Il monito degli economisti. Collasso Europa Tutto previsto.

Il monito degli economisti.

Collasso Europa Tutto previsto.

fonte: economia e politica

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Il monito degli economisti
Financial Times, 23 settembre 2013

ECCO COSA SI DICEVA GIA’ ALLORA:

La crisi economica in Europa continua a distruggere posti di lavoro. Alla fine del 2013 i disoccupati saranno 19 milioni nella sola zona euro, oltre 7 milioni in più rispetto al 2008: un incremento che non ha precedenti dal secondo dopoguerra e che proseguirà anche nel 2014. La crisi occupazionale affligge soprattutto i paesi periferici dell’Unione monetaria europea, dove si verifica anche un aumento eccezionale delle sofferenze bancarie e dei fallimenti aziendali; la Germania e gli altri paesi centrali dell’eurozona hanno invece visto crescere i livelli di occupazione. Il carattere asimmetrico della crisi è una delle cause dell’attuale stallo politico europeo e dell’imbarazzante susseguirsi di vertici dai quali scaturiscono provvedimenti palesemente inadeguati a contrastare i processi di divergenza in corso. Una ignavia politica che può sembrare giustificata nelle fasi meno aspre del ciclo e di calma apparente sui mercati finanziari, ma che a lungo andare avrà le più gravi conseguenze.
Come una parte della comunità accademica aveva previsto, la crisi sta rivelando una serie di contraddizioni nell’assetto istituzionale e politico dell’Unione monetaria europea. Le autorità europee hanno compiuto scelte che, contrariamente agli annunci, hanno contribuito all’inasprimento della recessione e all’ampliamento dei divari tra i paesi membri dell’Unione. Nel giugno 2010, ai primi segni di crisi dell’eurozona, una lettera sottoscritta da trecento economisti lanciò un allarme sui pericoli insiti nelle politiche di “austerità”: tali politiche avrebbero ulteriormente depresso l’occupazione e i redditi, rendendo ancora più difficili i rimborsi dei debiti, pubblici e privati. Quell’allarme rimase tuttavia inascoltato. Le autorità europee preferirono aderire alla fantasiosa dottrina dell’“austerità espansiva”, secondo cui le restrizioni dei bilanci pubblici avrebbero ripristinato la fiducia dei mercati sulla solvibilità dei paesi dell’Unione, favorendo così la diminuzione dei tassi d’interesse e la ripresa economica. Come ormai rileva anche il Fondo Monetario Internazionale, oggi sappiamo che in realtà le politiche di austerity hanno accentuato la crisi, provocando un tracollo dei redditi superiore alle attese prevalenti. Gli stessi fautori della “austerità espansiva” adesso riconoscono i loro sbagli, ma il disastro è in larga misura già compiuto.
C’è tuttavia un nuovo errore che le autorità europee stanno commettendo. Esse appaiono persuase dall’idea che i paesi periferici dell’Unione potrebbero risolvere i loro problemi  attraverso le cosiddette “riforme strutturali”. Tali riforme dovrebbero ridurre i costi e i prezzi, aumentare la competitività e favorire quindi una ripresa trainata dalle esportazioni e una riduzione dei debiti verso l’estero. Questa tesi coglie alcuni problemi reali, ma è illusorio pensare che la soluzione prospettata possa salvaguardare l’unità europea. Le politiche deflattive praticate in Germania e altrove per accrescere l’avanzo commerciale hanno contribuito per anni, assieme ad altri fattori, all’accumulo di enormi squilibri nei rapporti di debito e credito tra i paesi della zona euro. Il riassorbimento di tali squilibri richiederebbe un’azione coordinata da parte di tutti i membri dell’Unione. Pensare che i soli paesi periferici debbano farsi carico del problema significa pretendere da questi una caduta dei salari e dei prezzi di tale portata da determinare un crollo ancora più accentuato dei redditi e una violenta deflazione da debiti, con il rischio concreto di nuove crisi bancarie e di una desertificazione produttiva di intere regioni europee.
Nel 1919 John Maynard Keynes contestò il Trattato di Versailles con parole lungimiranti: «Se diamo per scontata la convinzione che la Germania debba esser tenuta in miseria, i suoi figli rimanere nella fame e nell’indigenza […], se miriamo deliberatamente alla umiliazione dell’Europa centrale, oso farmi profeta, la vendetta non tarderà». Sia pure a parti invertite, con i paesi periferici al tracollo e la Germania in posizione di relativo vantaggio, la crisi attuale presenta più di una analogia con quella tremenda fase storica, che creò i presupposti per l’ascesa del nazismo e la seconda guerra mondiale. Ma la memoria di quegli anni sembra persa: le autorità tedesche e gli altri governi europei stanno ripetendo errori speculari a quelli commessi allora. Questa miopia, in ultima istanza, è la causa principale delle ondate di irrazionalismo che stanno investendo l’Europa, dalle ingenue apologie del cambio flessibile quale panacea di ogni male fino ai più inquietanti sussulti di propagandismo ultranazionalista e xenofobo.
Occorre esser consapevoli che proseguendo con le politiche di “austerità” e affidando il riequilibrio alle sole “riforme strutturali”, il destino dell’euro sarà segnato: l’esperienza della moneta unica si esaurirà, con ripercussioni sulla tenuta del mercato unico europeo. In assenza di condizioni per una riforma del sistema finanziario e della politica monetaria e fiscale che dia vita a un piano di rilancio degli investimenti pubblici e privati, contrasti le sperequazioni tra i redditi e tra i territori e risollevi l’occupazione nelle periferie dell’Unione, ai decisori politici non resterà altro che una scelta cruciale tra modalità alternative di uscita dall’euro.
ED ECCOCI ANCORA PRIMA ALLA LETTERA DEGLI ECONOMISTI
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Più chiaro di così ? Di Battista le canta a Renzi

Più chiaro di così ?

Di Battista le canta a Renzi

Chiaro, semplice, schietto, comprensibile. Fioccheranno querele ? Dovranno dimostrare di avere ragione. Impresa alquanto ardua. Anzi, dovrebbero essere denunciati per alto tradimento. Ecco l’intervento di Alessandro Di Battista in Parlamenbto contro la scelleratezza e le bugie di una classe governante senza vergogna e Renzi.

Inutile ogni commento.

 

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Il crollo delle banche italiane rischia di far precipitare il sistema finanziario europeo nel caos

Il crollo delle banche italiane

rischia di far precipitare il sistema finanziario europeo nel caos

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Il sistema bancario italiano è una “torre pendente”, che davvero potrebbe completamente crollare da un momento all’altro letteralmente. E mentre le banche italiane cominciano ad andare giù come nel domino, si sta per scatenare il panico finanziario in tutta Europa diverso da qualsiasi cosa abbiamo mai visto sin ora. Da gennaio ad oggi la crisi è aumentata. A questo punto, i titoli bancari italiani sono diminuiti di un enorme 28 per cento dall’inizio del 2016 e se si guarda ad alcune delle più grandi banche italiane, i numeri diventano ancora più spaventosi. Le azioni di Monte dei Paschi sono diminuite del 4,7 per cento, e ora hanno crollate del 56 per cento dall’inizio dell’anno. Le azioni di Carige sono diminuite dell’8 per cento, e ora sono arrivate al 58 per cento dall’inizio dell’anno. Questo è certamente quella che sembra una crisi finanziaria, e proprio come stiamo vedendo in Sud America , i problemi in Italia sembrano essere significativamente accelerati.

Quindi, cosa è che rende l’Italia così importante?

Bene, abbiamo visto tutti quanto sia stato difficile per il resto d’Europa trovare un piano per salvare la Grecia. Ma la Grecia è relativamente piccola.  hanno solo il 44 ° posto tra le economie del mondo.

L’economia italiana è molto più grande. L’Italia ha l’8 ° nell grande economia del mondo, e il  debito pubblico in rapporto al PIL è attualmente assestato a circa il 132 per cento.

L’Europa non ha le risorse o la capacità di gestire un crollo completo del sistema finanziario italiano. Purtroppo, questo è esattamente ciò che sta accadendo. Le banche italiane stanno assolutamente annegando in sofferenze,  come ha notato Jeffrey Moore . E questo rappresenta potenzialmente “la più grande minaccia per il sistema finanziario già gravato del mondo” …

Le azioni delle più grandi istituzioni finanziarie italiane sono crollate nei mesi iniziali del 2016  ed i crediti inesigibili nei loro bilanci diventano troppo alti per essere ignorati. In mezzo a tutti i rischi che affrontano i membri dell’UE nel 2016, il rischio di contagio da banche in difficoltà in Italia pone la più grande minaccia per il sistema finanziario più gravato del mondo.

Al centro della questione è il livello di Non Performing Loans (NPL) sui libri delle banche, con stime che vanno dal 17% al 21% del totale degli impieghi. Ciò equivale a circa 200 miliardi di € di NPL , o 12% del Pil in Italia. Inoltre, in alcuni casi, le sofferenze costituiscono un allarmante 30% dei bilanci delle singole banche.

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Le cose sono già così malmesse che la Banca centrale europea è ormai in continuo monitoraggio dei livelli di liquidità sia di Monte dei Paschi e Carige su base giornaliera. Ecco da Reuters …

La Banca centrale europea sta controllando i livelli di liquidità in un certo numero di banche italiane, tra cui Banca Carige e Monte dei Paschi di Siena, su base giornaliera, come asserito da fonti vicine alla vicenda .

I  titoli bancari italiani hanno registrato un netto calo da inizio anno provocando le preoccupazioni del mercato sui circa 360 miliardi di euro di prestiti in sofferenza sui loro libri contabili e livelli di capitale deboli.

La BCE ha messo pressione su diverse banche italiane per migliorare la loro posizione di capitale. Il regolatore può decidere di monitorare i livelli di liquidità presso qualsiasi banca che vigila su base settimanale o giornaliera se ha qualche preoccupazione per depositi o fondi.

Una corsa sulle grandi banche italiane è già iniziata. Gli italianihanno già tranquillamente tirato miliardi di euro fuori del sistema bancario e se queste banche continuano a crollare questo “run stealth” potrebbe diventare rapidamente una fuga precipitosa.
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E naturalmente il panico in Italia si diffonderebbe rapidamente ad altri membri finanziariamente in difficoltà della zona euro, come la Spagna, il Portogallo, Grecia e Francia. Ecco alcuni ulteriori analisi da Jeffrey Moore …

Un deterioramento della crisi finanziaria in Italia potrebbe avere forti ripercussioni in tutta l’UE in modo esponenziale superiori a quelle stimolate dalla Grecia. Gli effetti a catena di turbolenze di mercato  potrebbe innescare vulnerabilità finanziarie ancora più latenti in fragili  membri dell’UE, come la Spagna e il Portogallo.

Purtroppo, la maggior parte degli americani sono completamente accecati di quello che sta succedendo nel resto del mondo, perché le scorte negli Stati Uniti hanno avuto una buona corsa da un paio di settimane. Notizie dichiarano che il rischio di una nuova recessione “è passato”, e che la crisi “è finita”. Nel frattempo, il Sud America sta affondando in una depressione vera e propria , il sistema bancario italiano si sta sciogliendo verso il basso, i numeri di produzione globale sono i peggiori che abbiamo visto dal momento dell’ultima recessione ed il commercio globale è assolutamente in fase di implosione .

Così, godetevi i giorni rimanenti della prosperità del debito-alimentato, mentre è ancora possibile, perché il grande cambiamento sta arrivando e  sta per essere estremamente amaro per la maggior parte della popolazione.

 

 

 

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L’Antitrust dà ragione a Patamu: questo monopolio SIAE non s’ha da fare

L’Antitrust dà ragione a Patamu: questo monopolio SIAE non s’ha da fare

Adriano Bonforti

Roma, Italia
patamu

7 giu 2016 — Cari firmatari,
come sapete da tempo portiamo avanti diverse iniziative contro il monopolio SIAE, caso ormai unico in Europa, che va in contrasto con le norme del libero mercato e della libera circolazione dei servizi.
Tra le nostre iniziative, la petizione change.org/aboliamomonopoliosiae, una lettera aperta al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo Dario Franceschini, e un esposto all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM, detta anche Antitrust) per violazione delle norme sul libero mercato.

Finalmente, a pochissimi giorni dalla votazione in Senato per la ricezione in Italia della direttiva europea Barnier, l’AGCM si è pronunciata sulla questione, presentando ai Presidenti di Camera, Senato e Consiglio dei Ministri un documento in cui si esprime nettamente a favore dell’abolizione del monopolio SIAE.

Nell’ottobre 2015, nel nostro esposto all’AGCM, scrivevamo: “La possibilità per soggetti stranieri – o stabiliti all’estero – di riscuotere le royalties nel mercato italiano ingenera una lesione concorrenziale nei confronti dei soggetti italiani che non sarebbero legittimati (stante il divieto di cui all’art. 180 l.d.a.) ad esercitare l’attività di gestione collettiva dei diritti in forma associativa o societaria, salvo che non decidano di stabilirsi all’estero […]. Per tale ragione, chiediamo che codesta Autorità adotti tutte le misure necessarie al fine di far cessare tale situazione e tali condotte che pregiudicano fortemente il regolare funzionamento del mercato dei diritti d’autore.”

Nel documento firmato dal Presidente dell’Antitrust Giovanni Pitruzzella si legge che: “Il valore e la ratio stessa dell’impianto normativo europeo risultano gravemente compromessi dalla presenza, all’interno dell’ordinamento nazionale, di una disposizione ormai isolata nel panorama degli ordinamenti degli Stati membri, che attribuisce ad un solo soggetto (SIAE) la riserva dell’attività di intermediazione dei diritti d’autore.” In due brevi pagine che sono destinate a cambiare la storia della produzione culturale in Italia, l’Antitrust prende dunque nettamente posizione contro il monopolio SIAE, dando di fatto ragione a Patamu su tutti i punti dell’esposto da noi presentato nell’ottobre 2015.

Questa è una prima piccola, grande vittoria, a cui tutti avete partecipato diffondendo la petizione e dandoci la forza e l’incoraggiamento per andare avanti: grazie a tutti voi!

Nel mentre, anche per rendere più evidente il paradosso di una legge sul monopolio (scritta nel 1941!) che non permette agli artisti di essere rappresentati da una realtà italiana alternativa alla SIAE, Patamu ha deciso di iniziare a fare sin da ora intermediazione sul diritto d’autore per gli eventi dal vivo, ignorando dunque l’anacronistica legge sul monopolio e guardando direttamente alle normative europee (direttiva 2014/26/UE cosiddetta Barnier). Ma di questo parleremo in un prossimo aggiornamento.

Insomma, stiamo facendo la nostra parte! E voi? Sostenerci per arrivare a nuovi traguardi è semplice: basta continuare a condividere ed a far firmare la petizione, ed iscriversi a Patamu per restare aggiornati e darci più peso. Abbiamo intenzione di consegnare a mano tutte le vostre firme al Ministro Franceschini entro l’inizio dell’estate: aiutateci a far sì che siano il maggior numero possibile!

Grazie di cuore,
Adriano Bonforti – Fondatore di Patamu.com

www.change.org/aboliamomonopoliosiae
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Per informarsi:
www.patamu.com/osservatoriobarnier
www.patamu.com/blog

Social:
facebook.com/patamucom
twitter.com/patamu_ita

 

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Stiglitz: Per la Gran Bretagna meglio il Brexit del tossico TTIP

Stiglitz: Per la Gran Bretagna meglio il Brexit del tossico TTIP

stiglitz

Per la Gran Bretagna sarebbe meglio lasciare l’Unione Europea (UE), se il trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti (TTIP) entrerà in vigore: lo ha dichiarato l’economista premio Nobel Joseph Stiglitz.

Stiglitz ha rilasciato questa dichiarazione durante un evento organizzato dal cancelliere ombra del partito laburista John McDonnell mercoledì (2 marzo, ndt) nel centro di Londra. La serata è stata parte di una serie di seminari in materia di economia progressista organizzati dal partito laburista.

Rivolgendosi al pubblico che affollava la sala, Stiglitz ha affermato che la natura restrittiva del TTIP offre dei buoni motivi per il Brexit.

“Penso che le restrizioni imposte dal TTIP sarebbero talmente di ostacolo all’attività del governo, che questo mi farebbe riflettere nuovamente se davvero l’adesione all’UE sia stata una buona idea”, ha detto.

L’economista americano ha dichiarato che il TTIP rappresenta una generale “riscrittura delle regole in assenza di discussione pubblica”.

“I pericoli per la nostra società sono molto significativi”, ha aggiunto.

L’erosione della sovranità

Il TTIP creerà la più grande zona di libero scambio al mondo, abbattendo tariffe e altri ostacoli al commercio di beni e servizi. Mentre chi lo propone sostiene che l’accordo incoraggerà gli investimenti e creerà posti di lavoro, i suoi critici mettono in guardia sul fatto che consentirà alle aziende di fare causa ai governi stranieri che minacciano i loro profitti.

Un punto centrale dell’accordo commerciale USA-UE è infatti la “Clausola di risoluzione delle controversie tra investitore e Stato” (ISDS), che darebbe alle aziende il potere di citare in giudizio i governi quando i politici introducono norme che potrebbero far diminuire i loro profitti. I dettagli di queste clausole sono spesso avvolti nel segreto, e messi a punto in sessioni clandestine.

I critici sostengono che il TTIP manca di trasparenza, interferisce con il diritto dei governi sovrani di governare nell’interesse pubblico, e potrebbe legare le mani a chi deve stabilire le regole.

Dati delle Nazioni Unite (ONU) rivelano che le imprese statunitensi hanno già rastrellato miliardi di dollari facendo causa ai governi nazionali, fino ad oggi. Solo a partire dal 2000, le aziende americane hanno fatto causa agli Stati in base ad accordi di libero scambio in 130 distinte occasioni.

Una di queste società, la Phillip Morris, negli ultimi anni ha citato in giudizio l’Australia e l’Uruguay perché avevano fatto inserire avvertenze sui rischi per la salute sui pacchetti di sigarette.

“Ogni volta che fate approvare un regolamento contro l’amianto o qualsiasi altra cosa, potete essere citati in giudizio ,” ha detto Stiglitz.

“Non c’è niente nel TTIP che vi impedisca di stabilire il regolamento. Fissare il regolamento è possibile. Solo che dovreste firmare anche un assegno alla Philip Morris, per compensarla dei profitti che avrebbe avuto se avesse potuto continuare a uccidere le persone come ha potuto in passato.”

Stiglitz si è dimostrato molto favorevole all’adesione della Gran Bretagna all’UE, mettendo in evidenza che membri dell’UE, come la Svezia, fanno parte del blocco, ma hanno concordato regole separate. Ha sostenuto che i leader europei dovrebbero liberarsi dell’euro, ma mantenere l’unione.

‘Un accordo senza pietà’

Parlando a RT, Nick Dearden, direttore del think tank inglese Global Justice Now (GJN) ha detto che la posizione di Stiglitz è “in gran parte ipotetica”.

“Non c’è dubbio che questo accordo commerciale tossico cucinato a Bruxelles stia spingendo molti a ritenere che il Regno Unito starebbe meglio fuori dall’UE, ma niente suggerisce che la Brexit impedirebbe a qualcosa di peggio di prendere il suo posto,” ha detto.

“Cameron è stato uno dei più grandi sostenitori del TTIP e il Regno Unito ha firmato una serie di spietati accordi commerciali bilaterali di libero mercato che contengono ISDS con molti altri paesi – quindi è perfettamente possibile che nel Regno Unito ci sarebbe una spinta a creare un equivalente del TTIP tra Regno Unito e Stati Uniti, perfino peggiore”.

Dearden ha affermato che il movimento europeo contro il TTIP è stimolante.

“Milioni di persone si sono mobilitate, attraverso i confini, per sfidare la presa di potere da parte delle aziende legata al TTIP”, ha detto.

“Questa è una visione che ispira come rimanere in Europa possa significare persone che lavorano insieme per un cambiamento sociale progressista.” (Tipica illusione progressista che non porta da nessuna parte, visto che è evidente che a livello europeo i cittadini hanno molto meno controllo che a livello nazionale, ndt)

‘Il TTIP contrasta l’interesse pubblico’

Un obiettivo tra i principali del TTIP è quello di aprire ai privati i servizi di sanità pubblica, istruzione e fornitura di acqua in Europa. Sebbene la Commissione Europea (CE) abbia dichiarato che i servizi pubblici resteranno esclusi dal TTIP, il ministro inglese del Commercio lord Livingston ha ammesso che colloqui concernenti il sistema sanitario nazionale erano ancora all’ordine del giorno lo scorso ottobre.

Gli attivisti sono preoccupati anche del programma di “convergenza normativa” del TTIP, che cercherà di rendere le norme UE in materia di sicurezza alimentare più simili a quelle osservate negli Stati Uniti.

Dato che le normative statunitensi sono generalmente meno rigide rispetto alle loro equivalenti europee, gli attivisti sono preoccupati per l’allentarsi degli standard di sicurezza e qualità alimentare in Europa. Sostengono che, dopo l’implementazione del TTIP, il mercato europeo potrebbero essere invaso da prodotti geneticamente modificati e cibi pieni di ormoni e pesticidi.

Mentre i negoziati sul TTIP continuano a svolgersi a porte chiuse, si pensa che la City di Londra stia muovendosi per ammorbidire i regolamenti bancari in vigore negli Stati Uniti. I regolamenti finanziari americani sono più severi di quelli osservati in Gran Bretagna, e sono stati messi in atto in seguito alla crisi finanziaria globale del 2007/08. Gli attivisti per la finanza etica temono che il TTIP rottamerà queste misure e restrizioni, restituendo così il potere ai banchieri.

Gli attivisti sono anche preoccupati per l’aumento dei livelli di disoccupazione. L’anno scorso, Bruxelles ha ammesso che il TTIP potrebbe causare notevoli livelli di disoccupazione. E ha dato consigli ai membri dell’UE su come affrontare un aumento dei livelli di disoccupazione dopo l’entrata in vigore del TTIP

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Neoliberalism: Oversold? Neoliberismo sopravvalutato. Lo dice il Fondo Monetario Internazionale

Neoliberismo sopravvalutato.

Lo dice il Fondo Monetario Internazionale

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Neoliberalism: Oversold?

Finance & Development, June 2016, Vol. 53, No. 2

Jonathan D. Ostry, Prakash Loungani, and Davide Furceri

Inside the stock exchange in Santiago, Chile, one of the first countries to adopt a form of neoliberal policies.Instead of delivering growth, some neoliberal policies have increased inequality, in turn jeopardizing durable expansion

Milton Friedman in 1982 hailed Chile as an “economic miracle.” Nearly a decade earlier, Chile had turned to policies that have since been widely emulated across the globe. The neoliberal agenda—a label used more by critics than by the architects of the policies—rests on two main planks. The first is increased competition—achieved through deregulation and the opening up of domestic markets, including financial markets, to foreign competition. The second is a smaller role for the state, achieved through privatization and limits on the ability of governments to run fiscal deficits and accumulate debt.­

There has been a strong and widespread global trend toward neoliberalism since the 1980s, according to a composite index that measures the extent to which countries introduced competition in various spheres of economic activity to foster economic growth. As shown in the left panel of Chart 1, Chile’s push started a decade or so earlier than 1982, with subsequent policy changes bringing it ever closer to the United States. Other countries have also steadily implemented neoliberal policies (see Chart 1, right panel).­

Click to enlarge the chartThere is much to cheer in the neoliberal agenda. The expansion of global trade has rescued millions from abject poverty. Foreign direct investment has often been a way to transfer technology and know-how to developing economies. Privatization of state-owned enterprises has in many instances led to more efficient provision of services and lowered the fiscal burden on governments.­

However, there are aspects of the neoliberal agenda that have not delivered as expected. Our assessment of the agenda is confined to the effects of two policies: removing restrictions on the movement of capital across a country’s borders (so-called capital account liberalization); and fiscal consolidation, sometimes called “austerity,” which is shorthand for policies to reduce fiscal deficits and debt levels. An assessment of these specific policies (rather than the broad neoliberal agenda) reaches three disquieting conclusions:

•The benefits in terms of increased growth seem fairly difficult to establish when looking at a broad group of countries.­

•The costs in terms of increased inequality are prominent. Such costs epitomize the trade-off between the growth and equity effects of some aspects of the neoliberal agenda.­

•Increased inequality in turn hurts the level and sustainability of growth. Even if growth is the sole or main purpose of the neoliberal agenda, advocates of that agenda still need to pay attention to the distributional effects.­

Open and shut?

As Maurice Obstfeld (1998) has noted, “economic theory leaves no doubt about the potential advantages” of capital account liberalization, which is also sometimes called financial openness. It can allow the international capital market to channel world savings to their most productive uses across the globe. Developing economies with little capital can borrow to finance investment, thereby promoting their economic growth without requiring sharp increases in their own saving. But Obstfeld also pointed to the “genuine hazards” of openness to foreign financial flows and concluded that “this duality of benefits and risks is inescapable in the real world.”

This indeed turns out to be the case. The link between financial openness and economic growth is complex. Some capital inflows, such as foreign direct investment—which may include a transfer of technology or human capital—do seem to boost long-term growth. But the impact of other flows—such as portfolio investment and banking and especially hot, or speculative, debt inflows—seem neither to boost growth nor allow the country to better share risks with its trading partners (Dell’Ariccia and others, 2008; Ostry, Prati, and Spilimbergo, 2009). This suggests that the growth and risk-sharing benefits of capital flows depend on which type of flow is being considered; it may also depend on the nature of supporting institutions and policies.­

Although growth benefits are uncertain, costs in terms of increased economic volatility and crisis frequency seem more evident. Since 1980, there have been about 150 episodes of surges in capital inflows in more than 50 emerging market economies; as shown in the left panel of Chart 2, about 20 percent of the time, these episodes end in a financial crisis, and many of these crises are associated with large output declines (Ghosh, Ostry, and Qureshi, 2016).­

Click to enlarge the chartThe pervasiveness of booms and busts gives credence to the claim by Harvard economist Dani Rodrik that these “are hardly a sideshow or a minor blemish in international capital flows; they are the main story.” While there are many drivers, increased capital account openness consistently figures as a risk factor in these cycles. In addition to raising the odds of a crash, financial openness has distributional effects, appreciably raising inequality (see Furceri and Loungani, 2015, for a discussion of the channels through which this operates). Moreover, the effects of openness on inequality are much higher when a crash ensues (Chart 2, right panel).­

The mounting evidence on the high cost-to-benefit ratio of capital account openness, particularly with respect to short-term flows, led the IMF’s former First Deputy Managing Director, Stanley Fischer, now the vice chair of the U.S. Federal Reserve Board, to exclaim recently: “What useful purpose is served by short-term international capital flows?” Among policymakers today, there is increased acceptance of controls to limit short-term debt flows that are viewed as likely to lead to—or compound—a financial crisis. While not the only tool available—exchange rate and financial policies can also help—capital controls are a viable, and sometimes the only, option when the source of an unsustainable credit boom is direct borrowing from abroad (Ostry and others, 2012).­

Size of the state

Curbing the size of the state is another aspect of the neoliberal agenda. Privatization of some government functions is one way to achieve this. Another is to constrain government spending through limits on the size of fiscal deficits and on the ability of governments to accumulate debt. The economic history of recent decades offers many examples of such curbs, such as the limit of 60 percent of GDP set for countries to join the euro area (one of the so-called Maastricht criteria).­

Economic theory provides little guidance on the optimal public debt target. Some theories justify higher levels of debt (since taxation is distortionary) and others point to lower—or even negative—levels (since adverse shocks call for precautionary saving). In some of its fiscal policy advice, the IMF has been concerned mainly with the pace at which governments reduce deficits and debt levels following the buildup of debt in advanced economies induced by the global financial crisis: too slow would unnerve markets; too fast would derail recovery. But the IMF has also argued for paying down debt ratios in the medium term in a broad mix of advanced and emerging market countries, mainly as insurance against future shocks.­

But is there really a defensible case for countries like Germany, the United Kingdom, or the United States to pay down the public debt? Two arguments are usually made in support of paying down the debt in countries with ample fiscal space—that is, in countries where there is little real prospect of a fiscal crisis. The first is that, although large adverse shocks such as the Great Depression of the 1930s or the global financial crisis of the past decade occur rarely, when they do, it is helpful to have used the quiet times to pay down the debt. The second argument rests on the notion that high debt is bad for growth—and, therefore, to lay a firm foundation for growth, paying down the debt is essential.­

It is surely the case that many countries (such as those in southern Europe) have little choice but to engage in fiscal consolidation, because markets will not allow them to continue borrowing. But the need for consolidation in some countries does not mean all countries—at least in this case, caution about “one size fits all” seems completely warranted. Markets generally attach very low probabilities of a debt crisis to countries that have a strong record of being fiscally responsible (Mendoza and Ostry, 2007). Such a track record gives them latitude to decide not to raise taxes or cut productive spending when the debt level is high (Ostry and others, 2010; Ghosh and others, 2013). And for countries with a strong track record, the benefit of debt reduction, in terms of insurance against a future fiscal crisis, turns out to be remarkably small, even at very high levels of debt to GDP. For example, moving from a debt ratio of 120 percent of GDP to 100 percent of GDP over a few years buys the country very little in terms of reduced crisis risk (Baldacci and others, 2011).­

But even if the insurance benefit is small, it may still be worth incurring if the cost is sufficiently low. It turns out, however, that the cost could be large—much larger than the benefit. The reason is that, to get to a lower debt level, taxes that distort economic behavior need to be raised temporarily or productive spending needs to be cut—or both. The costs of the tax increases or expenditure cuts required to bring down the debt may be much larger than the reduced crisis risk engendered by the lower debt (Ostry, Ghosh, and Espinoza, 2015). This is not to deny that high debt is bad for growth and welfare. It is. But the key point is that the welfare cost from the higher debt (the so-called burden of the debt) is one that has already been incurred and cannot be recovered; it is a sunk cost. Faced with a choice between living with the higher debt—allowing the debt ratio to decline organically through growth—or deliberately running budgetary surpluses to reduce the debt, governments with ample fiscal space will do better by living with the debt.­

Austerity policies not only generate substantial welfare costs due to supply-side channels, they also hurt demand—and thus worsen employment and unemployment. The notion that fiscal consolidations can be expansionary (that is, raise output and employment), in part by raising private sector confidence and investment, has been championed by, among others, Harvard economist Alberto Alesina in the academic world and by former European Central Bank President Jean-Claude Trichet in the policy arena. However, in practice, episodes of fiscal consolidation have been followed, on average, by drops rather than by expansions in output. On average, a consolidation of 1 percent of GDP increases the long-term unemployment rate by 0.6 percentage point and raises by 1.5 percent within five years the Gini measure of income inequality (Ball and others, 2013).­

In sum, the benefits of some policies that are an important part of the neoliberal agenda appear to have been somewhat overplayed. In the case of financial openness, some capital flows, such as foreign direct investment, do appear to confer the benefits claimed for them. But for others, particularly short-term capital flows, the benefits to growth are difficult to reap, whereas the risks, in terms of greater volatility and increased risk of crisis, loom large.­

In the case of fiscal consolidation, the short-run costs in terms of lower output and welfare and higher unemployment have been underplayed, and the desirability for countries with ample fiscal space of simply living with high debt and allowing debt ratios to decline organically through growth is underappreciated.

An adverse loop­

Moreover, since both openness and austerity are associated with increasing income inequality, this distributional effect sets up an adverse feedback loop. The increase in inequality engendered by financial openness and austerity might itself undercut growth, the very thing that the neoliberal agenda is intent on boosting. There is now strong evidence that inequality can significantly lower both the level and the durability of growth (Ostry, Berg, and Tsangarides, 2014).­

The evidence of the economic damage from inequality suggests that policymakers should be more open to redistribution than they are. Of course, apart from redistribution, policies could be designed to mitigate some of the impacts in advance—for instance, through increased spending on education and training, which expands equality of opportunity (so-called predistribution policies). And fiscal consolidation strategies—when they are needed—could be designed to minimize the adverse impact on low-income groups. But in some cases, the untoward distributional consequences will have to be remedied after they occur by using taxes and government spending to redistribute income. Fortunately, the fear that such policies will themselves necessarily hurt growth is unfounded (Ostry, 2014).­

Finding the balance

These findings suggest a need for a more nuanced view of what the neoliberal agenda is likely to be able to achieve. The IMF, which oversees the international monetary system, has been at the forefront of this reconsideration.­

For example, its former chief economist, Olivier Blanchard, said in 2010 that “what is needed in many advanced economies is a credible medium-term fiscal consolidation, not a fiscal noose today.” Three years later, IMF Managing Director Christine Lagarde said the institution believed that the U.S. Congress was right to raise the country’s debt ceiling “because the point is not to contract the economy by slashing spending brutally now as recovery is picking up.” And in 2015 the IMF advised that countries in the euro area “with fiscal space should use it to support investment.”

On capital account liberalization, the IMF’s view has also changed—from one that considered capital controls as almost always counterproductive to greater acceptance of controls to deal with the volatility of capital flows. The IMF also recognizes that full capital flow liberalization is not always an appropriate end-goal, and that further liberalization is more beneficial and less risky if countries have reached certain thresholds of financial and institutional development.­

Chile’s pioneering experience with neoliberalism received high praise from Nobel laureate Friedman, but many economists have now come around to the more nuanced view expressed by Columbia University professor Joseph Stiglitz (himself a Nobel laureate) that Chile “is an example of a success of combining markets with appropriate regulation” (2002). Stiglitz noted that in the early years of its move to neoliberalism, Chile imposed “controls on the inflows of capital, so they wouldn’t be inundated,” as, for example, the first Asian-crisis country, Thailand, was a decade and a half later. Chile’s experience (the country now eschews capital controls), and that of other countries, suggests that no fixed agenda delivers good outcomes for all countries for all times. Policymakers, and institutions like the IMF that advise them, must be guided not by faith, but by evidence of what has worked.­

TRADUZIONE GOOGLE:

All’interno della Borsa di Santiago del Cile, uno dei primi paesi ad adottare una forma di policies.Instead neoliberista di crescita della, alcune politiche neoliberiste hanno aumentato le disuguaglianze, a sua volta, mettendo a repentaglio l’espansione durevole

Milton Friedman nel 1982 ha salutato il Cile come un “miracolo economico”. Quasi un decennio prima, il Cile si era rivolto a politiche che da allora sono state ampiamente emulati in tutto il mondo. Il programma neoliberista-un’etichetta utilizzata più dalla critica che dagli architetti delle politiche-poggia su due assi principali. La prima è una maggiore concorrenza raggiunto attraverso la deregolamentazione e l’apertura dei mercati nazionali, compresi i mercati finanziari, alla concorrenza estera. Il secondo è un ruolo minore per lo Stato, raggiunta attraverso la privatizzazione e limiti alla capacità dei governi di correre i deficit fiscali e accumulare debiti.

Vi è stata una tendenza forte e diffusa globale verso il neoliberismo dal 1980, secondo un indice composito che misura la misura in cui i paesi ha introdotto la concorrenza in diversi settori di attività economica per promuovere la crescita economica. Come mostrato nel pannello di sinistra della figura 1, spinta del Cile ha iniziato una decina di anni prima di quanto 1982 con le successive modifiche della politica portandolo sempre più vicino agli Stati Uniti. Altri paesi hanno anche costantemente attuato politiche neoliberiste (vedi tabella 1, pannello di destra).

Clicca per ingrandire la chartThere è molto di cui rallegrarsi nel programma neoliberale. L’espansione del commercio mondiale ha salvato milioni di persone dalla povertà. Gli investimenti diretti esteri è stato spesso un modo per trasferire tecnologia e know-how per le economie in via di sviluppo. La privatizzazione delle imprese statali ha in molti casi hanno portato a disposizione più efficiente dei servizi e abbassato il carico fiscale sui governi.

Tuttavia, ci sono aspetti del programma neoliberale che non hanno consegnato come previsto. La nostra valutazione del programma si limita agli effetti delle due politiche: restrizioni rimozione sulla circolazione dei capitali attraverso le frontiere di un paese (cosiddetta liberalizzazione in conto capitale); e il risanamento di bilancio, a volte chiamato “austerità”, che è una scorciatoia per le politiche per ridurre i disavanzi di bilancio e livelli di debito. Una valutazione di queste politiche specifiche (piuttosto che il vasto programma neoliberale) raggiunge tre conclusioni inquietanti:

• I benefici in termini di aumento della crescita sembrano abbastanza difficile stabilire quando si guarda un ampio gruppo di paesi.

• I costi in termini di aumento della disuguaglianza sono prominenti. Tali costi incarnano il trade-off tra la crescita e patrimoniali effetti di alcuni aspetti del programma neoliberale.

• Aumento della disuguaglianza a sua volta fa male il livello e la sostenibilità della crescita. Anche se la crescita è l’unico o principale del programma neoliberista, i sostenitori di quel giorno ancora bisogno di prestare attenzione agli effetti distributivi.
Aprire e chiudere?

Come ha notato Maurice Obstfeld (1998), “la teoria economica non lascia dubbi circa i potenziali vantaggi” di liberalizzazione in conto capitale, che è anche talvolta chiamato apertura finanziaria. Si può consentire al mercato internazionale dei capitali per convogliare il risparmio mondiali agli usi più produttivi in tutto il mondo. Lo sviluppo di economie con un piccolo capitale può prendere in prestito per finanziare gli investimenti, promuovendo così la crescita economica senza la necessità di un forte aumento del loro risparmio. Ma Obstfeld anche sottolineato i “pericoli veri” di apertura ai flussi finanziari stranieri e ha concluso che “questa dualità dei benefici e dei rischi è inevitabile nel mondo reale.”

Questo risulta infatti essere il caso. Il legame tra l’apertura finanziaria e la crescita economica è complessa. Alcuni afflussi di capitali, come gli investimenti diretti esteri, che possono includere un trasferimento di tecnologia o di capitale-do umano sembrano stimolare la crescita a lungo termine. Ma l’impatto di altri flussi, ad esempio investimenti di portafoglio e bancario e soprattutto caldo, o speculativi, di debito afflussi-sembra né per rilanciare la crescita, né consentire al paese di migliori condividono i rischi con i propri partner commerciali (Dell’Ariccia e altri, 2008; Ostry , Prati, e Spilimbergo, 2009). Questo suggerisce che la crescita e di condivisione dei rischi benefici di flussi di capitale dipendono dal tipo di flusso viene presa in considerazione; può anche dipendere dalla natura di sostenere istituzioni e delle politiche.

Anche se i benefici della crescita sono incerti, i costi in termini di maggiore volatilità economica e la frequenza di crisi sembrano più evidenti. Dal 1980, ci sono stati circa 150 episodi di picchi di afflussi di capitale in più di 50 paesi emergenti; come mostrato nel pannello di sinistra della figura 2, circa il 20 per cento del tempo, questi episodi finisce in una crisi finanziaria, e molte di queste crisi sono associati con grandi cali di uscita (Ghosh, Ostry, e Qureshi, 2016).

Clicca per ingrandire la pervasività chartThe di espansioni e dà credito alle affermazioni da economista di Harvard Dani Rodrik che questi “non sono affatto un evento secondario o di una macchia minore in flussi internazionali di capitali; essi sono la storia principale. “Mentre ci sono molti piloti, una maggiore apertura conto capitale figure costantemente come un fattore di rischio in questi cicli. Oltre ad aumentare le probabilità di un crash, apertura finanziaria ha effetti distributivi, aumentando sensibilmente la disuguaglianza (vedi Furceri e Loungani, 2015, per una discussione dei canali attraverso i quali questa opera). Inoltre, gli effetti di apertura sulla disuguaglianza sono molto più alti, quando un incidente deriva (Tabella 2, pannello di destra).

Le prove di montaggio in alto rapporto costo-beneficio del conto capitale apertura, con particolare riguardo ai flussi a breve termine, ha portato l’ex primo vice direttore generale del FMI, Stanley Fischer, ora il vice presidente della Reserve Board degli Stati Uniti Federal, a esclamare recente: “che scopo utile è servita da flussi internazionali di capitali a breve termine” Tra i politici di oggi, vi è una maggiore accettazione di controlli per limitare i flussi di debito a breve termine che sono visti come rischia di portare ad-o composto-una crisi finanziaria . Mentre le politiche non sono disponibili scambio unico strumento e finanziari possono anche aiutare a capitale controlli sono una valida, e, a volte l’unica, opzione quando la fonte di un boom del credito insostenibile è la raccolta diretta dall’estero (Ostry e altri, 2012).
Dimensioni dello Stato

Frenare la dimensione dello stato è un altro aspetto del programma neoliberale. La privatizzazione di alcune funzioni di governo è un modo per raggiungere questo obiettivo. Un altro è di limitare la spesa pubblica attraverso limiti alle dimensioni del deficit di bilancio e sulla capacità dei governi di accumulare debiti. La storia economica degli ultimi decenni, offre molti esempi di tali cordoli, come ad esempio il limite del 60 per cento del PIL per il set di paesi di aderire alla zona euro (uno dei cosiddetti criteri di Maastricht).

La teoria economica fornisce scarse indicazioni sul target debito pubblico ottimale. Alcune teorie giustificare più alti livelli di debito (in quanto la tassazione è distorsiva) e da altri luoghi di negativi livelli più bassi, o addirittura (da shock avversi richiedono risparmio precauzionale). In alcuni dei suoi consigli politica fiscale, il FMI ha espresso preoccupazione soprattutto con il ritmo con cui i governi riducono i deficit e livelli di debito seguito l’accumulo di debito nelle economie avanzate indotte dalla crisi finanziaria globale: troppo lento sarebbe innervosire i mercati; troppo veloce potrebbe far deragliare il recupero. Ma il FMI ha anche sostenuto per il pagamento verso il basso gli indici di indebitamento a medio termine in un ampio mix di paesi avanzati ed emergenti, principalmente come assicurazione contro shock futuri.

Ma c’è davvero un caso difendibile per paesi come la Germania, il Regno Unito, o negli Stati Uniti per pagare il debito pubblico? Due argomenti di solito sono fatti a sostegno di pagare il debito nei paesi con ampio spazio-che fiscale è, nei paesi in cui c’è poca vera prospettiva di una crisi fiscale. La prima è che, anche se le grandi shock avversi come la Grande Depressione del 1930 o la crisi finanziaria globale degli ultimi dieci anni si verificano raramente, quando lo fanno, è utile aver utilizzato i periodi di calma per pagare il debito. Il secondo argomento si basa sul concetto che l’elevato debito è un male per la crescita e, di conseguenza, per gettare una solida base per la crescita, pagando il debito è essenziale.

E ‘sicuramente il caso che molti paesi (come quelli dell’Europa meridionale) hanno poca scelta ma di impegnarsi nel risanamento del bilancio, perché i mercati non permetterà loro di continuare l’indebitamento. Ma la necessità di un consolidamento in alcuni paesi non significa che tutti i paesi, almeno in questo caso, la cautela di “one size fits all” sembra del tutto giustificato. I mercati in generale attribuiscono molto basse probabilità di una crisi del debito per i paesi che hanno un forte record di essere fiscalmente responsabili (Mendoza e Ostry, 2007). Tale esperienza consente loro di latitudine a decidere di non aumentare le tasse o tagliare la spesa produttiva quando il livello del debito è alto (Ostry e altri, 2010; Ghosh ed altri, 2013). E per i paesi con un forte track record, il beneficio della riduzione del debito, in termini di assicurazione contro un futuro crisi fiscale, risulta essere notevolmente piccolo, anche a livelli molto elevati di debito e PIL. Ad esempio, passando da un rapporto debito di 120 per cento del PIL al 100 per cento del PIL nel corso di pochi anni acquista il paese molto poco in termini di riduzione del rischio di crisi (Baldacci e altri, 2011).

Ma anche se la prestazione assicurativa è di piccole dimensioni, può essere ancora la pena di incorrere se il costo è sufficientemente bassa. Risulta, tuttavia, che il costo potrebbe essere larga molto più grande beneficio. La ragione è che, per arrivare a un livello di indebitamento più basso, le imposte che distorcono i comportamenti economici hanno bisogno di essere sollevato, temporaneamente o spesa produttiva deve essere tagliato, o entrambe le cose. I costi delle aumenti delle tasse o tagli di spesa necessari per abbattere il debito può essere molto più grande il rischio di crisi riduzione generata dal debito inferiore (Ostry, Ghosh, e Espinoza, 2015). Questo non significa negare che l’elevato debito è un male per la crescita e il benessere. È. Ma il punto chiave è che il costo sociale dal debito più alto (il cosiddetto onere del debito) è uno che è già stato sostenuto e non possono essere recuperati; è un costo sommerso. Di fronte a una scelta tra il vivere con il debito che permette il rapporto debito più elevato di rifiutare organicamente attraverso la crescita, o deliberatamente mantenere avanzi di bilancio per ridurre il debito, i governi con ampio spazio fiscale faranno meglio vivendo con il debito.

politiche di austerità non solo generano ingenti costi sociali dovuti per la fornitura di canali sul lato, ma anche male della domanda e, quindi, peggiorano occupazione e disoccupazione. L’idea che i consolidamenti fiscali possono essere espansivo (cioè, aumentare la produzione e l’occupazione), in parte aumentando la fiducia del settore privato e degli investimenti, è stato sostenuto, tra gli altri, l’economista di Harvard Alberto Alesina nel mondo accademico e l’ex Banca centrale europea il presidente Jean-Claude Trichet nell’arena politica. Tuttavia, in pratica, episodi di consolidamento fiscale sono state seguite in media da gocce piuttosto che da espansioni in uscita. In media, un consolidamento di 1 per cento del PIL aumenta il tasso di disoccupazione di lunga durata di 0,6 punti percentuali e aumenta del 1,5 per cento in cinque anni la misura di Gini della disuguaglianza di reddito (Palla e altri, 2013).

In sintesi, i benefici di alcune politiche che sono una parte importante del programma neoliberale sembrano essere stati un po ‘esagerato. Nel caso di apertura finanziaria, alcuni flussi di capitale, come gli investimenti diretti esteri, sembrano conferire i benefici dichiarati per loro. Ma per gli altri, in particolare i flussi di capitale a breve termine, i benefici per la crescita sono difficili da raccogliere, mentre i rischi, in termini di maggiore volatilità e un aumento del rischio di crisi, telaio di grandi dimensioni.

Nel caso di risanamento di bilancio, i costi di breve periodo in termini di minore produzione e benessere e un aumento della disoccupazione sono state minimizzato, e l’opportunità per i paesi con ampio spazio fiscale semplicemente vivere con debito elevato e permettendo di livello di indebitamento a diminuire organicamente attraverso la crescita è sottovalutato.
Un ciclo negativo

Inoltre, dal momento che sia l’apertura e l’austerità sono associati con l’aumento della disuguaglianza del reddito, questo effetto distributivo imposta un ciclo negativo di feedback. L’aumento della disuguaglianza generata dalla apertura finanziaria e di austerità potrebbe stessa crescita sottosquadri, la cosa che l’agenda neoliberista è intento a incrementare. Vi è ora una forte evidenza che la disuguaglianza può significativamente più basso sia il livello e la durata della crescita (Ostry, Berg, e Tsangarides, 2014).

La prova del danno economico da disuguaglianze suggerisce che i politici dovrebbero essere più aperti alla redistribuzione di quanto non siano. Naturalmente, a parte la ridistribuzione, politiche potrebbero essere progettate per mitigare alcuni degli effetti in caso anticipo-per, attraverso una maggiore spesa per l’istruzione e la formazione, che si espande l’uguaglianza di opportunità (cosiddette politiche Predistribuzione). E le strategie di risanamento dei conti pubblici, quando sono necessari, potrebbe essere progettato per ridurre al minimo l’impatto negativo sui gruppi a basso reddito. Ma in alcuni casi, le conseguenze distributive spiacevoli dovranno essere sanata dopo si verificano utilizzando le tasse e la spesa pubblica per ridistribuire il reddito. Fortunatamente, il timore che tali politiche saranno essi stessi necessariamente danneggiare la crescita è infondata (Ostry, 2014).
Trovare l’equilibrio

Questi risultati suggeriscono la necessità di una visione più sfumata di quello neoliberale è probabile che sia in grado di raggiungere. Il FMI, che sovrintende il sistema monetario internazionale, è stata in prima linea in questa riconsiderazione.

Ad esempio, il suo ex capo economista, Olivier Blanchard, ha detto nel 2010 che “ciò che è necessario in molte economie avanzate è un consolidamento fiscale a medio termine credibile, non un cappio fiscale oggi.” Tre anni dopo, direttore generale del FMI Christine Lagarde ha detto che la istituzione ritiene che il Congresso degli Stati Uniti ha fatto bene a sollevare soffitto debito del paese “, perché il punto non è quello di contrarre l’economia tagliando la spesa brutalmente ora il recupero è in ripresa”. E nel 2015 il FMI ha consigliato che i paesi della zona euro “con spazio fiscale dovrebbe usarlo per sostenere gli investimenti. ”

In conto capitale liberalizzazione, vista del FMI ha anche cambiato, da uno che considera i controlli sui capitali, come quasi sempre controproducente per una maggiore accettazione di controlli per far fronte alla volatilità dei flussi di capitale. Il FMI riconosce anche che la piena liberalizzazione flusso di capitali non è sempre un obiettivo finale del caso, e che l’ulteriore liberalizzazione è più vantaggioso e meno rischioso se i paesi hanno raggiunto determinate soglie di sviluppo finanziario e istituzionale.

l’esperienza pionieristica del Cile con il neoliberismo ha ricevuto elogi da premio Nobel Friedman, ma molti economisti sono ora venire intorno alla visione più sfumata espresso dal professore della Columbia University Joseph Stiglitz (egli stesso un premio Nobel) che il Cile “è un esempio di successo dei mercati, che conciliano con apposito regolamento “(2002). Stiglitz ha osservato che nei primi anni della sua mossa per il neoliberismo, il Cile ha imposto “controlli sui flussi di capitale, in modo che non sarebbe stata inondata”, come, per esempio, il primo paese asiatico-crisi, in Thailandia, è stato un decennio e un mezzo più tardi. l’esperienza del Cile (il paese ora evita controlli sui capitali), e quella di altri paesi, suggeriscono che nessun ordine del giorno stabiliti offre buoni risultati per tutti i paesi per tutti i tempi. I politici e istituzioni come il Fondo monetario internazionale che li consigliano, devono essere guidati non per fede, ma per la prova di ciò che ha funzionato

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Il testo integrale della Nuova Costituzione renziana

Il testo integrale della

Nuova Costituzione.

A parte il fatto che si tratta di un esempio di come NON si scrivono neppure i regolamenti di condominio, figurarsi la Costituzione, appare evidente, se si confronta il testo sotto con la COSTITUZIONE VERA, che si vogliono regalare pieni poteri al governo e non al parlamento. Se a questo scempio si aggiunge l’Italicum, la distruzione è assicurata. Questione di punti di vista ? Non credo proprio. Leggete e confrontate.

costituzione_italiana

 

 

CAMERA DEI DEPUTATI

TESTO LEGGE COSTITUZIONALE  
Testo di  legge  costituzionale  approvato  in  seconda  votazione  a maggioranza assoluta,  ma  inferiore  ai  due  terzi  dei  membri  di ciascuna  Camera,  recante:  «Disposizioni  per  il  superamento  del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento  dei  costi  di  funzionamento  delle  istituzioni,   la soppressione del CNEL e la revisione del  titolo  V  della  parte  II della Costituzione». (16A03075) 
(GU n.88 del 15-4-2016)

Avvertenza:

Il testo della legge costituzionale e’ stato approvato  dal  Senato della Repubblica, in seconda votazione, con la  maggioranza  assoluta dei suoi componenti, nella seduta del 20 gennaio 2016, e dalla Camera dei deputati, in seconda votazione, con la maggioranza  assoluta  dei suoi componenti, nella seduta del 12 aprile 2016.
Entro tre mesi dalla pubblicazione  nella  Gazzetta  Ufficiale  del testo seguente, un quinto dei membri di una Camera, o cinquecentomila elettori, o  cinque  Consigli  regionali  possono  domandare  che  si proceda al referendum popolare.
Il presente comunicato e’ stato redatto ai sensi dell’art. 3  della legge 25 maggio 1970, n. 352.

Capo I 

MODIFICHE AL TITOLO I DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE 

 

Art. 1. 
(Funzioni delle Camere). 

1. L’articolo 55 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 55. – Il Parlamento si compone della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
Le leggi che stabiliscono le modalità di elezione delle Camere promuovono l’equilibrio tra donne e uomini nella rappresentanza.
Ciascun membro della Camera dei deputati rappresenta la Nazione.
La Camera dei deputati è titolare del rapporto di fiducia con il Governo ed esercita la funzione di indirizzo politico, la funzione legislativa e quella di controllo dell’operato del Governo.
Il Senato della Repubblica rappresenta le istituzioni territoriali ed esercita funzioni di raccordo tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica. Concorre all’esercizio della funzione legislativa nei casi e secondo le modalità stabiliti dalla Costituzione, nonché all’esercizio delle funzioni di raccordo tra lo Stato, gli altri enti costitutivi della Repubblica e l’Unione europea. Partecipa alle decisioni dirette alla formazione e all’attuazione degli atti normativi e delle politiche dell’Unione europea. Valuta le politiche pubbliche e l’attività delle pubbliche amministrazioni e verifica l’impatto delle politiche dell’Unione europea sui territori. Concorre ad esprimere pareri sulle nomine di competenza del Governo nei casi previsti dalla legge e a verificare l’attuazione delle leggi dello Stato.

Il Parlamento si riunisce in seduta comune dei membri delle due Camere nei soli casi stabiliti dalla Costituzione».

Art. 2. 
(Composizione ed elezione del Senato della Repubblica).

1. L’articolo 57 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 57. – Il Senato della Repubblica è composto da novantacinque senatori rappresentativi delle istituzioni territoriali e da cinque senatori che possono essere nominati dal Presidente della Repubblica.
I Consigli regionali e i Consigli delle Province autonome di Trento e di Bolzano eleggono, con metodo proporzionale, i senatori tra i propri componenti e, nella misura di uno per ciascuno, tra i sindaci dei Comuni dei rispettivi territori.
Nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a due; ciascuna delle Province autonome di Trento e di Bolzano ne ha due.
La ripartizione dei seggi tra le Regioni si effettua, previa applicazione delle disposizioni del precedente comma, in proporzione alla loro popolazione, quale risulta dall’ultimo censimento generale, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti.
La durata del mandato dei senatori coincide con quella degli organi delle istituzioni territoriali dai quali sono stati eletti, in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi, secondo le modalità stabilite dalla legge di cui al sesto comma.
Con legge approvata da entrambe le Camere sono regolate le modalità di attribuzione dei seggi e di elezione dei membri del Senato della Repubblica tra i consiglieri e i sindaci, nonché quelle per la loro sostituzione, in caso di cessazione dalla carica elettiva regionale o locale. I seggi sono attribuiti in ragione dei voti espressi e della composizione di ciascun Consiglio».

Art. 3. 
(Modifica all’articolo 59 della Costituzione).

1. All’articolo 59 della Costituzione, il secondo comma è sostituito dal seguente:
«Il Presidente della Repubblica può nominare senatori cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario. Tali senatori durano in carica sette anni e non possono essere nuovamente nominati».

Art. 4. 
(Durata della Camera dei deputati). 

1. L’articolo 60 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 60. – La Camera dei deputati è eletta per cinque anni.
La durata della Camera dei deputati non può essere prorogata se non per legge e soltanto in caso di guerra».

Art. 5. 
(Modifica all’articolo 63 della Costituzione).

1. All’articolo 63 della Costituzione, dopo il primo comma è inserito il seguente:
«Il regolamento stabilisce in quali casi l’elezione o la nomina alle cariche negli organi del Senato della Repubblica possono essere limitate in ragione dell’esercizio di funzioni di governo regionali o locali».

Art. 6. 
(Modifiche all’articolo 64 della Costituzione). 

1. All’articolo 64 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo il primo comma è inserito il seguente:
«I regolamenti delle Camere garantiscono i diritti delle minoranze parlamentari.

Il regolamento della Camera dei deputati disciplina lo statuto delle opposizioni»;

b) il quarto comma è sostituito dal seguente:
«I membri del Governo hanno diritto, e se richiesti obbligo, di assistere alle sedute delle Camere. Devono essere sentiti ogni volta che lo richiedono»;

c) è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«I membri del Parlamento hanno il dovere di partecipare alle sedute dell’Assemblea e ai lavori delle Commissioni».

Art. 7. 
(Titoli di ammissione dei componenti del Senato della Repubblica). 

1. All’articolo 66 della Costituzione è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«Il Senato della Repubblica prende atto della cessazione dalla carica elettiva regionale o locale e della conseguente decadenza da senatore».

Art. 8. 
(Vincolo di mandato). 

1. L’articolo 67 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 67. – I membri del Parlamento esercitano le loro funzioni senza vincolo di mandato».

Art. 9. 
(Indennità parlamentare). 

1. All’articolo 69 della Costituzione, le parole: «del Parlamento» sono sostituite dalle seguenti: «della Camera dei deputati».

Art. 10. 
(Procedimento legislativo). 

1. L’articolo 70 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 70. – La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere per le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali, e soltanto per le leggi di attuazione delle disposizioni costituzionali concernenti la tutela delle minoranze linguistiche, i referendum popolari, le altre forme di consultazione di cui all’articolo 71, per le leggi che determinano l’ordinamento, la legislazione elettorale, gli organi di governo, le funzioni fondamentali dei Comuni e delle Città metropolitane e le disposizioni di principio sulle forme associative dei Comuni, per la legge che stabilisce le norme generali, le forme e i termini della partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea, per quella che determina i casi di ineleggibilità e di incompatibilità con l’ufficio di senatore di cui all’articolo 65, primo comma, e per le leggi di cui agli articoli 57, sesto comma, 80, secondo periodo, 114, terzo comma, 116, terzo comma, 117, quinto e nono comma, 119, sesto comma, 120, secondo comma, 122, primo comma, e 132, secondo comma. Le stesse leggi, ciascuna con oggetto proprio, possono essere abrogate, modificate o derogate solo in forma espressa e da leggi approvate a norma del presente comma.
Le altre leggi sono approvate dalla Camera dei deputati.
Ogni disegno di legge approvato dalla Camera dei deputati è immediatamente trasmesso al Senato della Repubblica che, entro dieci giorni, su richiesta di un terzo dei suoi componenti, può disporre di esaminarlo. Nei trenta giorni successivi il Senato della Repubblica può deliberare proposte di modificazione del testo, sulle quali la Camera dei deputati si pronuncia in via definitiva. Qualora il Senato della Repubblica non disponga di procedere all’esame o sia inutilmente decorso il termine per deliberare, ovvero quando la Camera dei deputati si sia pronunciata in via definitiva, la legge può essere promulgata.
L’esame del Senato della Repubblica per le leggi che danno attuazione all’articolo 117, quarto comma, è disposto nel termine di dieci giorni dalla data di trasmissione. Per i medesimi disegni di legge, la Camera dei deputati può non conformarsi alle modificazioni proposte dal Senato della Repubblica a maggioranza assoluta dei suoi componenti, solo pronunciandosi nella votazione finale a maggioranza assoluta dei propri componenti.
I disegni di legge di cui all’articolo 81, quarto comma, approvati dalla Camera dei deputati, sono esaminati dal Senato della Repubblica, che può deliberare proposte di modificazione entro quindici giorni dalla data della trasmissione.
I Presidenti delle Camere decidono, d’intesa tra loro, le eventuali questioni di competenza, sollevate secondo le norme dei rispettivi regolamenti.
Il Senato della Repubblica può, secondo quanto previsto dal proprio regolamento, svolgere attività conoscitive, nonché formulare osservazioni su atti o documenti all’esame della Camera dei deputati».

Art. 11. 
(Iniziativa legislativa). 

1. All’articolo 71 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo il primo comma è inserito il seguente:
«Il Senato della Repubblica può, con deliberazione adottata a maggioranza assoluta dei suoi componenti, richiedere alla Camera dei deputati di procedere all’esame di un disegno di legge. In tal caso, la Camera dei deputati procede all’esame e si pronuncia entro il termine di sei mesi dalla data della deliberazione del Senato della Repubblica»;

b) al secondo comma, la parola: «cinquantamila» è sostituita dalla seguente: «centocinquantamila» ed è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «La discussione e la deliberazione conclusiva sulle proposte di legge d’iniziativa popolare sono garantite nei tempi, nelle forme e nei limiti stabiliti dai regolamenti parlamentari»;

c) è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«Al fine di favorire la partecipazione dei cittadini alla determinazione delle politiche pubbliche, la legge costituzionale stabilisce condizioni ed effetti di referendum popolari propositivi e d’indirizzo, nonché di altre forme di consultazione, anche delle formazioni sociali. Con legge approvata da entrambe le Camere sono disposte le modalità di attuazione».

Art. 12. 
(Modifica dell’articolo 72 della Costituzione). 

1. L’articolo 72 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 72. – Ogni disegno di legge di cui all’articolo 70, primo comma, presentato ad una Camera, è, secondo le norme del suo regolamento, esaminato da una Commissione e poi dalla Camera stessa, che l’approva articolo per articolo e con votazione finale.
Ogni altro disegno di legge è presentato alla Camera dei deputati e, secondo le norme del suo regolamento, esaminato da una Commissione e poi dalla Camera stessa, che l’approva articolo per articolo e con votazione finale.
I regolamenti stabiliscono procedimenti abbreviati per i disegni di legge dei quali è dichiarata l’urgenza.
Possono altresì stabilire in quali casi e forme l’esame e l’approvazione dei disegni di legge sono deferiti a Commissioni, anche permanenti, che, alla Camera dei deputati, sono composte in modo da rispecchiare la proporzione dei gruppi parlamentari. Anche in tali casi, fino al momento della sua approvazione definitiva, il disegno di legge è rimesso alla Camera, se il Governo o un decimo dei componenti della Camera o un quinto della Commissione richiedono che sia discusso e votato dalla Camera stessa oppure che sia sottoposto alla sua approvazione finale con sole dichiarazioni di voto. I regolamenti determinano le forme di pubblicità dei lavori delle Commissioni.
La procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale, per quelli di delegazione legislativa, per quelli di conversione in legge di decreti, per quelli di autorizzazione a ratificare trattati internazionali e per quelli di approvazione di bilanci e consuntivi.
Il regolamento del Senato della Repubblica disciplina le modalità di esame dei disegni di legge trasmessi dalla Camera dei deputati ai sensi dell’articolo 70.
Esclusi i casi di cui all’articolo 70, primo comma, e, in ogni caso, le leggi in materia elettorale, le leggi di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali e le leggi di cui agli articoli 79 e 81, sesto comma, il Governo può chiedere alla Camera dei deputati di deliberare, entro cinque giorni dalla richiesta, che un disegno di legge indicato come essenziale per l’attuazione del programma di governo sia iscritto con priorità all’ordine del giorno e sottoposto alla pronuncia in via definitiva della Camera dei deputati entro il termine di settanta giorni dalla deliberazione. In tali casi, i termini di cui all’articolo 70, terzo comma, sono ridotti della metà. Il termine può essere differito di non oltre quindici giorni, in relazione ai tempi di esame da parte della Commissione nonché alla complessità del disegno di legge. Il regolamento della Camera dei deputati stabilisce le modalità e i limiti del procedimento, anche con riferimento all’omogeneità del disegno di legge».

Art. 13. 
(Modifiche agli articoli 73 e 134 della Costituzione). 

1. All’articolo 73 della Costituzione, il primo comma è sostituito dai seguenti:
«Le leggi sono promulgate dal Presidente della Repubblica entro un mese dall’approvazione.
Le leggi che disciplinano l’elezione dei membri della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica possono essere sottoposte, prima della loro promulgazione, al giudizio preventivo di legittimità costituzionale da parte della Corte costituzionale, su ricorso motivato presentato da almeno un quarto dei componenti della Camera dei deputati o da almeno un terzo dei componenti del Senato della Repubblica entro dieci giorni dall’approvazione della legge, prima dei quali la legge non può essere promulgata. La Corte costituzionale si pronuncia entro il termine di trenta giorni e, fino ad allora, resta sospeso il termine per la promulgazione della legge. In caso di dichiarazione di illegittimità costituzionale, la legge non può essere promulgata».

2. All’articolo 134 della Costituzione, dopo il primo comma è aggiunto il seguente:
«La Corte costituzionale giudica altresì della legittimità costituzionale delle leggi che disciplinano l’elezione dei membri della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica ai sensi dell’articolo 73, secondo comma».

Art. 14. 
(Modifica dell’articolo 74 della Costituzione). 

1. L’articolo 74 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 74. – Il Presidente della Repubblica, prima di promulgare la legge, può con messaggio motivato alle Camere chiedere una nuova deliberazione.
Qualora la richiesta riguardi la legge di conversione di un decreto adottato a norma dell’articolo 77, il termine per la conversione in legge è differito di trenta giorni.
Se la legge è nuovamente approvata, questa deve essere promulgata».

Art. 15. 
(Modifica dell’articolo 75 della Costituzione). 

1. L’articolo 75 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 75. – È indetto referendum popolare per deliberare l’abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente forza di legge, quando lo richiedono cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali.
Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali.
Hanno diritto di partecipare al referendum tutti gli elettori.
La proposta soggetta a referendum è approvata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto o, se avanzata da ottocentomila elettori, la maggioranza dei votanti alle ultime elezioni della Camera dei deputati, e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi.
La legge determina le modalità di attuazione del referendum».

Art. 16. 
(Disposizioni in materia di decretazione d’urgenza). 

1. All’articolo 77 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo comma, le parole: «delle Camere» sono sostituite dalle seguenti: «disposta con legge»;

b) al secondo comma, le parole: «alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono» sono sostituite dalle seguenti: «alla Camera dei deputati, anche quando la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere. La Camera dei deputati, anche se sciolta, è appositamente convocata e si riunisce»;

c) al terzo comma:

1) al primo periodo sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: « o, nei casi in cui il Presidente della Repubblica abbia chiesto, a norma dell’articolo 74, una nuova deliberazione, entro novanta giorni dalla loro pubblicazione»;

2) al secondo periodo, le parole: «Le Camere possono» sono sostituite dalle seguenti: «La legge può» e le parole: «con legge» sono soppresse;

d) sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:
«Il Governo non può, mediante provvedimenti provvisori con forza di legge: disciplinare le materie indicate nell’articolo 72, quinto comma, con esclusione, per la materia elettorale, della disciplina dell’organizzazione del procedimento elettorale e dello svolgimento delle elezioni; reiterare disposizioni adottate con decreti non convertiti in legge e regolare i rapporti giuridici sorti sulla base dei medesimi; ripristinare l’efficacia di norme di legge o di atti aventi forza di legge che la Corte costituzionale ha dichiarato illegittimi per vizi non attinenti al procedimento.
I decreti recano misure di immediata applicazione e di contenuto specifico, omogeneo e corrispondente al titolo.
L’esame, a norma dell’articolo 70, terzo e quarto comma, dei disegni di legge di conversione dei decreti è disposto dal Senato della Repubblica entro trenta giorni dalla loro presentazione alla Camera dei deputati. Le proposte di modificazione possono essere deliberate entro dieci giorni dalla data di trasmissione del disegno di legge di conversione, che deve avvenire non oltre quaranta giorni dalla presentazione.

Nel corso dell’esame dei disegni di legge di conversione dei decreti non possono essere approvate disposizioni estranee all’oggetto o alle finalità del decreto».

Art. 17. 
(Deliberazione dello stato di guerra). 

1. L’articolo 78 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 78. – La Camera dei deputati delibera a maggioranza assoluta lo stato di guerra e conferisce al Governo i poteri necessari».

Art. 18. 
(Leggi di amnistia e indulto). 

1. All’articolo 79, primo comma, della Costituzione, le parole: «di ciascuna Camera,» sono sostituite dalle seguenti: «della Camera dei deputati,».

Art. 19. 
(Autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali). 

1. All’articolo 80 della Costituzione, le parole: «Le Camere autorizzano» sono sostituite dalle seguenti: «La Camera dei deputati autorizza» ed è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Le leggi che autorizzano la ratifica dei trattati relativi all’appartenenza dell’Italia all’Unione europea sono approvate da entrambe le Camere».

Art. 20. 
(Inchieste parlamentari). 

1. L’articolo 82 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 82. – La Camera dei deputati può disporre inchieste su materie di pubblico interesse. Il Senato della Repubblica può disporre inchieste su materie di pubblico interesse concernenti le autonomie territoriali.
A tale scopo ciascuna Camera nomina fra i propri componenti una Commissione. Alla Camera dei deputati la Commissione è formata in modo da rispecchiare la proporzione dei vari gruppi. La Commissione d’inchiesta procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria».

Capo II 
MODIFICHE AL TITOLO II DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE 

 

Art. 21. 
(Modifiche all’articolo 83 della Costituzione in materia di delegati regionali e di quorum per l’elezione del Presidente della Repubblica). 

1. All’articolo 83 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il secondo comma è abrogato;

b) al terzo comma, il secondo periodo è sostituito dai seguenti: «Dal quarto scrutinio è sufficiente la maggioranza dei tre quinti dell’assemblea. Dal settimo scrutinio è sufficiente la maggioranza dei tre quinti dei votanti».

Art. 22. 
(Disposizioni in tema di elezione del Presidente della Repubblica). 

1. All’articolo 85 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al secondo comma, le parole: «e i delegati regionali,» sono soppresse e dopo il primo periodo è aggiunto il seguente: «Quando il Presidente della Camera esercita le funzioni del Presidente della Repubblica nel caso in cui questi non possa adempierle, il Presidente del Senato convoca e presiede il Parlamento in seduta comune»;

b) al terzo comma, il primo periodo è sostituito dal seguente: «Se la Camera dei deputati è sciolta, o manca meno di tre mesi alla sua cessazione, l’elezione ha luogo entro quindici giorni dalla riunione della Camera nuova».

Art. 23. 
(Esercizio delle funzioni del Presidente della Repubblica). 

1. All’articolo 86 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo comma, le parole: «del Senato» sono sostituite dalle seguenti: «della Camera dei deputati»;

b) al secondo comma, le parole: «il Presidente della Camera dei deputati indice» sono sostituite dalle seguenti: «il Presidente del Senato indice», le parole: «le Camere sono sciolte» sono sostituite dalle seguenti: «la Camera dei deputati è sciolta» e la parola: «loro» è sostituita dalla seguente: «sua».

Art. 24.

(Scioglimento della Camera dei deputati).

1. All’articolo 88 della Costituzione, il primo comma è sostituito dal seguente:
«Il Presidente della Repubblica può, sentito il suo Presidente, sciogliere la Camera dei deputati».

Capo III 
MODIFICHE AL TITOLO III DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE 

 

Art. 25. 
(Fiducia al Governo). 

1. All’articolo 94 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo comma, le parole: «delle due Camere» sono sostituite dalle seguenti: «della Camera dei deputati»;

b) al secondo comma, le parole: «Ciascuna Camera accorda o revoca la fiducia» sono sostituite dalle seguenti: «La fiducia è accordata o revocata»;

c) al terzo comma, le parole: «alle Camere» sono sostituite dalle seguenti: «innanzi alla Camera dei deputati»;

d) al quarto comma, le parole: «di una o d’entrambe le Camere» sono sostituite dalle seguenti: «della Camera dei deputati»;

e) al quinto comma, dopo la parola: «Camera» sono inserite le seguenti: «dei deputati».

Art. 26. 
(Modifica all’articolo 96 della Costituzione). 

1. All’articolo 96 della Costituzione, le parole: «del Senato della Repubblica o» sono soppresse.

Art. 27. 
(Modifica all’articolo 97 della Costituzione). 

1. Il secondo comma dell’articolo 97 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento, l’imparzialità e la trasparenza dell’amministrazione».

Art. 28. 
(Soppressione del CNEL). 

1. L’articolo 99 della Costituzione è abrogato.

Capo IV 
MODIFICHE AL TITOLO V DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE 

 

Art. 29. 
(Abolizione delle Province). 

1. All’articolo 114 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo comma, le parole: «dalle Province,» sono soppresse;

b) al secondo comma, le parole: «le Province,» sono soppresse.

Art. 30. 
(Modifica all’articolo 116 della Costituzione). 

1. All’articolo 116 della Costituzione, il terzo comma è sostituito dal seguente:
«Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui all’articolo 117, secondo comma, lettere l), limitatamente all’organizzazione della giustizia di pace, m), limitatamente alle disposizioni generali e comuni per le politiche sociali, n), o), limitatamente alle politiche attive del lavoro e all’istruzione e formazione professionale, q), limitatamente al commercio con l’estero, s) e u), limitatamente al governo del territorio, possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, anche su richiesta delle stesse, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei princìpi di cui all’articolo 119, purché la Regione sia in condizione di equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio. La legge è approvata da entrambe le Camere, sulla base di intesa tra lo Stato e la Regione interessata».

Art. 31. 
(Modifica dell’articolo 117 della Costituzione). 

1. L’articolo 117 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 117. – La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea e dagli obblighi internazionali.
Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:

a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l’Unione europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea;

b) immigrazione;

c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose;

d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi;

e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari e assicurativi; tutela e promozione della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; armonizzazione dei bilanci pubblici; coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; perequazione delle risorse finanziarie;

f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo;

g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali; norme sul procedimento amministrativo e sulla disciplina giuridica del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche tese ad assicurarne l’uniformità sul territorio nazionale;

h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale;

i) cittadinanza, stato civile e anagrafi;

l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa;

m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale; disposizioni generali e comuni per la tutela della salute, per le politiche sociali e per la sicurezza alimentare;

n) disposizioni generali e comuni sull’istruzione; ordinamento scolastico; istruzione universitaria e programmazione strategica della ricerca scientifica e tecnologica;

o) previdenza sociale, ivi compresa la previdenza complementare e integrativa; tutela e sicurezza del lavoro; politiche attive del lavoro; disposizioni generali e comuni sull’istruzione e formazione professionale;

p) ordinamento, legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni e Città metropolitane; disposizioni di principio sulle forme associative dei Comuni;

q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale; commercio con l’estero;

r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei dati, dei processi e delle relative infrastrutture e piattaforme informatiche dell’amministrazione statale, regionale e locale; opere dell’ingegno;

s) tutela e valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici; ambiente ed ecosistema; ordinamento sportivo; disposizioni generali e comuni sulle attività culturali e sul turismo;

t) ordinamento delle professioni e della comunicazione;

u) disposizioni generali e comuni sul governo del territorio; sistema nazionale e coordinamento della protezione civile;

v) produzione, trasporto e distribuzione nazionali dell’energia;

z) infrastrutture strategiche e grandi reti di trasporto e di navigazione di interesse nazionale e relative norme di sicurezza; porti e aeroporti civili, di interesse nazionale e internazionale.

Spetta alle Regioni la potestà legislativa in materia di rappresentanza delle minoranze linguistiche, di pianificazione del territorio regionale e mobilità al suo interno, di dotazione infrastrutturale, di programmazione e organizzazione dei servizi sanitari e sociali, di promozione dello sviluppo economico locale e organizzazione in ambito regionale dei servizi alle imprese e della formazione professionale; salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche, in materia di servizi scolastici, di promozione del diritto allo studio, anche universitario; in materia di disciplina, per quanto di interesse regionale, delle attività culturali, della promozione dei beni ambientali, culturali e paesaggistici, di valorizzazione e organizzazione regionale del turismo, di regolazione, sulla base di apposite intese concluse in ambito regionale, delle relazioni finanziarie tra gli enti territoriali della Regione per il rispetto degli obiettivi programmatici regionali e locali di finanza pubblica, nonché in ogni materia non espressamente riservata alla competenza esclusiva dello Stato.
Su proposta del Governo, la legge dello Stato può intervenire in materie non riservate alla legislazione esclusiva quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell’interesse nazionale.
Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi dell’Unione europea e provvedono all’attuazione e all’esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell’Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite con legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza.

La potestà regolamentare spetta allo Stato e alle Regioni secondo le rispettive competenze legislative. È fatta salva la facoltà dello Stato di delegare alle Regioni l’esercizio di tale potestà nelle materie di competenza legislativa esclusiva. I Comuni e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite, nel rispetto della legge statale o regionale.
Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive.
La legge regionale ratifica le intese della Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con individuazione di organi comuni.
Nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato».

Art. 32. 
(Modifiche all’articolo 118 della Costituzione). 

1. All’articolo 118 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo comma, la parola: «Province,» è soppressa;

b) dopo il primo comma è inserito il seguente:
«Le funzioni amministrative sono esercitate in modo da assicurare la semplificazione e la trasparenza dell’azione amministrativa, secondo criteri di efficienza e di responsabilità degli amministratori»;

c) al secondo comma, le parole: «, le Province» sono soppresse;

d) al terzo comma, le parole: «nella materia della tutela dei beni culturali» sono sostituite dalle seguenti: «in materia di tutela dei beni culturali e paesaggistici»;

e) al quarto comma, la parola: «, Province» è soppressa.

Art. 33. 
(Modifica dell’articolo 119 della Costituzione). 

1. L’articolo 119 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 119. – I Comuni, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa, nel rispetto dell’equilibrio dei relativi bilanci, e concorrono ad assicurare l’osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea.
I Comuni, le Città metropolitane e le Regioni hanno risorse autonome. Stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri e dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio, in armonia con la Costituzione e secondo quanto disposto dalla legge dello Stato ai fini del coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario.
La legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante.
Le risorse derivanti dalle fonti di cui ai commi precedenti assicurano il finanziamento integrale delle funzioni pubbliche dei Comuni, delle Città metropolitane e delle Regioni. Con legge dello Stato sono definiti indicatori di riferimento di costo e di fabbisogno che promuovono condizioni di efficienza nell’esercizio delle medesime funzioni.
Per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati Comuni, Città metropolitane e Regioni.

I Comuni, le Città metropolitane e le Regioni hanno un proprio patrimonio, attribuito secondo i princìpi generali determinati dalla legge dello Stato. Possono ricorrere all’indebitamento solo per finanziare spese di investimento, con la contestuale definizione di piani di ammortamento e a condizione che per il complesso degli enti di ciascuna Regione sia rispettato l’equilibrio di bilancio. È esclusa ogni garanzia dello Stato sui prestiti dagli stessi contratti».

Art. 34. 
(Modifica all’articolo 120 della Costituzione). 

1. All’articolo 120, secondo comma, della Costituzione, dopo le parole: «Il Governo» sono inserite le seguenti: «, acquisito, salvi i casi di motivata urgenza, il parere del Senato della Repubblica, che deve essere reso entro quindici giorni dalla richiesta,» e sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e stabilisce i casi di esclusione dei titolari di organi di governo regionali e locali dall’esercizio delle rispettive funzioni quando è stato accertato lo stato di grave dissesto finanziario dell’ente».

Art. 35. 
(Limiti agli emolumenti dei componenti degli organi regionali ed equilibrio tra i sessi nella rappresentanza). 

1. All’articolo 122, primo comma, della Costituzione, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e i relativi emolumenti nel limite dell’importo di quelli attribuiti ai sindaci dei Comuni capoluogo di Regione. La legge della Repubblica stabilisce altresì i princìpi fondamentali per promuovere l’equilibrio tra donne e uomini nella rappresentanza».

Art. 36. 
(Soppressione della Commissione parlamentare per le questioni regionali). 

1. All’articolo 126, primo comma, della Costituzione, l’ultimo periodo è sostituito dal seguente: «Il decreto è adottato previo parere del Senato della Repubblica».

Capo V 
MODIFICHE AL TITOLO VI DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE 

 

Art. 37. 
(Elezione dei giudici della Corte costituzionale). 

1. All’articolo 135 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il primo comma è sostituito dal seguente:
«La Corte costituzionale è composta da quindici giudici, dei quali un terzo nominati dal Presidente della Repubblica, un terzo dalle supreme magistrature ordinaria ed amministrative, tre dalla Camera dei deputati e due dal Senato della Repubblica»;

b) al settimo comma, la parola: «senatore» è sostituita dalla seguente: «deputato».

Capo VI 
DISPOSIZIONI FINALI 

 

Art. 38. 
(Disposizioni consequenziali e di coordinamento). 

1. All’articolo 48, terzo comma, della Costituzione, le parole: «delle Camere» sono sostituite dalle seguenti: «della Camera dei deputati».

2. L’articolo 58 della Costituzione è abrogato.

3. L’articolo 61 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 61. – L’elezione della nuova Camera dei deputati ha luogo entro settanta giorni dalla fine della precedente. La prima riunione ha luogo non oltre il ventesimo giorno dall’elezione.
Finché non sia riunita la nuova Camera dei deputati sono prorogati i poteri della precedente».

4. All’articolo 62 della Costituzione, il terzo comma è abrogato.

5. All’articolo 73, secondo comma, della Costituzione, le parole: «Se le Camere, ciascuna a maggioranza assoluta dei propri componenti, ne dichiarano» sono sostituite dalle seguenti: «Se la Camera dei deputati, a maggioranza assoluta dei suoi componenti, ne dichiara».

6. All’articolo 81 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al secondo comma, le parole: «delle Camere» sono sostituite dalle seguenti: «della Camera dei deputati» e la parola: «rispettivi» è sostituita dalla seguente: «suoi»;

b) al quarto comma, le parole: «Le Camere ogni anno approvano» sono sostituite dalle seguenti: «La Camera dei deputati ogni anno approva»;

c) al sesto comma, le parole: «di ciascuna Camera,» sono sostituite dalle seguenti: «della Camera dei deputati,».

7. All’articolo 87 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al terzo comma, le parole: «delle nuove Camere» sono sostituite dalle seguenti: «della nuova Camera dei deputati»;

b) all’ottavo comma, le parole: «delle Camere» sono sostituite dalle seguenti: «della Camera dei deputati. Ratifica i trattati relativi all’appartenenza dell’Italia all’Unione europea, previa l’autorizzazione di entrambe le Camere»;

c) al nono comma, le parole: «dalle Camere» sono sostituite dalle seguenti: «dalla Camera dei deputati».

8. La rubrica del titolo V della parte II della Costituzione è sostituita dalla seguente: «Le Regioni, le Città metropolitane e i Comuni».
9. All’articolo 120, secondo comma, della Costituzione, dopo le parole: «, delle Province» sono inserite le seguenti: «autonome di Trento e di Bolzano».
10. All’articolo 121, secondo comma, della Costituzione, le parole: «alle Camere» sono sostituite dalle seguenti: «alla Camera dei deputati».
11. All’articolo 122, secondo comma, della Costituzione, le parole: «ad una delle Camere del Parlamento» sono sostituite dalle seguenti: «alla Camera dei deputati».
12. All’articolo 132, secondo comma, della Costituzione, le parole: «della Provincia o delle Province interessate e» sono soppresse e le parole: «Province e Comuni,» sono sostituite dalle seguenti: «i Comuni,».
13. All’articolo 133 della Costituzione, il primo comma è abrogato.
14. Il comma 2 dell’articolo 12 della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

«2. Il Comitato di cui al comma 1 è presieduto dal Presidente della Giunta della Camera dei deputati».

15. Alla legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) l’articolo 5 è sostituito dal seguente:
«Art. 5. – 1. L’autorizzazione prevista dall’articolo 96 della Costituzione spetta alla Camera dei deputati, anche se il procedimento riguardi altresì soggetti che non sono membri della medesima Camera dei deputati»;

b) le parole: «Camera competente ai sensi dell’articolo 5» e «Camera competente», ovunque ricorrono, sono sostituite dalle seguenti: «Camera dei deputati».

16. All’articolo 3 della legge costituzionale 22 novembre 1967, n. 2, al primo periodo, le parole: «da questo in seduta comune delle due Camere» sono sostituite dalle seguenti: «da ciascuna Camera» e le parole: «componenti l’Assemblea» sono sostituite dalle seguenti: «propri componenti»; al secondo periodo, le parole: «l’Assemblea» sono sostituite dalle seguenti: «di ciascuna Camera».

Art. 39. 
(Disposizioni transitorie). 

1. In sede di prima applicazione e sino alla data di entrata in vigore della legge di cui all’articolo 57, sesto comma, della Costituzione, come modificato dall’articolo 2 della presente legge costituzionale, per l’elezione del Senato della Repubblica, nei Consigli regionali e della Provincia autonoma di Trento, ogni consigliere può votare per una sola lista di candidati, formata da consiglieri e da sindaci dei rispettivi territori. Al fine dell’assegnazione dei seggi a ciascuna lista di candidati si divide il numero dei voti espressi per il numero dei seggi attribuiti e si ottiene il quoziente elettorale. Si divide poi per tale quoziente il numero dei voti espressi in favore di ciascuna lista di candidati. I seggi sono assegnati a ciascuna lista di candidati in numero pari ai quozienti interi ottenuti, secondo l’ordine di presentazione nella lista dei candidati medesimi, e i seggi residui sono assegnati alle liste che hanno conseguito i maggiori resti; a parità di resti, il seggio è assegnato alla lista che non ha ottenuto seggi o, in mancanza, a quella che ha ottenuto il numero minore di seggi. Per la lista che ha ottenuto il maggior numero di voti, può essere esercitata l’opzione per l’elezione del sindaco o, in alternativa, di un consigliere, nell’ambito dei seggi spettanti. In caso di cessazione di un senatore dalla carica di consigliere o di sindaco, è proclamato eletto rispettivamente il consigliere o sindaco primo tra i non eletti della stessa lista.

2. Quando, in base all’ultimo censimento generale della popolazione, il numero di senatori spettanti a una Regione, ai sensi dell’articolo 57 della Costituzione, come modificato dall’articolo 2 della presente legge costituzionale, è diverso da quello risultante in base al censimento precedente, il Consiglio regionale elegge i senatori nel numero corrispondente all’ultimo censimento, anche in deroga al primo comma del medesimo articolo 57 della Costituzione. Si applicano in ogni caso le disposizioni di cui al comma 1.

3. Nella legislatura in corso alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale, sciolte entrambe le Camere, non si procede alla convocazione dei comizi elettorali per il rinnovo del Senato della Repubblica.

4. Fino alla data di entrata in vigore della legge di cui all’articolo 57, sesto comma, della Costituzione, come modificato dall’articolo 2 della presente legge costituzionale, la prima costituzione del Senato della Repubblica ha luogo, in base alle disposizioni del presente articolo, entro dieci giorni dalla data della prima riunione della Camera dei deputati successiva alle elezioni svolte dopo la data di entrata in vigore della presente legge costituzionale. Qualora alla data di svolgimento delle elezioni della Camera dei deputati di cui al periodo precedente si svolgano anche elezioni di Consigli regionali o dei Consigli delle Province autonome di Trento e di Bolzano, i medesimi Consigli sono convocati in collegio elettorale entro tre giorni dal loro insediamento.

5. I senatori eletti sono proclamati dal Presidente della Giunta regionale o provinciale.

6. La legge di cui all’articolo 57, sesto comma, della Costituzione, come modificato dall’articolo 2 della presente legge costituzionale, è approvata entro sei mesi dalla data di svolgimento delle elezioni della Camera dei deputati di cui al comma 4.
7. I senatori a vita in carica alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale permangono nella stessa carica, ad ogni effetto, quali membri del Senato della Repubblica.
8. Le disposizioni dei regolamenti parlamentari vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale continuano ad applicarsi, in quanto compatibili, fino alla data di entrata in vigore delle loro modificazioni, adottate secondo i rispettivi ordinamenti dalla Camera dei deputati e dal Senato della Repubblica, conseguenti alla medesima legge costituzionale.
9. Fino all’adeguamento del regolamento della Camera dei deputati a quanto previsto dall’articolo 72, settimo comma, della Costituzione, come modificato dall’articolo 12 della presente legge costituzionale, in ogni caso il differimento del termine previsto dal medesimo articolo non può essere inferiore a dieci giorni.
10. In sede di prima applicazione dell’articolo 135 della Costituzione, come modificato dall’articolo 37 della presente legge costituzionale, alla cessazione dalla carica dei giudici della Corte costituzionale nominati dal Parlamento in seduta comune, le nuove nomine sono attribuite alternativamente, nell’ordine, alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica.
11. In sede di prima applicazione, nella legislatura in corso alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale, su ricorso motivato presentato entro dieci giorni da tale data, o entro dieci giorni dalla data di entrata in vigore della legge di cui all’articolo 57, sesto comma, della Costituzione, come modificato dalla presente legge costituzionale, da almeno un quarto dei componenti della Camera dei deputati o un terzo dei componenti del Senato della Repubblica, le leggi promulgate nella medesima legislatura che disciplinano l’elezione dei membri della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica possono essere sottoposte al giudizio di legittimità della Corte costituzionale. La Corte costituzionale si pronuncia entro il termine di trenta giorni. Anche ai fini di cui al presente comma, il termine di cui al comma 6 decorre dalla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale.

Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di cui all’articolo 57, sesto comma, della Costituzione, come modificato dalla presente legge costituzionale, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano conformano le rispettive disposizioni legislative e regolamentari a quanto ivi stabilito.
12. Le leggi delle Regioni adottate ai sensi dell’articolo 117, terzo e quarto comma, della Costituzione, nel testo vigente fino alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale, continuano ad applicarsi fino alla data di entrata in vigore delle leggi adottate ai sensi dell’articolo 117, secondo e terzo comma, della Costituzione, come modificato dall’articolo 31 della presente legge costituzionale.
13. Le disposizioni di cui al capo IV della presente legge costituzionale non si applicano alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano fino alla revisione dei rispettivi statuti sulla base di intese con le medesime Regioni e Province autonome. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale, e sino alla revisione dei predetti statuti speciali, alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome si applicano le disposizioni di cui all’articolo 116, terzo comma, ad esclusione di quelle che si riferiscono alle materie di cui all’articolo 117, terzo comma, della Costituzione, nel testo vigente fino alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale e resta ferma la disciplina vigente prevista dai medesimi statuti e dalle relative norme di attuazione ai fini di quanto previsto dall’articolo 120 della Costituzione; a seguito della suddetta revisione, alle medesime Regioni a statuto speciale e Province autonome si applicano le disposizioni di cui all’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, come modificato dalla presente legge costituzionale.
14. La Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste esercita le funzioni provinciali già attribuite alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale.

Art. 40. 
(Disposizioni finali). 

1. Il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (CNEL) è soppresso. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, d’intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze, nomina, con proprio decreto, un commissario straordinario cui è affidata la gestione provvisoria del CNEL, per le attività relative al patrimonio, compreso quello immobiliare, nonché per la riallocazione delle risorse umane e strumentali presso la Corte dei conti e per gli altri adempimenti conseguenti alla soppressione. All’atto dell’insediamento del commissario straordinario decadono dall’incarico gli organi del CNEL e i suoi componenti per ogni funzione di istituto, compresa quella di rappresentanza.
2. Non possono essere corrisposti rimborsi o analoghi trasferimenti monetari recanti oneri a carico della finanza pubblica in favore dei gruppi politici presenti nei Consigli regionali.
3. Tenuto conto di quanto disposto dalla presente legge costituzionale, entro la legislatura in corso alla data della sua entrata in vigore, la Camera dei deputati e il Senato della Repubblica provvedono, secondo criteri di efficienza e razionalizzazione, all’integrazione funzionale delle amministrazioni parlamentari, mediante servizi comuni, impiego coordinato di risorse umane e strumentali e ogni altra forma di collaborazione. A tal fine è istituito il ruolo unico dei dipendenti del Parlamento, formato dal personale di ruolo delle due Camere, che adottano uno statuto unico del personale dipendente, nel quale sono raccolte e coordinate le disposizioni già vigenti nei rispettivi ordinamenti e stabilite le procedure per le modificazioni successive da approvare in conformità ai princìpi di autonomia, imparzialità e accesso esclusivo e diretto con apposito concorso. Le Camere definiscono altresì di comune accordo le norme che regolano i contratti di lavoro alle dipendenze delle formazioni organizzate dei membri del Parlamento, previste dai regolamenti. Restano validi a ogni effetto i rapporti giuridici, attivi e passivi, instaurati anche con i terzi.
4. Per gli enti di area vasta, tenuto conto anche delle aree montane, fatti salvi i profili ordinamentali generali relativi agli enti di area vasta definiti con legge dello Stato, le ulteriori disposizioni in materia sono adottate con legge regionale. Il mutamento delle circoscrizioni delle Città metropolitane è stabilito con legge della Repubblica, su iniziativa dei Comuni, sentita la Regione.
5. Fermo restando quanto stabilito dall’articolo 59, primo comma, della Costituzione, i senatori di cui al medesimo articolo 59, secondo comma, come sostituito dall’articolo 3 della presente legge costituzionale, non possono eccedere, in ogni caso, il numero complessivo di cinque, tenuto conto della permanenza in carica dei senatori a vita già nominati alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale. Lo stato e le prerogative dei senatori di diritto e a vita restano regolati secondo le disposizioni già vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale.
6. I senatori della Provincia autonoma di Bolzano/Autonome Provinz Bozen sono eletti tenendo conto della consistenza dei gruppi linguistici in base all’ultimo censimento. In sede di prima applicazione ogni consigliere può votare per due liste di candidati, formate ciascuna da consiglieri e da sindaci dei rispettivi territori.

Art. 41. 
(Entrata in vigore). 


1. La presente legge costituzionale entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale successiva alla promulgazione. Le disposizioni della presente legge costituzionale si applicano a decorrere dalla legislatura successiva allo scioglimento di entrambe le Camere, salvo quelle previste dagli articoli 28, 35, 39, commi 3, 7 e 11, e 40, commi 1, 2, 3 e 4, che sono di immediata applicazione.

 

 

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