I satelliti monitorano il comportamento imprevedibile dell’Etna

I satelliti monitorano il comportamento imprevedibile dell’Etna

Questa immagine, catturata il 2 aprile 2021 dalla missione Sentinel-2 di Copernicus, mostra l’ultima attività sull’Etna in Italia. L’immagine è stata elaborata utilizzando la banda infrarossa a onde corte della missione per mostrare l’attività in corso nel cratere. Si vedono pennacchi di fumo soffiare verso est verso il paese di Giarre. Credito: dati Copernicus Sentinel (2021), elaborati dall’ESA, CC BY-SA 3.0 IGO

L’Etna in Italia, il vulcano più attivo d’Europa, è stato recentemente in forma esplosiva, con 17 eruzioni in meno di tre mesi. Gli strumenti a bordo di tre diversi satelliti in orbita attorno alla Terra hanno acquisito immagini delle eruzioni, rivelando l’intensità degli episodi eruttivi di fontana di lava, noti come parossismi.

Situato sulla costa orientale della Sicilia, l’Etna è uno dei vulcani più attivi del mondo. Le sue eruzioni avvengono alla sommità dove sono presenti quattro crateri: la Voragine e la Bocca Nuova, formatesi rispettivamente nel 1945 e 1928, il Cratere di Nord-Est, il punto più alto dell’Etna (3330 m) e il Cratere di Sud-Est, che recentemente è stato il il più attivo dei quattro.

A partire da febbraio 2021, il cratere di sud-est ha prodotto una serie di intense fontane di lava colorando il cielo notturno in tonalità di arancione e rosso. Nel corso delle settimane successive, il vulcano ha prodotto fontane di lava che raggiungono un’altezza di 1,5 km.

Queste spettacolari esplosioni sono tra le più alte osservate nel cratere di sud-est negli ultimi decenni. In passato, le fontane di lava che raggiungevano la stessa altezza sono state osservate solo nel cratere della Voragine nel dicembre 2015 con fontane di lava di oltre 2000 m.

Diversi satelliti trasportano strumenti che possono fornire una ricchezza di informazioni complementari per comprendere le eruzioni vulcaniche . Una volta iniziata un’eruzione , gli strumenti ottici possono catturare i vari fenomeni ad essa associati, tra cui colate laviche, smottamenti, fessure del terreno e terremoti.

Le immagini sottostanti mostrano l’ultima attività svolta nel vulcano. Le immagini, catturate dalle missioni Copernicus Sentinel-2 e Sentinel-3, sono state elaborate utilizzando la banda a onde corte-infrarossi per mostrare l’attività in corso nel cratere . Si vedono pennacchi di fumo soffiare verso est verso il paese di Giarre.

Questa animazione di Copernicus Sentinel-2 mostra l’ultima attività che avrà luogo sull’Etna dal 16 febbraio 2021 al 2 aprile 2021. Credito: dati Copernicus Sentinel (2021), elaborati da ESA, CC BY-SA 3.0 IGO

I sensori atmosferici sui satelliti possono anche identificare i gas e gli aerosol rilasciati dall’eruzione, nonché quantificare il loro più ampio impatto ambientale. L’immagine sotto, catturata dal satellite Sentinel-5P di Copernicus, mostra le concentrazioni di anidride solforosa visibili viaggiando verso sud verso la Libia. L’anidride solforosa viene rilasciata da un vulcano quando il magma è relativamente vicino alla superficie.

Dopo circa una settimana di calma, il cratere di sud-est dell’Etna si è risvegliato la mattina del 31 marzo con una forte esplosione intorno alle 07:00 CEST, seguita da diversi sbuffi di cenere e lava.

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Il nuovo sistema di allarme vulcanico automatizzato prevede eruzioni imminenti

Il nuovo sistema di allarme vulcanico

automatizzato prevede eruzioni imminenti

Mount Etna Eruption on Jan. 12, 2011. Credit: gnuckx

Gli scienziati hanno sviluppato un sistema automatizzato di allarme rapido per le eruzioni vulcaniche, secondo un nuovo studio. Il nuovo sistema ha aiutato i funzionari del governo ad avvertire il pubblico di imminenti eruzioni in Italia e potrebbe potenzialmente fare lo stesso in tutto il mondo, secondo gli autori dello studio.

La ricerca nel Journal of Geophysical Research: Solid Earth , una rivista dell’American Geophysical Union, espone in dettaglio il nuovo sistema che monitora i rumori vulcanici e avvisa automaticamente i funzionari se un’eruzione è imminente. Gli autori dello studio hanno testato questo sistema per un periodo di otto anni sull’Etna. Utilizzando il nuovo sistema, il governo italiano ha attivato per la prima volta un piano di emergenza circa un’ora prima di un’eruzione alla fine del 2015.

La maggior parte dei circa 1.500 vulcani attivi in tutto il mondo non sono monitorati in tempo reale. Molti vulcani sono monitorati con metodi basati su onde sismiche, che sono vibrazioni degli strati terrestri che possono essere innescate da eruzioni. Ma le onde sismiche spesso non sono grandi nel distinguere esplosioni vulcaniche oltre ad altri processi, come movimenti interni di magma, terremoti o tempeste, hanno affermato gli autori dello studio. La maggior parte dei metodi richiede input da esperti del vulcano e gli allarmi vengono inviati solo dopo che i vulcani iniziano la fase eruttiva.

I piloti di aeromobili, ad esempio, dovrebbero conoscere le eruzioni vulcaniche il prima possibile, ha affermato Maurizio Ripepe, geofisico dell’Università di Firenze a Firenze e autore principale del nuovo studio. In diverse occasioni in passato, gli incontri di aerei con nuvole di cenere vulcanica hanno portato al guasto del motore.

“A volte decine di secondi possono salvare vite e ridurre i danni, come nel caso di un terremoto”, ha detto Ripepe. “La necessità è di avere qualcosa di automatico che possa essere utilizzato per accelerare la procedura per ridurre il rischio.”

I rumori vulcanici possono consentire l’emissione di allarmi precoci in modo rapido e affidabile, secondo Ripepe. I vulcani generano suoni a bassa frequenza non udibili dalle orecchie umane durante i loro processi di eruzione, e queste onde infrasoniche possono percorrere migliaia di chilometri e sono più strettamente correlate alle eruzioni vulcaniche rispetto alle onde sismiche, ha detto.

 

Italian seismologists have developed a new volcanic early warning system that monitors volcanic noises and automatically alerts officials if an eruption is imminent. The Italian government used the new system to activate an emergency plan about one hour prior to an eruption of Mount Etna in Sicily for the first time in late 2015.

This video shows thermal imagery of an explosive eruption that occurred at Mount Etna between 11:00 p.m. of December 3rd, 2015, and midnight of December 4th. The thermal images are synchronized with seismic tremors (upper panel) and infrasound (lower panel) generated by the volcano that the new system uses to deliver automated warnings to local officials.

The colored bands in the lower panel indicate when the pre-warning (orange) and the warning (red) have been automatically delivered. The pre-warning phase precedes the eruptive phase by almost one hour. The sound in the video reproduces the recorded infrasound, which is below the level of human hearing. The explosions from inside the crater generated the crackling sounds, which increase in rate as the eruption approaches.

Nel nuovo studio, i ricercatori hanno ascoltato i suoni prodotti dall’Etna per anni con array di sensori infrasonici posti a 6 chilometri (3,7 miglia) dal vulcano.

Hanno scoperto che i sensori a infrarossi possono identificare in modo affidabile i segnali di eruzione. Dal 2008 al 2016, i sensori hanno rilevato 57 di 59 eruzioni e inviato avvisi ai ricercatori circa un’ora prima di ogni eruzione.

“Quando abbiamo ottenuto questa percentuale di successo, [il Dipartimento della Protezione Civile italiana] ha deciso di utilizzarla come sistema operativo”, ha detto Ripepe. “Ora inviamo messaggi SMS ed e-mail alle autorità incaricate di avviare un piano di emergenza in caso di eruzione vulcanica.”

Il 4 dicembre 2015, un avviso è stato emesso automaticamente al governo italiano quasi due ore prima di un’eruzione, che ha permesso al governo di attivare piani di emergenza circa un’ora prima di un’eruzione vulcanica per la prima volta, ha detto Ripepe. Negli ultimi quattro anni, il sistema automatizzato è rimasto operativo nel monitoraggio dell’Etna e ha emesso avvisi senza errori.

Per estendere i benefici degli avvisi automatici al resto del mondo, i ricercatori devono studiare gli infrasuoni da altri tipi di vulcani. Le prime fasi di eruzione in Etna, che consentono avvisi anticipati, possono essere più brevi o completamente assenti nei vulcani con diverse dinamiche, secondo gli autori.

Un altro ostacolo al monitoraggio globale è l’area di copertura richiesta per monitorare tutti i vulcani attivi in ​​tutto il mondo, ma gli infrasuoni potrebbero offrire una soluzione, ha detto Ripepe.

L’idea di un sistema di allarme globale sarebbe quella di utilizzare array infrasonici per monitorare diversi vulcani contemporaneamente su lunghe distanze, ha detto Ripepe. Come primo passo, i ricercatori hanno studiato un array allestito a centinaia di chilometri di distanza dall’Etna. Hanno trovato queste misurazioni favorevoli e ora stanno studiando array fino a 1.000 chilometri (621.3 miglia) di distanza dal vulcano.

“Questo apre un nuovo modo di fare il monitoraggio dei vulcani su scala globale”, ha detto Ripepe.

 

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Le forze della rotazione terrestre possono provocare terremoti ed eruzioni vulcaniche sull’Etna

Le forze della rotazione terrestre

possono provocare terremoti ed eruzioni

vulcaniche sull’Etna

etna

Una nuova ricerca suggerisce che le forze che attirano la superficie terrestre mentre i giri del pianeta possono innescare terremoti ed eruzioni sui vulcani.

L’attività sismica e le esplosioni di magma vicino all’Etna sono aumentate quando l’asse di rotazione della Terra era più lontano dal suo asse geografico, secondo un nuovo studio che confrontava i cambiamenti nella rotazione terrestre con l’attività sul noto vulcano italiano.

La rotazione della Terra non si allinea sempre perfettamente con i suoi poli nord e sud. Invece, i poli geografici spesso ruotano come una cima attorno all’asse di rotazione terrestre se visti dallo spazio. Ogni 6,4 anni, gli assi si allineano e l’oscillazione si attenua per un breve periodo di tempo, fino a quando i poli geografici si allontanano dall’asse di rotazione e ricominciano a spirale.

Questo fenomeno, chiamato movimento polare, è guidato dai cambiamenti climatici dovuti a cambiamenti di stagione, fusione delle calotte polari o movimento delle placche tettoniche. Mentre il movimento polare fluttua, le forze che allontanano il pianeta dal sole si avvicinano alla crosta terrestre, proprio come le maree dovute all’attrazione gravitazionale del sole e della luna. La marea del movimento polare provoca la deformazione della crosta nell’arco di stagioni o anni. Questa distorsione è più forte a 45 gradi di latitudine, dove la crosta si sposta di circa 1 centimetro (0,4 pollici) all’anno.

Ora, un nuovo studio pubblicato sulla rivista Geophysical Research Letters dell’AGU suggerisce che il movimento polare e i successivi spostamenti nella crosta terrestre possono aumentare l’attività vulcanica.

“Trovo abbastanza interessante sapere che mentre il clima guida la rotazione terrestre, la sua rotazione può anche guidare vulcani e sismicità”, ha dichiarato Sébastien Lambert, geofisico dell’Osservatorio di Parigi in Francia e autore principale dello studio.

Le nuove scoperte, tuttavia, non consentono agli scienziati di prevedere l’attività vulcanica. Sebbene lo studio suggerisca che i terremoti potrebbero essere più comuni o che le eruzioni vulcaniche possano espellere più lava quando la distanza tra gli assi geografici e rotazionali della Terra è al suo apice, la scala temporale è troppo grande per previsioni significative a breve termine, secondo gli autori.

Ma i risultati indicano un concetto interessante. “È la prima volta che troviamo questa relazione in questa direzione dalla rotazione terrestre ai vulcani”, ha detto Lambert. “È un piccolo processo di eccitazione, ma se si accumula una piccola eccitazione per lungo tempo può portare a conseguenze misurabili.”

 

Polar motion describes the motion of the Earth’s spin axis (shown in orange) with respect to the geographic north and south poles (shown in blue). Over time, the geographic poles appear to spin away from the spin axis when viewed from space and then back again. Viewed from the perspective of someone on Earth, the spin axis instead appears to spiral away from the geographic poles and then spiral back. The motion of the spin pole with respect to the geographic poles fixed to the Earth’s crust is called polar motion. Note: The size and speed of the spiral are greatly exaggerated for clarity. Credit: NASA/GSFC Science Visualization Studio

Scuotendo la terra

Precedenti lavori hanno mostrato la durata di una giornata sulla Terra, che cambia in base alla velocità di rotazione della Terra, inoltre deforma la crosta e potrebbe influenzare il comportamento vulcanico. Nel nuovo studio, Lambert e il suo collega, Gianluca Sottili, un vulcanologo dell’Università Sapienza di Roma in Italia, volevano studiare la relazione tra moto polare e attività vulcanica.

Si sono concentrati sull’Etna perché il vulcano è ben studiato, il che significa che ci sono molti dati e si trova appena a sud di 45 gradi di latitudine. Non vi erano inoltre crisi vulcaniche fuori dall’ordinario sull’Etna durante il periodo di studio, che altrimenti avrebbero potuto mascherare il segnale dal moto polare.

Lambert e Sottili hanno usato le registrazioni sismiche di 11.263 terremoti avvenuti entro 43 chilometri (26.7 miglia) dalla vetta dell’Etna tra il 1999 e il 2019. Il team ha anche usato le registrazioni di quanto magma è esploso dal vulcano dal 1900. Hanno incluso 62 eruzioni nell’analisi , in base all’intervallo di tempo tra gli eventi.

La coppia ha quindi confrontato la distanza tra i poli geografici e rotazionali nel momento in cui si è verificato ciascun evento per determinare se l’attività vulcanica fosse collegata alla rotazione terrestre.

Lambert e Sottili scoprirono che c’erano più terremoti quando il polo di rotazione della Terra era più lontano dall’asse geografico, nel punto in cui la rotazione somigliava alla Terra quando sembra che stia per cadere. Tra il 1999 e il 2019, tali picchi si sono verificati nel 2002 e nel 2009. Un picco atteso nel 2015 non si è mai materializzato perché una delle oscillazioni che contribuiscono al movimento polare sta rallentando.

Il team ha anche scoperto un legame tra la quantità di magma espulsa durante un’eruzione. Il movimento polare sembra guidare le maggiori eruzioni dall’Etna, anche se in misura minore della sua attività sismica , secondo i ricercatori.

Esaminare i vulcani nell’Anello di Fuoco per vedere se la rotazione della Terra influisce sulla loro attività sarebbe sicuramente interessante, Sottili ha detto, che era l’autore senior dello studio. Anche espandersi su altri pianeti potrebbe aprire la visione degli scienziati su come le forze esterne abbiano un impatto sui vulcani in superficie, ha aggiunto.

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Attività sismica sull’Etna, per fare chiarezza

Boris Behncke.

“Per chiarire un po’ le cose sull’attività sismica nell’area etnea di questi giorni:

(1) Non c’entra niente, ma proprio assolutamente niente con l’attività sismica nel centro Italia. Siamo a centinaia di chilometri di distanza e in un ambiente geodinamico diverso. Il fatto che ci siano terremoti in centro Italia non cambia il rischio sismico da noi, non lo aumenta e non lo diminuisce. Il rischio sismico nella Sicilia orientale è spaventosamente alto e noi siamo altamente impreparati, e il tempo stringe per darci una mossa seria.

(2) L’Etna è un vulcano attivo, per chi non lo sapesse ancora, e ogni volta che non sta proprio eruttando, sta preparando la sua prossima attività. Le eruzioni dell’Etna possono avvenire in area sommitale e spesso i precursori delle eruzioni sommitali sono estremamente sottili, perché i condotti sono sostanzialmente aperti (anche se a volte superficialmente otturati) e il magma in risalita non deve fare molto sforzo e rompere rocce lungo il suo percorso. Altre eruzioni accadono, ad intervalli molto irregolari (che durano da pochi mesi a molti decenni), sui fianchi dell’Etna, e quelle a quote più basse sono quelle potenzialmente più distruttive, perché le loro colate laviche possono raggiungere zone popolate. Queste eruzioni sono praticamente sempre precedute da segnali premonitori piuttosto evidenti. Soprattutto nelle ultime ore/negli ultimi giorni prima dell’eruzione ci sono tipicamente centinaia se non migliaia di terremoti di bassa magnitudo ma in parte anche percepibili. Per citare alcuni esempi molto classici, l’eruzione di marzo 1981 sul fianco nord-nordovest (detta “eruzione di Randazzo”) e quella di luglio-agosto 2001 sul versante meridionale. Tali terremoti sono provocati dal magma che spinge come un cuneo fratturando rocce ed aprendo una frattura (un cosiddetto “dicco”) nel fianco.

(3) Oltre ai terremoti prodotti dall’intrusione di un dicco, ci sono anche altri terremoti, che avvengono lungo le numerose faglie che tagliano i versanti dell’Etna soprattutto nei settori orientale e meridionale. Questi accadono quando il vulcano si ricarica, si gonfia e si pressurizza, a volte aiuta anche lo spostamento del fianco orientale della montagna sotto la forza gravitativa. I recenti terremoti etnei sono di quest’ultimo tipo, e quindi prodotti dal processo di ricarica del vulcano, e sono fenomeni totalmente normali nella dinamica dell’Etna. Nei decenni passati eventi anche più forti sono stati molto frequenti – ricordiamo le sequenze sismiche del 1984 nell’area Zafferana-Fleri, del 1985-1986 a Piano Provenzana e sul fianco orientale, e del 2002-2010 nelle medesime zone.

(4) Le piccole scosse non sono pericolose. Quindi, non vi preoccupate di terremotini di magnitudo 2-3. Quel che c’è da temere, e questo non solo ora ma sempre, è un terremoto di magnitudo ben oltre 6. Un tale terremoto non sarebbe prodotto dalla dinamica dell’Etna, ma da uno spostamento lungo una delle grandi faglie regionali che tagliano la crosta terrestre nella parte ionica della Sicilia (tipo 1693). Non si può dire quando e dove esattamente, e con quale magnitudo accadrà il prossimo terremoto maggiore, ma è sicuro che accadrà. Se facciamo presto a cambiare atteggiamento, ad unirci e a pretendere edifici antisismici, a fare del tutto per mettere in sicurezza il patrimonio edilizio in Sicilia, potremmo ridurne drasticamente l’impatto.

(5) Non chiedete quindi se a causa dei piccoli terremoti di questi giorni c’è da preoccuparsi, ci sarebbe da preoccuparsi anche se non ci fossero questi piccoli terremoti; non chiedete se sono causati dall’uomo (trivelle, HAARP, scie chimiche, vaccinazioni e quant’altro), perché non è così; non chiedete se le “previsioni” di determinati ciarlatani ben conosciuti sono attendibili (non lo sono; di previsioni in questi giorni ne hanno girato tante e nessuno dei terremoti “previsti” è avvenuto).”

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Eruzioni Etna. Parossismi, spettacolo e timori. Risponde l’esperto.

 Eruzioni Etna.

Parossismi, spettacolo e timori.

Articolo originale su  MeteoWeb

Mt_Etna

L’Etna continua a dare spettacolo con le sue affascinanti eruzioni che anche in questo 2013 stanno regalando momenti di grande entusiasmo a tutti gli appassionati, nonostante l’apprensione per la “pioggia nera” di cenere vulcanica che rappresenta l’unico problema legato a questo tipo di eruzioni parossistiche.

Per fare il punto della situazione sulle condizioni del vulcano, abbiamo intervistato il dott. Salvatore Caffo, esperto vulcanologo e dirigente dell’Unità Operativa di Vulcanologia dell’Ente Parco dell’Etna.

L’Etna sta dando grande spettacolo di recente con numerosi eventi eruttivi particolarmente intensi e spettacolari. Come possiamo inquadrare questi parossismi? Di che tipo di attività si tratta?

“Come ben sappiamo l’Etna non è nuova a simili spettacoli e con il parossismo di oggi, siamo al 20° evento per il 2013 e certamente non possiamo escluderne altri, anzi appare altamente probabile la riproposizione di eventi eruttivi della stessa natura di quelli sin qui osservati. L’Etna ha conosciuto cicli eruttivi culminati in attività violentemente esplosive che hanno condizionato la vita delle popolazioni residenti alle sue pendici, ma pur nella loro eccezionalità, non possono essere disgiunte dalle complesse e variabili fenomenologie termodinamiche occorse negli anni precedenti sull’Etna, poco rispondente alla storia geodinamica del complesso poligenico etneo e nello stesso tempo, ci devono far riflettere circa il nostro rapporto con il territorio. Ricordiamoci che è l’Etna a stabilire le Regole del gioco. Il vulcanismo è un fenomeno a scala planetaria che le testimonianze geologiche ci dicono essere presente e attivo da miliardi di anni. Tale imponente fenomeno naturale ha enormemente contribuito e continua a farlo a modificare la superficie rugosa del nostro pianeta e consiste nel trasferimento d’immense quantità di energia e materia dall’interno del pianeta fino alla sua superficie attraverso continui processi di fusione parziale del mantello superiore terrestre. Qualsiasi attività vulcanica, parossistica o di modesta entità, è dovuta direttamente o indirettamente alla liberazione più o meno violenta dei gas disciolti molecolarmente nel magma. Il modo in cui si manifesta la separazione della fase gassosa dal resto della massa silicatica fusa, è funzione della viscosità del magma e delle condizioni geodinamiche che determinano la sua ascesa.

Durante le fasi di quieto degassamento dai crateri sommitali, regime che tipicamente caratterizza l’Etna nell’attività definita persistente, si registra un segnale sismico di bassa intensità (tremore vulcanico) determinato dall’azione meccanica delle bolle di gas che si liberano in corrispondenza della sommità della colonna magmatica. Si tratta di un segnale sismico piuttosto complesso caratterizzato da basse frequenze, generalmente inferiori ai 6 Hz e da ampiezze variabili in relazione allo stato di turbolenza dinamica dei gas all’interno dei condotti vulcanici. Se l’equilibrio termodinamico viene perturbato da una modificazione interna al sistema magmatico o in seguito all’apertura di fratture profonde o per ragioni legate alla tettonica regionale, una quantità enorme di bolle di gas (Slug), tenderanno a occupare l’intera sezione dei condotti craterici e porteranno alla risalita di magma lungo gli stessi, creando le condizioni per l’innesco di un nuovo evento vulcanico. La liberazione in superficie di questi Slug genera dei momentanei e successivi incrementi nell’ampiezza del tremore vulcanico, segno dello stato di turbolenza dei gas, che, in superficie daranno origine ad attività stromboliana di crescente intensità, frequentemente accompagnata dall’emissione di fontane di lava, che possono raggiungere diverse centinaia di metri in altezza, e dal lancio di materiali solidi quali blocchi e bombe vulcaniche. Il tremore vulcanico e specificatamente la frequenza del tremore vulcanico, è un utile indicatore sismologico che consente l’interpretazione di attività eruttive, violentemente esplosive in funzione dello stato di agitazione magmatica all’interno delle porzioni sommitali del vulcano e, in tal senso è validamente applicato per la previsione a breve termine di parossismi eruttivi di tipo sommitale ma anche di tipo laterale”.

Cosa ci si attende sul futuro (più immediato e anche più lontano) dell’attività eruttiva dell’Etna?

“In un mio articolo pubblicato sul bollettino trimestrale dell’Ente Parco dell’Etna, il n. 37 del settembre 2011 consultabile nel sito ufficiale del Parco all’indirizzo: http://www.parcoetna.it/bollettini.aspx, affermavo che numerosi studi e ricerche, effettuate nel corso di molti anni da parte di geofisici e vulcanologi e mirati a una migliore conoscenza sia della struttura interna del sistema vulcanico dell’Etna sia dei fenomeni precursori delle eruzioni, hanno consentito di stabilire che nel tempo ci si dovrà attendere una maggiore frequenza di fenomeni eruttivi ma non, come molti pensano, a una variazione del chimismo dei magmi e conseguentemente a una maggiore “esplosività” dell’Etna, bensì alla normale evoluzione dell’attività vulcanica”.

Come mai, da più anni, i parossismi si susseguono a breve distanza da settembre ad aprile per interrompersi nella stagione estiva? C’è un aspetto “stagionale” di questo tipo di attività?

“Non esistono studi scientifici che confermino una correlazione tra la posizione astronomica della Terra e conseguentemente con una ben precisa stagione e le sue condizioni meteorologiche e gli eventi parossistici o più in generale le attività vulcaniche. Gli eventi eruttivi parossistici occorsi negli ultimi anni e dei quali abbiamo ampiamente conosciuto ogni dettaglio attraverso le puntuali descrizioni operate dai ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia attraverso i loro rapporti scientifici, e attraverso gli ampi servizi giornalistici presenti sui media e non ultimo con i social network, si sono registrati in ogni mese e stagione dell’anno. A titolo di esempio, nel 2011 tra i diciotto parossismi che si sono sviluppati durante tutto l’anno, ben dieci si sono registrati nella stagione estiva tra il 9 luglio e il 19 settembre”.

Come sta “cambiando” a livello geografico il vulcano, soprattutto nella zona del Nuovo Cratere di Sud/Est?

“Sappiamo dagli studi geologici che l’Etna si è sviluppata, modificata, distrutta e ricostruita attraverso una molteplicità di eventi geologici e vulcanologici che si sono succeduti nel corso di molte decine di migliaia di anni. Questa speciale “finestra astenosferica” rappresenta una “risposta” al complesso processo di convergenza litosferica tra la placca africana a Sud e quella euroasiatica a Nord e ai molteplici eventi geodinamici che hanno caratterizzato il bacino del mediterraneo. Le migliaia di colate di lava, le immense quantità di scorie, lapilli, ceneri e tufi emesse nel corso dell’incessante attività vulcanica di questa straordinaria macchina termodinamica naturale, hanno distrutto e in alcuni casi sigillato o semplicemente nascosto per sovrapposizione stratigrafica, i resti dei vari centri eruttivi preesistenti.La genesi e la successiva evoluzione morfologica e strutturale dell’imponente cono di scorie impiantato sul fianco orientale del Cratere sub terminale di Sudest, fino a eguagliarne l’altezza, ha avuto inizio il 6 novembre 2009, quando nella parte orientale del C.S.E. si formava un cratere pozzo, noto ai più come Pit-Crater. Adesso, considerando anche il ritmo di accrescimento è, come ben dice il collega Borìs Bencke, il cono vulcanico che cresce più velocemente al mondo”.

Di recente s’è attivato dopo molti anni anche il cratere centrale: come mai? Cosa ci si può attendere?

“Non soltanto il Cratere Centrale anche il Cratere di Nord Est e la Bocca nuova sono stati interessati da attività nel corso di alcuni episodi parossistici e ciò è da mettere in relazione sia alla dinamica della risalita e messa in posto dei prodotti vulcanici sia alla geometria dei condotti che nel corso delle varie e complesse fenomenologie occorse negli ultimi anni e mesi, hanno subito profonde modificazioni, consentendo la riattivazione dei crateri. Ovviamente ciò dimostra semplicemente l’evoluzione strutturale dei Crateri sommitali in seguito all’attività vulcanica”.

Le ultime 3 eruzioni hanno sprigionato più energia rispetto alle precedenti: è una casualità, o l’attività si sta intensificando?

“La lava, rappresenta il prodotto finale di un lungo processo svoltosi all’interno del nostro pianeta e che durante un’eruzione può risalire verso la superficie in tempi che variano da poche ore a molti anni, subendo nello stesso tempo un vero e proprio processo di distillazione per differenziazione magmatica che produce magmi di composizione chimica e mineralogica assai differente rispetto al magma capostipite. Le numerose analisi di natura petrochimica condotte dagli scienziati dell’Università degli Studi di Catania e dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, non mostrano variazioni indicative nella composizione dei magmi che possano giustificare una modificazione in senso stretto dell’attività eruttiva dell’Etna verso una maggiore esplosività. Diciamo che le rocce di natura basaltica latu sensu, sono sostanzialmente sempre le stesse da moltissimo tempo. La minore o maggiore esplosività delle eruzioni dipende da numerosi fattori, tra i quali l’altezza della colonna magmatica all’interno dei condotti di risalita e soprattutto dalla quantità di gas contenuto nel magma e in particolare dall’acqua presente a livello molecolare. Affinché il magma possa essere frammentato in misura rilevante, le bolle di gas, dovranno occupare la gran parte del volume della massa magmatica che risale verso la superficie. L’intensità delle esplosioni dipenderà dalle dimensioni delle bolle gassose, sviluppate all’interno del magma in ragione del suo grado di cristallizzazione. Se il magma risale meno velocemente rispetto alle bolle gassose, aumenterà la possibilità che si formino miscele di bolle gassose di grandi dimensioni che si svolgeranno violentemente dando luogo a esplosioni di notevole intensità. La riproposizione di episodi esplosivi con una frequenza che negli ultimi anni ha raggiunto valori molto elevati pur nella eccezionalità e naturalità degli eventi, rientra nella dinamica evolutiva dell’Etna ma ci esorta a non sottovalutare il potenziale pericolo di una non corretta pianificazione territoriale”.

Durante gli ultimi eventi eruttivi, addirittura fino alla Calabria centrale (Lamezia Terme, Vibo Valentia, Siderno, Roccella, oltre a Reggio) hanno avvertito fortemente i boati del vulcano e i tremori del suolo, tanto che in alcune località la gente è scappata dalle case in piena notte pensando che fosse un terremoto. Come mai? A cos’è dovuto il prorogarsi di tremori e boati? Sono caratteristiche ben note agli abitanti della zona etnea, ma molto più rari e insoliti per i calabresi, soprattutto a grande distanza.

“La liberazione violenta dei gas ad altissima temperatura dai condotti craterici, provoca l’improvvisa espansione termica dell’aria a una velocità superiore a quella del suono mediamente pari a circa 335 metri al secondo con la produzione di onde elastiche di compressione e di dilatazione (onda d’urto) che generano boati simili a quelli provocati da esplosioni. Questi ultimi, in funzione della frequenza e della propagazione delle onde sonore sono avvertiti dall’Uomo anche a grandi distanze e provocano il classico tintinnìo dei vetri. Sappiamo dalla fisica che la propagazione delle onde sonore, subisce fenomeni di attenuazione correlati alla presenza di ostacoli morfologici, alla presenza di vegetazione, alla temperatura e umidità dell’aria, alla direzione dei venti … La grande distanza alla quale sono stati uditi i boati dell’Etna, può essere spiegata dalla misura della pressione sonora, attraverso una stazione scientifica allocata a circa 4500 metri di distanza dal Cratere di Sudest. Durante gli ultimi episodi parossistici, sono stati rilevati livelli di pressione sonora superiori ai sessanta Pascal che per frequenza e intensità spiegano la percezione dei boati a così grande distanza. Basti pensare che un martello pneumatico posto a un metro di distanza, produce una pressione sonora di due Pascal”.

Gli unici disagi provocati da queste eruzioni sono legati alla “pioggia nera” della cenere che cade al suolo e in alcuni casi può anche compromettere il traffico aereo. Quindi possiamo parlare di questi eventi come un grande spettacolo della natura, prevalentemente innocui, ma fondamentali per gli studi e le ricerche di voi vulcanologi esperti del settore?

“Non c’è dubbio che questi fenomeni rappresentano uno dei più affascinanti e selvaggi fenomeni naturali e consentono ai vulcanologi di acquisire fondamentali dati per la comprensione della dinamica planetaria tuttavia, non intendo sottrarmi alla sua domanda e preliminarmente vorrei esprimere la mia vicinanza e stima alle popolazioni dell’Etna che da diverso tempo si trovano a dover fronteggiare quest’emergenza dovuta all’incessante e ciclica attività eruttiva dell’Etna che ha prodotto centinaia di milioni di tonnellate di scorie, lapilli e ceneri che tanti e gravi disagi stanno arrecando alle colture e alle innumerevoli attività antropiche”.
“Non c’è dubbio che il problema esiste e trovare la soluzione tocca a noi al limite ripensando al nostro modello di sviluppo urbanistico che stride fortemente in taluni casi con la plurimillenaria attività delle popolazioni che convivendo con questa “Montagna di Fuoco”, ne hanno modellato l’ambiente al punto da creare nuovi paesaggi umanizzati, sviluppatisi prevalentemente intorno all’agricoltura e all’allevamento e lasciando un’impronta indelebile, rappresentata da costruzioni di pregevolissima fattura in centri urbani antichi o in nuclei sparsi di case e casudde in pietra o in case padronali e contadine, complete di cantine e palmenti in un territorio caratterizzato da strade in basolato lavico, muri a secco, terrazzamenti. Oggi, non è più così! Abbiamo spesso costruito senza tenere conto non solo della situazione ambientale e paesaggistica ma senza tenere in alcuna considerazione fenomenologie che dimentichiamo si sono sempre avute in questi luoghi e richiedono un diverso modo di costruire”.
“Le grondaie dovrebbero essere per quanto possibili autopulenti o fatte in modo da evitare il rischio di occlusione, i tetti delle case costruiti in modo da evitarne il sovraccarico statico in seguito all’accumulo delle scorie, le canalette di scolo delle strade riprogettate e dimensionate alla fenomenologia che non può più essere ignorata. In altre parole, siccome non possiamo spostare i paesi, serve un nuovo approccio urbanistico al fenomeno naturale che impatta fortemente con le nostre vite. Occorre un cambio culturale che ci consenta di adattarci alle necessità imposte dalle Leggi della Natura e conseguentemente, una politica che s’interessi al territorio anche attraverso una pianificazione basata se del caso sulla decostruzione, laddove possibile. E’ opportuno che si prevedano nei P.R.G. delle aree di conferimento delle scorie e ceneri per non lasciare i piccoli comuni ad affrontare da soli questo problema. Non possiamo sottacere che dei Vulcani siamo soliti vedere soltanto gli aspetti negativi quando subiamo le conseguenze della loro attività, eppure, il “fuoco” primitivo, altrimenti inaccessibile, intrappolato nelle profondità della Terra che durante le eruzioni si affaccia alla superficie del globo portando all’accrescimento della crosta solida sopra il mantello e alla successiva e conseguente formazione dell’atmosfera e dell’idrosfera, culmina nello sviluppo della biosfera e in ultima analisi alla stessa vita. Si deve ai Vulcani se esiste la biodiversità!”Facebooktwitterlinkedininstagramflickrfoursquaremailby feather