatori delle politiche fiscali) – Roberto Romano ed io avevamo previsto per l’economia italiana una contrazione del Pil del 2% per il 2013. Come volevasi dimostrare.

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